Si è infiammata stamattina la Direzione nazionale della Rosa nel Pugno, quando, poco dopo l'inizio dei lavori, è intervenuto Marco Pannella. La riunione stava andando via liscia come l'olio, anche troppo. Una tranquilla e svelta chiacchieratina, senza sedute notturne, con interventi brevi e i "big" che si presentano in ritardo di ore - pur con tutti i problemi che ci sarebbero da affrontare. Ma soprattutto il dilagante atteggiamento, ben poco deliberativo e "di lotta", di chi si sente la poltrona sotto il culo, ormai appagato. E invece, ha tuonato il vecchio leone, c'è poco da starsene comodi, ci hanno escluso dal Senato con un'iniziativa preordinata delle oligarchie. «Io non ci sto», ha ripetuto più volte.
Per «eleganza», ha confessato Pannella, non ha parlato finora, perché coinvolto in prima persona in quanto capolista. Ma il leader radicale forse si aspettava, e ne aveva tutti i motivi, che fosse qualcun altro a sollevare la questione in tutta la sua gravità, proponendo adeguate forme di lotta. Invece nulla, neanche da parte dei radicali. E ieri, quel disarmante Boselli a Porta a Porta, capace solo di ripetere «abbiamo vinto», come il più fedele dei prodiani, deve aver convinto Pannella che fosse il momento di riprendere in mano il timone.
Le Corti d'Appello, allineandosi all'interpretazione del Ministero degli Interni, hanno disapplicato la legge elettorale nella sua letteralità. Il "buco" denunciato nei ricorsi c'è, ammesso persino in sede deliberante e comprovato da alcuni resoconti parlamentari: laddove nessuna coalizione raggiunga il 55% niente sbarramento per le liste al di sotto del 3. Ma tutti sanno quanto sia delicato il Senato. Non sia mai che si lasci una maggioranza nelle mani di 4 senatori radicalsocialisti guidati da Pannella. E' cosa da evitare assolutamente, su questo convengono destra e sinistra, con un occhio oltretevere.
L'Unione su questo tace, forse è «connivente», e continua a marginalizzare la Rosa nel Pugno, mostrandosi al paese con il volto di Bertinotti, o di D'Alema, destinati ai vertici delle istituzioni. Così, avverte Pannella, si offrono a Berlusconi formidabili argomenti su cui costruire, già il 28 maggio, la rivincita elettorale: l'Unione "in mano ai comunisti" e i radicali "utili idioti". Fauto alla presidenza della Camera, Emma usciere. Anche a tutto questo, Pannella «non ci sta».
Eppure, tutto questo sembra non interessare più di tanto i socialisti, che ogni tanto s'appisolano. Nelle interviste ai tg di ieri sera e nei dibattiti serali (Boselli a Porta a Porta) non è venuta fuori, neanche è stata citata, l'esclusione dal Senato. «Abbiamo vinto», non fanno che ripetere a loro stessi i leader dell'Unione, con Boselli che si associa pedissequamente. Dopo aver visto la puntata di ieri sera verrebbe da chiedersi a che gioco stia giocando il segretario dello Sdi. Non è che è arrivata una telefonatina conciliante da Prodi? Ma "vinto de' che'?", polemizza Pannella, che in un quadrimestre «quello capace di tutto» ha recuperato ben 12 punti, grazie anche all'ostilità e all'ostracismo con cui è stata trattata la Rosa nel Pungo, risultata alla fine decisiva?
I socialisti mostrano di non aver compreso la gravità della ferita inferta allo stato di diritto. Altro che qualche firma in più da raccogliere, violando la legge che loro stessi hanno approvato ti escludono dal Senato, guarda caso il ramo del Parlamento politicamente decisivo di questa legislatura. Villetti si dice d'accordo con «le condanne morali di Pannella», ma sbaglia approccio. Non c'è nessuna "questione morale" in gioco, reagisce Pannella gridando dal fondo della sala: «Ma quale morale? Mai fatto condanne morali, mica sono Riccardo Lombardi...». Replica l'umile Villetti: «Volevo dire che sono d'accordo quando contesti chi non rispetta la legge». E ribatte Pannella: «Contesto chi commette i reati e lo fa "fottendosene". Tu confondi lo stato etico con lo stato di diritto».
Quello di Pannella stamane è stato un cazziatone in piena regola. Ai socialisti, cui sembra d'improvviso tornata la preoccupazione di non creare troppi pensieri a Prodi, sperando di ottenere chissà cosa in questo modo; ma anche ai radicali, che rischiano di sentirsi appagati del risultato ottenuto, come quella squadra che in vantaggio di 1 a 0 rientra dall'intervallo con la mente altrove e le gambe molli.
A Pannella non importa se «qui o altrove», specifica, cioè se con la Direzione o da semplice militante, lui andrà fino in fondo, all'esclusione dal Senato non si rassegna, come non ci sta a farsi marginalizzare nell'Unione.
Nonostante tutto, la costruzione del nuovo partito laico, liberale, socialista, radicale, va avanti e viene dato mandato alla Segreteria di individuare tappe e obiettivi.
