«Si vergognino e basta. Lo facciano quei conduttori di talkshow che pensano che parlare del Dalai Lama e della Cina non faccia ascolti, e che un delitto molto vicino sia più interessante di carneficine molto lontane. Lo facciano quei miei colleghi, intrisi di realpolitik da cortile, che passano la vita a sezionare le cose bianche e naturalmente la milionesima ipotesi di proporzionale alla tedesca con soglia di sbarramento alla norvegese e scorporo alla molisana: convinti che determinate questioni siano solo velleità da idealisti e da radicaloidi anziché sostanza politica pura, allo stato brado. Si vergogni il presidente della Camera Fausto Bertinotti, capace di intrattenersi 50 volte al giorno coi cronisti e però incapace di dare una risposta ufficiale ai 285 parlamentari che per iniziativa di Benedetto Della Vedova gli hanno chiesto di ricevere il Dalai Lama con tutti i crismi, e se possibile di farlo parlare nell'emiciclo parlamentare. Si vergogni Romano Prodi, l'uomo che vorrebbe sospendere l'embargo delle armi alla Cina, il presidente del Consiglio che non incontrerà il Dalai Lama questo dicembre come non volle incontrarlo nell'ottobre 2006: nel 1994, diversamente, il Dalai Lama fu ricevuto ufficialmente da Oscar Luigi Scalfaro e dal premier Silvio Berlusconi, eppure l'import-export con la Cina rimase in piedi. Si vergognino pure, dal primo all'ultimo, i comunisti italiani: è l'unico gruppo dove non compare neppure un firmatario tra i 285 che hanno chiesto a Bertinotti d'incontrare il leader tibetano. Rifondazione comunista? Solo Pietro Folena e Maurizio Acerbo: solo loro due riescono a scacciare il sospetto che la sinistra italiana sia multilaterale solo in chiave antiamericana. Poi c'è il Vaticano, che ha certo responsabilità più complicate giacché milioni di cattolici cinesi rischiano persecuzioni ogni giorno: ma va detto che neppure Benedetto XVI, che a sua volta non incontrerà il Dalai Lama, ne esce infine splendidamente. Ma è tutto il nostro Paese a uscirne come il solito paesaggio di mezze stature e piccoli interessi».
Friday, November 30, 2007
Quel monaco, l'innominato
Avete notato? Del Dalai Lama, della sua prossima visita in Italia, neanche ne parlano gli esponenti di governo, quasi ci fosse una specie di consegna del silenzio. Non ne parla nemmeno Emma Bonino, che ha accuratamente evitato (o a cui è stato risparmiato) l'argomento durante la sua ultima intervista settimanale a Radio Radicale. Il Dalemone ci ha visto giusto quando, per neutralizzarla, ha insistito perché prendesse il Commercio Estero: ammutolita. A tutti costoro, ai conduttori televisivi e a Papa Ratzinger, si rivolge Filippo Facci, con parole che non possiamo che sottoscrivere:
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6 comments:
Ok parlare e' facile ma cosa avrebbe potuto fare di diverso la diplomazia vaticana?
Jim Momo e Filippo Facci hanno proposte concrete o si fa semplicemente per dire?
La tradizione diplomatica vaticana e' quella della mediazione che sfugge la logica di gesti pubblici di sfida come - non per colpa della Chiesa - sarebbe quello di ricevere pubblicamente il Dalai Lama. Mentre non risulta che Bertinotti o la Bonino abbiano parenti a Shanghai...
Stefano
La tradizione diplomatica vaticana e' quella dell'accordo concordatario con le dittature
yoshi
Yoshi, si vede che il concordato ratificato dalla repubblica italiana ci qualifica come dittatura...
Soliti patetici discorsi da pseudo intellettuali col culo al caldo. Complimenti.
Stefano
ohibò, e i trattati lateranensi li ha fatti einaudi?
Yoshi, cos'e' che non capisci della frase "ratificato dalla repubblica italiana"?
Stefano
Ricevere pubblicamente il Dalai Lama in vaticano sarebbe un gesto pubblico di sfida?? e se anche fosse? scusate ma una delle missioni della chiesa non dovrebbe essere quella di denunciare le oppressioni? e lo dico da cattolico!
Poi su comunisti e compagnia bella stendiamo un velo pietoso
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