Venuto meno da parte del governo non solo l'impegno a modernizzare questo Paese in senso liberale, cioè a ridurre il peso dello Stato, ma anche il "minimo sindacale" del non mettere le mani nelle tasche degli italiani, il tempo per fare qualcosa di buono, per tentare di non essere travolti nel 2013 dai propri elettori inferociti, o per salvare almeno la faccia, c'è eccome. Basta volerlo. Ieri, per esempio, il ministro Calderoli ha presentato una buona proposta di riforma costituzionale, molto simile a quella approvata dal centrodestra nel 2005, ma poi bocciata a furor di popolo nel referendum confermativo del 2006; e molto simile anche alla cosiddetta "Bozza Violante", approvata dalla Commissione Affari costituzionali della Camera nella precedente legislatura. Dimezzamento dei parlamentari (un taglio più netto, quasi del 50%); Senato federale, quindi superamento del bicameralismo perfetto; rafforzamento dei poteri del premier; sfiducia costruttiva e anti-ribaltoni. Riforme volte a rendere più snello ed efficiente il processo legislativo, più stabili i governi e le legislature, con un non trascurabile risparmio di denaro pubblico.
Riforme che sarebbero potute essere già in vigore se 5 anni fa non fossero state cancellate dagli italiani che si sono bevuti la propaganda del centrosinistra. Ve li ricordate, privi di qualsiasi senso del ridicolo, paventare i rischi "dittatura" e "secessione"? L'unica cosa che gl'importava era "no pasaran" le riforme del centrodestra, tanto che solo un anno più tardi la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo perfetto con un Senato federale, persino un lieve rafforzamento dei poteri del premier, sarebbero stati recepiti nella "Bozza Violante" e oggi, almeno a parole, fanno parte di quel pacchetto di riforme cosiddette "condivise".
Per questo la proposta Calderoli rappresenta una sfida anche per le opposizioni. Queste riforme - se ciascuno mantiene la propria parola - si possono approvare davvero in un batter d'occhio, esattamente come la manovra finanziaria (ovviamente rispettando i diversi tempi prescritti dalla Costituzione). Certo, tutto è perfettibile e migliorabile, ma è qualcosa (nella giusta direzione) contro il nulla. Già sarebbe importante che non parta la solita giostra di costituzionalisti militanti arruolati per eccepire ed obiettare, con dotte disquisizioni giuridiche il cui unico vero scopo è quello di far naufragare per l'ennesima volta queste piccole riforme solo per il fatto di essere proposte da un governo di centrodestra. In questo Paese tutti invocano "riforme riforme!", ma poi appena si tocca qualcosa si scoprono tutti per lo status quo. Ok, spacchiamo pure in quattro il capello, però poi non ci lamentiamo se non cambia mai nulla.
Ma in questo scenario - con i mercati pronti a divorarci, l'antipolitica con i suoi buoni motivi per montare come uno tsunami, la magistratura che sente l'odore di un nuovo '92 e il Parlamento che comincia a farsi intimidire - la riforma costituzionale non può bastare. E' l'emergenza economica che va affrontata di petto, ma in questo caso i margini temporali sono ancor più ristretti. Abbiamo circa due-tre settimane per incardinare due-tre riforme economiche chiave, nella speranza di mettere al riparo il nostro futuro. Qualcosa di buono, almeno per salvare la faccia, questo governo può ancora farlo, se solo lo volesse per davvero. Il tempo scarseggia, ma c'è. E' una questione di volontà politica. L'unico che può battere un colpo è lui, Berlusconi, ma la domanda è: è ancora in grado di agire, di riprendere il controllo di un governo ad oggi, de facto, a guida Napolitano-Tremonti?
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