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Thursday, February 28, 2008

PdL, allarme programma "fanfaniano"

Di segnali preoccupanti ne abbiamo registrati parecchi: dall'evocazione dei dazi sulle importazioni extracomunitarie al piano fanfaniano di edilizia popolare. E certo il trittico Tremonti-Alemanno-Maroni all'Officina per il programma del PdL non è di quelli rassicuranti. Forse sono i tre nomi più riconducibili di tutto il centrodestra a politiche protezioniste e socialdemocratiche. Domani il programma dovrebbe essere noto e giudicheremo.

Intanto, oggi, un altro brutto segnale. Se persino il direttore del Giornale, Mario Giordano, è intervenuto con un suo editoriale, in modo così netto chiedendo un programma liberista, evidentemente i segnali che giungono dall'Officina non devono essere incoraggianti: «Sognavamo la rivoluzione liberale, non possiamo finire a Fanfani. Lo diciamo con un po' di preoccupazione... che sia un programma liberista. L'Italia sta ancora aspettando le riforme della Thatcher, di Reagan, o almeno di Aznar. Adesso sentiamo che in alcuni ambienti del centrodestra si pone come modello Fanfani».

Fanfani fu l'uomo del cedimento, della sconfitta culturale della prima Dc degasperiana, liberale, al catto-comunismo che in economia (e non solo) si poneva in continuità con il fascismo riproponendo come modello prevalente quello assistenziale e corporativo.

Cosa aspettarsi, dunque, da un programma con un simile riferimento? Partecipazioni statali, Cassa del Mezzogiorno, edilizia popolare? Ci spaventano, scrive Giordano, «così come ci spaventano il ritorno del protezionismo e tutto quel parlare di dazi, lo scarso entusiasmo sulle liberalizzazioni e i toni timidi sul fronte della riduzione dello Stato. Se si crede al libero mercato (e noi ci crediamo), non si può smettere proprio adesso. Anche davanti alla crisi. Anche coi cinesi alle porte, la recessione che incombe e i disastri di Prodi da rimediare. Anzi, forse proprio per quello. L'unica via per risollevarsi è un programma liberale. E non si può, su questi temi, lasciare campo aperto al centrosinistra, che fa di tutto per sembrare, con una riverniciatura, due prof e alcuni slogan copiati, il vero garante del liberalismo...».

3 comments:

Anonymous said...

parafrasando flaiano...e non longanesi...si dovrebbe dire che la situazione è grave ma non è seria!

alemanno è praticamente inutile ai fini dell'evoluzione del sapiens...

tremonti potrebbe esserlo ma oltre le sparate non va...

maroni, alla fine, forse potrebbe essere il + capace a determinarsi verso una svolta libertaria.

ma il problema è enorme...mettere in discussione i "diritti quesiti"...e chi lo fara???????????????

in italia, poi, c'è pure il grave problema dell'accesso al credito...difficilissimo ottenerlo se...se non si è già ricchi o non si è in "concerto" con la politica.

quella più deteriore, ovviamente.

e non avere la minima speranza di accedere al credito, significa bloccare sul nascere qualsiasi iniziativa meritevole di tutela, ogni forma di emancipazione, anche lavorativa...in una parola, la libertà.

E COME SI EMANCIPA UN POVERO CRISTO???

per sopravvivere deve andare a piangere sulla spalla del politico di turno...affinché interceda col direttore...magari si becca il finanziamento ma rimane schiavo per sempre di quella logica che tutti - a parole - condanniamo ma che poi, magari giustifichiamo per nostro cugino....

dunque, a beneficio della lubrificazione del collaudato ingranaggio sì...ma nessuna tutela è accordata alle iniziative meritevoli...eppure, se mi ricordo bene, da qualche parte...nella nostra stronza costituzione...mi pare si parli pure di iniziative tali e di altre cazzate sulla libertà di ciascuno di noi!

bah, robespierre diceva...meno barriques più barricate...io, nel mio stronzo piccolo, affermo che ci vogliono meno diritti per pochi e più libertà per tutti.

ma qui l'affare si ingrossa...e non parlo del mio "arnese".

ciao.

io ero tzunami

Anonymous said...

E se invece avesse ragione Tremonti? Almeno un po'.

Mi considero un liberale, di aspirazione libertarian, ma sto molto attento a non tradire mai il principio del pragmatismo liberale.
Rifuggo dall'idea di voler applicare la teoria liberale del libero scambio come se fosse una costruzione ideologica.
E mi domando se sia davvero libero mercato il confronto globale tra l'economia iperregolamentata della UE (questo è l'errore blu) e quella davvero selvaggia della Cina.
Cerco di spiegarmi.
Lo "stato di diritto" per un liberale è uno strumento meraviglioso da adottare in determinate condizioni piuttosto che un totem astratto e perciò ideologico (vedi guerra al terrorismo).
La legge sull'aborto, per altro verso, è una legge liberale proprio perchè è pragmatica e non ideologica (nessuno esalta l'aborto, ma l'aborto esiste ed è meglio regolarlo che lasciarlo al barbaro fai da te).
Il libero mercato è il massimo auspicabile contro ogni ideologia statalista, ma presuppone determinate condizioni o regole.
Se le regole non sono rispettate da tutti gli attori in campo allora il gioco non vale.

Insomma, Human Action di L.von Mises o le teorie di Nozick sono certamente affascinanti ed auspicabili, ma pragmaticamente, nelle condizioni concrete che mi sono date, devo assumere quelle riflessioni come tendenza, come direzione. Non come fossero il Capitale di Marx.

Io ci provo, ogni giorno, a non trasformare le mie convinzioni in semplificazione ideologica. Perchè il mondo di fuori è sempre piuttosto diverso da come lo percepiamo e lo vorremmo dentro di noi.

Ciao.

Anonymous said...

Aggiungo un particolare.

E' ovvio che concordo con chiunque voglia liberalizzare tutto, ma proprio tutto, nel nostro ingessatissimo Paese, ma se guardo alle condizioni attuali del confronto tra noi e i Cinesi... preferisco essere molto pragmatico per non darmi la zappa sui piedi in nome del liberoscambismo integralista.