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Tuesday, July 28, 2009

L'unica "policy" è la convivenza

Il solito puntuale ed informato Enzo Reale sulla tristissima situazione birmana (da Mizzima.com):
Il tentativo di comprare la libertà di Aung San Suu Kyi con la promessa di nuovi investimenti dimostra una dose di improvvisazione e ingenuità che dovrebbe preoccupare gli attivisti per la democrazia dentro e fuori la Birmania e, in generale tutti coloro che hanno sempre guardato agli Stati Uniti come a una forza di cambiamento democratico nei paesi autoritari. Invece di lavorare per liberare la Birmania e i suoi cittadini, Hillary Clinton sceglie di concentrare gli sforzi americani verso un obiettivo simbolico, popolare e limitato, la liberazione del Premio Nobel per la Pace.
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Le parole del Segretario di Stato sono inopportune per diverse ragioni. Innanzitutto sembrano suggerire che la realtà di miseria e di oppressione di 55 milioni di persone possa essere ridotta al destino di una singola, per quanto importante, icona democratica. Se potesse parlare, sono sicuro che Aung San Suu Kyi rifiuterebbe questo scambio: lei considera la sua libertà uno strumento per la liberazione del popolo birmano e non viceversa.
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la proposta sottolinea tutta la debolezza (se non la inesistenza) di una strategia americana sulla Birmania. Dopo le dichiarazioni di Clinton, i generali sono più che mai consapevoli che il governo americano non ha idea di come trattare con loro. Non c'è nessun piano, solo un gioco di corteggiamento e rifiuto, di carota e bastone, che probabilmente li sta facendo divertire. In realtà, sembra che l'unica "policy" tangibile sotto Obama sia la convivenza con i regimi autoritari, in Asia e altrove: "normalizzazione" è la parola chiave.
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democrazia e sviluppo sono intimamente collegati ed è impossibile promuovere uno sviluppo reale se continuerà il ladrocinio nazionale gestito da un governo spietato ed illegittimo. L'unica cura per la malattia della Birmania è la fine della dittatura, non più soldi (soldi occidentali, di nuovo?) nelle tasche dei generali. Signora Clinton, liberi la Birmania e libererà anche Aung San Suu Kyi.
Parole sagge, ma in questo periodo, anche alla luce della gaffe sull'Iran (l'offerta dell'«ombrello militare» ai Paesi minacciati dall'atomica iraniana), Hillary non mi pare nel massimo della forma ed è sicuramente "azzoppata" dalla mancanza di una totale identità di vedute con la Casa Bianca.

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