Alla fine, uno straordinario Pannella vince su tutti i fronti. La mozione conclusiva contiene tutti i nodi politici che ha sollevato. E' durissima sull'esclusione dal Senato, laddove «denuncia l'aggressione contro i diritti civili e politici dei cittadini realizzata ai danni degli elettori italiani attraverso il tentativo di escludere gli eletti della Rosa nel Pugno dal Senato, e si impegna a mettere in atto ogni forma di lotta istituzionale e politica per ottenere il ripristino della legalità, facendone punto qualificante anche del dialogo in corso con l'Unione e i suoi vertici, finora del tutto omissivi se non conniventi».
Durissima anche con i vertici dell'Unione, cui si chiede di «superare una lunga fase di ostilità, ostracismo, non comunicazione. La Rosa nel Pugno è stata decisiva per l'alternanza e il successo elettorale della coalizione; è impegnata per un governo forte e sicuro guidato da Romano Prodi; ma giudica inconcepibile che, sin dalla sua nascita, sia stata vissuta come un'insidia, e non, invece, come un'opportunità di rinnovamento della sinistra, sia sui diritti civili che sull'innovazione economica e sociale. E per queste stesse ragioni la Rosa nel Pugno intende partecipare al dibattito e alla discussione sul futuro Partito Democratico da costruire».
Il leader radicale prevale anche sugli altri temi caldi del dibattito interno, che non poco attrito hanno creato tra componente radicale e socialista. Alle prossime amministrative del 28 maggio ci saranno liste con il simbolo della Rosa nel Pugno, ma i gruppi consiliari non avranno la denominazione "Rosa nel Pugno" e gli eletti non potranno avere incarichi nella nuova forma-partito. Allargamento della Segreteria, a Lanfranco Turci e Biagio De Giovanni, e della Direzione, integrata con 54 nuovi membri.
Ma chissà se il nuovo partito avrebbe retto a questa giornata infuocata se non vi fossero state le amministrative alle porte.
3 comments:
ma scusa fate come Berlusconi?
La corte costituzionale saprà il fatto suo o no?
Voi radicali quando le cose non vanno nel modo sperato urlate sempre e comunque. Avete sempre un atteggiamento di quelli che sono nel giusto.
la casa di quelli antropologicamente superiori vi si addice.
Versione semplificata e faziosa del problema......ancor più deludente perchè resa in un blog in cui si leggono spesso cose interessanti ed equilibrate sulla cosa radicale.
Mi sembra enorme la capacità di corrosione dello stato di diritto di una presunta lotta fatta in suo nome da parte di chi ne è da sempre ostinato partigiano come Marco Pannella quando quel che si chiede non è la sovranità della legge ma l'arbitrio delle Corti d'appello.
A giudizio dei radicali quest'ultime, in sfregio alla reale intenzione del legislatore - di cui la relazione del relatore Pastore è pur sempre qualcosa da prendere in qualche modo in considerazione - si dovrebbero inventare un doppio regime giuridico nell'ammissione al riparto dei seggi alla faccia del modo in cui è stata unanimemente letta ed interpretata la norma anche e soprattutto alla luce dell'errato rinvio del comma 6 al comma 1, lettera b), numero 1).
E su un piano non solo sostanziale siamo proprio sicuri che il fatto che la partita elettorale sia stata giocata da tutti i contendenti (senza esclusioni) tenendo ben presente la soglia del 3% sia un dettaglio trascurabile da spazzar via con un bel verbale di una corte d'Appello?
A ciò si aggiunga il fatto che il legislatore distingue "letteralmente" i due casi in funzione dell'attribuzione del premio (che scatta laddove la coalizione vincente non raggiunge il 55% dei voti) e non certo per introdurre un fantomatico doppio regime per l'ammissione al riparto dei seggi che avrebbe il solo effetto di discriminare arbitrariamente gli elettori.
Con l'interpretazione dell'esposto si crea infatti una situazione per cui in Calabria non basta il 3,9% per vedere il proprio rappresentante eletto ed in Piemonte basta il 2,6%.
Con la tesi della RNP alla diversa dimensione delle due regioni che rappresenta un oggettivo fattore discriminante - bilanciato però dal diverso numero dei senatori eleggibili che dovrebbe garantire comunque il principio di uguaglianza assegnando comunque pari opportunità a tutti i cittadini di essere rappresentati -si andrebbe ad aggiungere un secondo fattore discriminante, determinato a posteriori dalla consistenza dei voti presi dalla coalizione vincente e dunque non bilanciabile, con il risultato di assegnare un regime privilegiato a chi vota in regioni più grandi e contraddistinte da un risultato elettorale meno netto (sotto la soglia del 55%) rispetto agli altri elettori. Una vera e propria lotteria!!
Che cosa dovrebbe fare "quel disarmante Boselli a Porta a Porta" se non ripetere "abbiamo vinto, come il più fedele dei prodiani" ?
E' vero! Lui , lo sdi hanno vinto.
Intini il 19/04 lo ha detto chiaramente: nelle consultazioni elettorali precedenti a queste politiche, lo sdi al centro nord era in coma irreversibile, non esisteva più.
Se i radicali abbiamo vinto non saprei, numeri alla mano, credo di no.
So per certo invece che se si fosse staccata la spina allo sdi non sarebbe stata una gran perdita...
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