«... che ci sia qualcuno a presidiare la distinzione del bene e del male, laicamente o religiosamente».
E' questa, ormai l'abbiamo capito, l'unica preoccupazione di Giuliano Ferrara. Il suo è un problema personale, di ordine psicologico. Capita, soprattutto a una certa età, quando se ne sono viste tante, se ne sono fatte altrettante, e non si sa più a cosa aggrapparsi. E' quel male di vivere dei deboli che non sanno darsi da sé dei principi, che si sentono sballottati dai venti di dottrina e praticare l'autodeterminazione gli costa fatica. Dunque, invocano una qualche autorità esterna - sia il Papa o il Duce non fa differenza - a guidarli e a porre dei limiti. Passati per la "Chiesa" comunista, sono in cerca di un'altra Chiesa cui affidarsi. A loro tutta la mia solidarietà, ma non tentino di sottoporre a quelle Chiese anche noi, che ci sentiamo liberi e responsabili di distinguere il bene dal male per ciò che ci riguarda, e che riteniamo che la politica non sia il luogo del giudizio ultimo sul bene e sul male. Ferrara usa suggestive figure retoriche, i laici sarebbero i «creduloni incapaci di dubbio» nella scienza, ma propone vecchie soluzioni: ci vuole un'autorità a presidio. Come se quella ci garantisse tutti sul bene e sul male.
Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera, osserva che «in nessun altro Paese del mondo libero esistono i "laici"». Lamenta che si faccia dell'essere laico un'«identità politica». Questione di punti di vista. Che "laico" sia «un'etichetta vuota, una categoria usurata, il melanconico residuo di una stagione estinta», può essere affermazione condivisibile se si intende superata una lettura della nostra società laici vs. cattolici; se siamo consapevoli che laico e credente sono sinonimi. E la politica dovrebbe finalmente prenderne atto. Ma il problema è che molti cercano ancora di darsi un'identità politica cattolica per farsi riconoscere oltretevere. Sì, i laici sono «esausti», di vedere irrisolta la questione romana, di dover faticare per lo «svaticanamento» dell'Italia.
Non esistono morali o dottrine laiche da imporre, ma esiste un'"etica" politica laica, nel senso di un codice di condotta politica, di una concezione del diritto e del potere, per la quale non si impongono ai cittadini modelli etici. Negli altri paesi del mondo libero è così: la laicità fa parte dell'etica politica. Quella di una «crociata laica» può apparire una frase a effetto, ma per avere una crociata ci vuole qualcuno che voglia imporre la sua croce. E per i laici/credenti la politica non dovrebbe imporre modelli etici.
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