Si apre domani a Bucarest, in Romania, e si concluderà il 4 aprile, un delicatissimo vertice dal quale la Nato potrebbe uscire spaccata. Materia del contendere l'adesione di Ucraina e Georgia al Membership Action Plan, primo passo verso l'ammissione completa nell'Alleanza.
Da una parte Stati Uniti, Gran Bretagna e Paesi dell'Europa orientale, favorevoli, oltre che per allargare l'alleanza anche per consolidare i progressi democratici nelle ex repubbliche sovietiche e limitare l'influenza russa; dall'altra, la "Vecchia Europa" – Francia e Germania in testa – contraria, in obbedienza a una logica ottocentesca di equilibrio tra potenze. «Ci opponiamo, perché pensiamo che non sia la risposta giusta all'equilibrio del potere in Europa e tra Europa e Russia. Vogliamo dialogare su questo argomento con la Russia», ha spiegato il primo ministro francese Fillon. Sembrano riprodursi le stesse divisioni del 2003 sulla guerra in Iraq, ma a Parigi non c'è più Chirac e il nuovo presidente ha impresso alla politica estera francese una "rupture" atlantica.
In linea di principio la Francia non si oppone più ad una nuova concezione della Nato, allargata ad Est e dalla proiezione più globale. Anzi, come ha annunciato Sarkozy nella sua recente visita a Londra, promettendo anche l'invio di più truppe in Afghanistan, la Francia vuole rientrare da protagonista nel comando militare dell'Alleanza, abbandonato da De Gaulle nel 1966. In cambio Parigi si aspetta che Washington e Londra non siano più ostili alla politica di difesa europea, naturalmente a guida francese, visto che oggi è concepita come strumento complementare e non alternativo alla Nato.
La Russia si sente accerchiata ai suoi confini da un'Alleanza ex nemica e considera Ucraina e Georgia poco più che sue province, certamente parti irrinunciabili della sua sfera d'influenza. Per questo da Mosca si susseguono moniti e dichiarazioni minacciose. L'ambasciatore russo alla Nato si è espresso in modo perentorio: l'adesione alla Nato rappresenterebbe «un punto di non ritorno» nelle relazioni con Kiev e Tbilisi. Prima di lui il vice ministro degli Esteri, Karassin: l'ingresso dell'Ucraina nella Nato provocherebbe «una crisi profonda» tra Kiev e Mosca, tale da avere un «impatto negativo sulla sicurezza dell'Europa». La Russia, ha spiegato, si vedrebbe costretta a «cambiare priorità nella realizzazione della sua sicurezza strategica».
Come la Russia ha dovuto subire l'indipendenza del Kosovo, così l'Occidente potrebbe trovarsi a subire l'indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud dalla Georgia, è la minaccia che Mosca torna a ventilare come rappresaglia per l'eventuale adesione della Georgia alla Nato, che d'altra parte impedirebbe alla Russia di alimentare il separatismo filo-russo nelle due regioni. Per questo Tblisi considera l'ingresso nella Nato una garanzia per la sua integrità territoriale.
E' dunque improbabile che dal vertice di Bucarest giunga un "sì" formale a Ucraina e Georgia: più che sul principio dell'allargamento, gli alleati sarebbero di idee diverse sui tempi. Con la sua visita a Kiev, proprio alla vigilia, incontrando il presidente ucraino Yushchenko e la premier Tymoshenko, il presidente Bush ha voluto sottolineare che gli Stati Uniti «sosterranno con forza» l'ingresso di Ucraina e Georgia nel programma di pre-adesione all'Alleanza e che «la Russia non avrà alcun diritto di veto su quello che sarà deciso a Bucarest». Nei giorni scorsi, in effetti, era stato il presidente georgiano Saakashvili ad avvertire gli alleati che una loro risposta negativa sarebbe interpretata da Mosca come l'acquisizione di «un diritto di veto diretto» nelle questioni della Nato.
Ma Bush ha anche fatto sapere di voler rispettare «il processo di decisione per consenso», per venire incontro alle perplessità degli alleati ma anche perché è consapevole che tra Nato e Russia sono aperti altri due capitoli spinosi, causa di frizioni, che consigliano di non forzare la mano: la collaborazione in Afghanistan, dova la Nato è in difficoltà, e il progetto di scudo anti-missile. Anche se Bush ha fermamente negato l'ipotesi di veti o baratti, rimane concreta la possibilità di un rinvio a tempi migliori dell'adesione di Georgia e Ucraina per favorire un compromesso sui due capitoli che verranno trattati personalmente da Putin e Bush nell'incontro di Soci del 6 aprile.
Come dimostra un documento della premier ucraina, Yulia Tymoshenko, pubblicato su Foreign Affairs, i paesi dell'ex Patto di Varsavia ora parte della Nato e le ex repubbliche sovietiche come Ucraina e Georgia sono i più consapevoli del fatto che le ambizioni imperiali della Russia non sono finite con la caduta dell'Urss. Mosca vuole tornare ad essere una grande potenza a spese dei suoi vicini, ma il resto dell'Europa è molto meno sensibile al problema. Eppure, passa anche dai "sì" a Kiev e Tblisi la risposta europea all'uso dell'arma energetica da parte di Mosca e all'involuzione autoritaria impressa da Putin al sistema politico russo, cose di cui finora gli europei hanno dimostrato di preoccuparsi solo a parole.
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