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Tuesday, July 07, 2009

Il sano realismo dei diritti umani

Il biancio degli scontri di ieri tra polizia e manifestanti uiguri a Urumqi, nella provincia dello Xinjiang, è di 156 morti e 1434 arresti. Mentre ci sono segnali che la protesta possa allargarsi ad altre città (dimostrazioni sono segnalate a Kashgar, Yili, Dawan e Tianshan), a Urumqi diverse centinaia di persone, in maggioranza donne e ragazze, hanno sfidato la polizia tornando in strada per protestare contro la repressione e per chiedere il rilascio dei loro parenti. «Decine di migliaia di poliziotti e soldati - riporta il sito Asianews - sono stati ingaggiati per mantenere il controllo della situazione e per procedere a una serie indiscriminata di arresti e distruzioni», mentre Pechino «continua ad accusare i gruppi uiguri all'estero di aver organizzato e fomentato le rivolte». Rebiya Kadeer, l'esule uiguri accusata di essere dietro le sommosse, parlando a Washington ha detto che le violenze di questi giorni «rivelano profondi, seri problemi che il governo cinese non ha voluto affrontare o mitigare».

Nel suo editoriale di oggi, Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, commenta le parole sui diritti umani pronunciate ieri dal presidente Napolitano alla presenza del presidente cinese Hu Jintao, proprio mentre dalla Cina giungevano le notizie degli scontri e dei morti a Urumqi. «Quanto detto da Napolitano si trova tale e quale in Charta 08, un documento stilato e sottoscritto da intellettuali, accademici, attivisti e membri del Partito comunista cinese che chiedono - in modo non violento - riforme democratiche nel Paese per fermare violenze e ingiustizie provocate dai successi dello sviluppo economico cinese senza alcun rispetto per la dignità dell'uomo».
«I folli risultati - si legge nel documento - sono una endemica corruzione dei quadri, un minare lo Stato di diritto, mancanza di tutela dei diritti della popolazione, perdita di etica, capitalismo grossolano, polarizzazione della società fra ricchi e poveri, sfruttamento e abuso dell'ambiente naturale, dell'ambiente umano e storico, un acutizzarsi di una lunga lista di conflitti sociali, in particolare un indurimento dell'animosità fra rappresentanti ufficiali e gente ordinaria».
I promotori di Charta 08 osservano anche che «conflitti e crisi crescono di intensità» giorno per giorno, come confermano gli scontri fra la popolazione locale di etnia uiguri e la polizia nello Xinjiang. «Sebbene la Cina continui ad accusare gruppi di uiguri all'estero, tutti sanno che il problema è interno e dura da decenni», commenta padre Cervellera.
«Con la scusa di combattere il terrorismo islamico Pechino sta colonizzando la regione e opprime con leggi d'emergenza la popolazione e la sua religiosità... L'emarginazione sociale e politica a cui sono sottomessi gli uiguri nella loro terra è pari solo alla stessa emarginazione e accuse subite dai tibetani nel Qinghai o nella regione "autonoma" del Tibet».
Le proteste di questi giorni, fa notare il direttore di Asianews, «ricalcano da vicino i fatti e le teorie sulla rivolta tibetana prima delle Olimpiadi. Anche nel marzo 2008 una manifestazione pacifica si è trasformata in uno scontro violento con l'esercito che ha fatto decine di morti, a cui sono seguiti migliaia di arresti e legge marziale». Ma la violenza verso minoranze uiguri e tibetane «non è diversa da quella subita da altri gruppi»: attivisti per i diritti umani, avvocati e contadini che combattono le prepotenze delle autorità e trovano «la stessa risposta del governo: il soffocamento e la repressione».

«Anche comunità religiose che non hanno - come gli uiguri e i tibetani - delle rivendicazioni territoriali subiscono le stesse violenze alla loro dignità e libertà», denuncia Cervellera, riferendosi alle comunità protestanti «sotterranee» e alle «cosiddette chiese domestiche», ma anche alla comunità cattolica, che «non sta meglio». «I vescovi ufficiali - circa 70, riconosciuti da Pechino - sono ormai sotto un controllo ferreo perché segretamente riconciliati col papa. I vescovi sotterranei - non riconosciuti - sono tutti (circa 40) agli arresti domiciliari». Alcuni di loro risultano addirittura «scomparsi da tempo»: mons. Giacomo Su Zhimin (diocesi di Baoding, Hebei), 75 anni, arrestato e scomparso dal 1996; mons. Cosma Shi Enxiang (diocesi di Yixian, Hebei), 86 anni, arrestato e scomparso il 13 aprile 2001; mons. Giulio Jia Zhiguo, scomparso per l'ennesima volta il 30 marzo scorso.

E' questa la lista degli "scomparsi" che fa Cervellera, che conclude così il suo editoriale, cogliendo e sottolineando il nesso tra rispetto dei diritti umani, democrazia, e sicurezza: «Se a uiguri, tibetani, attivisti democratici, protestanti, cattolici, aggiungiamo gli scontenti della crisi economica, i disoccupati e i migranti, è evidente che la Cina è seduta su una polveriera che può scoppiare da un momento all'altro e anzi sta provocando continue rivolte e scontri con esercito e polizia... Non rispettando i diritti umani, la Cina rende il mondo più vicino alla guerra». Altro che idealismo naïf, sano realismo.

2 comments:

Anonymous said...

su cervellera stendiamo un velo pietoso.

http://nuovalibertalia.blogspot.com/2009/07/cosa-succede-nello-xinjiang.html

Jean Lafitte

JimMomo said...

Farneticazioni...