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Da Perugia un colpo durissimo all'immagine e alla credibilità del nostro Paese. Per salvare almeno la faccia: proscioglimenti immediati, scuse ufficiali di Napolitano e rimozione dei procuratori
Non solo il giustizialismo politico, che sembra ormai aver messo sotto scacco il Parlamento - lato centrodestra (con l'arresto del deputato Pdl Papa) e lato centrosinistra (con le accuse a Penati rese note "ad orologeria"); e non solo un presidente della Camera in pieno delirio istituzionale nel prospettare la caduta del governo e il ministro dell'Interno come nuovo premier. In cima ai pensieri del presidente della Repubblica dovrebbero posizionarsi anche gli ultimi sviluppi del processo di Perugia ad Amanda Knox e a Raffaele Sollecito, che si sta rapidamente trasformando in una disfatta purtroppo tristemente annunciata per la giustizia italiana, e quindi in una delle pagine più vergognose per l'intera nazione. Questo processo, molto più dell'«intollerabile» conflitto - così l'ha definito il presidente in una sua recente uscita - tra politica e magistratura, rischia di radere al suolo ciò che resta della credibilità della giustizia italiana, agli occhi sia dell'opinione pubblica interna che del mondo civile.
Un processo seguito infatti con molto interesse sia in Gran Bretagna, per la nazionalità della vittima (Meredith Kercher), che nella patria della principale accusata, gli Stati Uniti, dove alcune inchieste giornalistiche e persino una fiction televisiva hanno sollevato pesanti dubbi sul modo di procedere degli inquirenti italiani. I quali nei confronti di Amanda avrebbero intentato un processo alle streghe, negandole garanzie basilari del giusto processo e persino manipolando le prove a suo carico. Accuse respinte con sdegno dalla Procura, ma che in questi giorni e ore si stanno rivelando più che fondate.
I periti nominati dal tribunale nel processo di appello non solo hanno smontato le due prove "regine" che avevano portato alla condanna della Knox e di Sollecito in primo grado, le uniche che collegavano gli imputati alla scena del delitto, ma hanno anche stabilito che la polizia scientifica non ha seguito le «procedure internazionali di sopralluogo e i protocolli di raccolta e campionamento» dei reperti, i quali dunque risultano contaminati e comunque inattendibili. Non c'è il sangue della vittima sulla presunta arma del delitto; né è attendibile che la traccia di Dna rinvenuta sul gancetto del reggiseno della ragazza uccisa sia di Sollecito, sia perché di dimensioni inferiori agli standard per determinare a chi appartenga, sia perché durante la repertazione il gancetto (repertato ben 46 giorni dopo l'omicidio) fu toccato con «un guanto sporco». Esattamente come denunciavano mesi fa le inchieste giornalistiche e le trasmissioni televisive americane, snobbate dai nostri media, adesso anche i periti italiani puntano l'indice sulle modalità approssimative della repertazione: gli agenti non portavano tute di protezione; indossavano guanti già utilizzati, quindi sporchi; spostavano reperti chiave, come il materasso che copriva il cadavere, da una stanza all'altra.
Insomma, ci sono tutti gli elementi per uno di quei film "claustrofobici" in cui un malcapitato cittadino americano in un Paese esotico viene accusato ingiustamente perché qualcuno ha messo a sua insaputa una partita di droga nel suo zainetto, e si ritrova immerso in un'odissea giudiziaria senza via di scampo. Solo che stavolta, diversamente dalla versione hollywoodiana, non siamo in Thailandia o in Cina. Siamo in Italia. Ma l'immagine di totale inaffidabilità del sistema giudiziario che questo caso potrebbe esportare all'estero, in Europa e negli Stati Uniti, è pressoché equivalente.
Per salvare almeno la faccia, per tutelare l'immagine dell'intero Paese, i giudici di Perugia dovrebbero fermare la farsa, chiudere immediatamente il processo con il proscioglimento degli imputati da ogni accusa; il presidente Napolitano dovrebbe scusarsi pubblicamente con i due giovani accusati; e i procuratori dovrebbero essere subito rimossi dall'incarico e possibilmente licenziati. Purtroppo i talk show televisivi sono in vacanza, ma dubito fortemente che alla loro ripresa i conduttori faranno ammenda per essersi appiattiti sulle tesi dell'accusa con tutte le pittoresche ricostruzioni e analisi socio-psicologiche del caso.
P.S.
Il Pdl dovrebbe esprimere una forte e severa presa di posizione, anche a livello governativo, in merito a tali misfatti giudiziari e comprendere finalmente che su questi - molto più che sulla persecuzione giudiziaria nei confronti di Berlusconi - può far leva per giustificare una profonda, urgente riforma del sistema giustizia.
4 comments:
Federico, la parola licenziamento in tronco in Italia esiste per tutti, meno che per i magistrati. pensa che Marino dei comunisti italiani ha proposto, sentito oggi a radio radicale, di abrogare la norma che impone l'autorizzazione all'arresto dei parlamentari. cioè, affidare il parlamento italiano direttamente alle procure, e quindi a "questa" magistratura. occorre che tutti i cittadini non possano essere arrestati, salvo caso di grave flagranza, senza la condanna definitiva del giudice. povera Italia!
saluti
Maralai
(mario nanni)
Mi chiedo come tu possa aspettarti una risposta in questo senso dal PDL, che come ha ammesso anche Filippo Facci è stato nei fatti molto più giustizialista del centro-sinitra.
Te lo vedi l'elettorato leghista se qualcuno scalfisse l'istituto della carcerazione preventiva?
La magistratura italiana è sempre di più un mondo a parte,non soltanto per colpe proprie comunque.Mi chiedo se chi parla delle figuracce internazionali di Berlusconi parlerà nei medesimi termini dell'orrore giuridico internazionale causato dalla nostra magistratura da quarto mondo.
Toni
uno degli articoli più demenziali degli ultimi anni. le prove contro i tre imputati, di cui solo una di nazionalità americana, sono e rimangono schiaccianti.
non si capisce perchè si dovrebbe chiedere scusa. a chi? a quelli di Sacco e Vanzetti, a quelli della Baraldini, del Cermis?
sei un cameriere.
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