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Thursday, December 13, 2007

Bernard Lewis su Islam e democrazia

Bernard Lewis è tra i più grandi studiosi viventi del mondo arabo-islamico e molte volte su questo blog abbiamo dato spazio alle sue considerazioni sulle possibilità della democrazia in Medio Oriente. Intervenendo nei giorni scorsi al convegno "Lottare per la democrazia nel mondo islamico", organizzato dalle fondazioni Magna Carta, Farefuturo, Craxi, Appuntamento a Gerusalemme e Adelson, ha ribadito che sì, Islam e democrazia sono in qualche modo compatibili.

Prima di tutto, «perché nel mondo islamico ci sono queste tradizioni più antiche, non di governo democratico ma di governo sottoposto alla legge, esercitato sulla base del consenso e fondato su un patto sociale. La visione islamica tradizionale del governo è impostata sull'idea del patto sociale e del consenso. Ed è questo, io credo, che dà speranze per il futuro».

L'Islam ha quindi quella che si può definire una «tradizione protodemocratica». La dittatura, invece, «non appartiene alla cultura dell'Islam». Invece della democrazia, per ora abbiamo esportato dittatura nel mondo islamico. «Le radici del totalitarismo sono recenti, sono state importate dall'Europa. Prima con il tentativo dell'Islam di copiare il modello di Stato europeo per imitarne la modernizzazione». Poi con la «nazificazione del Medio Oriente», negli anni Trenta e durante la II guerra mondiale, infine con la successiva «sovietizzazione».

E' quindi importante distinguere «l'islam come civiltà e l'islam come religione»: «L'attuale modello arabo-totalitario è un'esportazione europea che non trova corrispondenza nella storia islamica».

Lewis è tra coloro che ritengono appropriato il paragone tra fondamentalismo e nazismo: «Qui stiamo combattendo con un nemico come Hitler. Il fondamentalismo è una minaccia prima di tutto per i musulmani. Per i tedeschi la sconfitta del '45 è stata una liberazione. E lo stesso sarà per i musulmani».

Anzi, «abbiamo soltanto una scelta: se non li aiutiamo a liberarsi ci distruggeranno».

Come? Certo, l'opzione militare per esportare la democrazia resta sul tavolo. «C'è sempre la possibilità di dover fare una guerra. Se Churchill fosse arrivato un po' prima non ci sarebbe stata la Seconda guerra mondiale, se Chamberlain fosse rimasto in sella più a lungo neanche...».

Ma il «passaggio alla democrazia nei Paesi islamici deve essere un processo, altrimenti la libertà si trasforma in una vittoria del fondamentalismo. Quello che è successo in Algeria sedici anni fa così come la vittoria di Hamas nelle ultime elezioni palestinesi sono lì a dimostrarcelo». Le elezioni sono il «culmine di un cammino di democratizzazione, non l'inaugurazione».

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