«La valutazione del ministro Frattini è corretta: gli Stati Uniti non sembrano avere alcun "appetito" per nuove sanzioni contro l'Iran». Emanuele Ottolenghi, direttore del Transatlantic Institute, condivide questa valutazione, fatta dal ministro degli Esteri riferendo sull'Iran in Parlamento, e la necessità di coinvolgere la Russia sul dossier nucleare iraniano. Mosca, secondo Ottolenghi, «a differenza dei Paesi occidentali crede che l'Iran sia lontano dalla realizzazione di armi nucleare. La Russia gioca un ruolo ambiguo, fornendo a Teheran la tecnologia della quale ha bisogno», ma facendolo in sostanza «al rallentatore».
Del resto della relazione di Frattini, invece, non condivide nulla. D'altra parte tutti i paesi europei stanno aderendo - sia pure con toni diversi - alla voglia americana di engagement con l'Iran, nonostante tutto. «Gli americani sono convinti che ci sia ancora spazio per continuare sulla strada del dialogo con l'Iran», ha spiegato Ottolenghi a Il Velino. Una posizione «pragmatica», che persiste nonostante la consapevolezza, in America come in Italia, che alla luce di quanto è successo dopo la contestata rielezione di Ahmadinejad «un negoziato con gli ayatollah sul nucleare è oggi più difficile di ieri», come dicevamo su questo blog qualche giorno fa.
Quindi, dal G8 dell'Aquila uscirà solo una dichiarazione sul modello di quella già adottata dai ministri degli Esteri a Trieste. Con Francia, Gran Bretagna, Germania, Canada e Giappone duri con Teheran, Mosca sul fronte opposto e in mezzo Italia e Stati Uniti, più concilianti, a mediare. «Ma non si adotteranno, credo, meccanismi punitivi o operativi contro l’Iran». Anch'io come Ottolenghi credo che «la politica dell'engagement oggi non ha più ragione d'essere». Per i seguenti motivi: «In Iran è in corso uno scontro di potere: inutile quindi aspettarsi un aggiustamento diplomatico sul nucleare finché lo scontro non sarà concluso; «se vince il fronte di Ahmadinejad – come è probabile succeda sempre che il governo non perda l'appoggio delle Forze armate e delle milizie "rivoluzionarie" – sarà molto difficile che l'esecutivo scelga poi una linea compromissoria. Al contrario un governo debole che si regge sulla repressione violenta del proprio popolo vedrà complotti stranieri ovunque».
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