Pagine

Friday, April 21, 2006

Libertà, Laicità, Occidente

Tre concetti per la Rosa«Noi siamo per una cultura della libertà come tema portante, carico di senso della vita di oggi. Significa primato della libertà su tutto, significa che solo uomini liberi possono essere uomini uguali»

Ho sempre creduto che il progetto della Rosa nel Pugno, di una forza politica liberale, laica, socialista, radicale, avesse solide basi teoriche, intendo dal punto di vista della filosofia politica. Soprattutto nella convizione, già espressa parecchie volte su questo blog, che caduto il Muro ed esauritasi l'esperienza delle socialdemocrazie vi fossero porte spalancate per una sinistra liberale, per l'ircocervo liberalsocialista. Così lo chiamava Benedetto Croce quando però non c'erano le condizioni storiche che consentissero alla sinistra di essere liberale.

I problemi maggiori vengono invece quando dalla teoria scendiamo sul terreno della pratica, della realizzazione di questo ambizioso progetto. Servono le volontà, le capacità, gli uomini giusti, e le congiunture politiche adatte.

Comunque, se avete un'oretta di tempo libero vi consiglio di ascoltarvi la "lezione" che ha tenuto l'altro giorno Biagio De Giovanni alla Direzione della Rosa nel Pugno, per meglio capire le basi teoriche, le prospettive e le ambizioni (perché ci vogliono anche quelle) del nuovo soggetto. Che riescano a realizzarle con il materiale dato è tutta un'altra storia.

Il berlusconismo. Tutta questa campagna elettorale si è giocata sul «presupposto cedimento del berlusconismo» e invece Berlusconi ha tenuto. Chiedersi perché è una domanda «centrale» per De Giovanni. L'Italia di Berlusconi «non è l'Italia degli evasori o delle tv». Non bisogna sottovalutare un «grande fenomeno politico che permane»: c'è un'Italia che «teme una certa rappresentazione della sinistra e quando essa sembra prevalere scatta una reazione di rigetto». Senza questo non si spiega la rimonta delle ultime due settimane. C'è una «maggioranza silenziosa» che ha percepito che una parte corrispondeva ai propri interessi e l'altra gli andava contro. In Berlusconi più che nella sinistra, sbagliando o meno, essa comunque vede «una qualche aspirazione alla cultura dell'individualismo e della libertà», alla "rivoluzione liberale", anche se poi è fallita.

A questa Italia «dobbiamo rispondere», non ha alcun senso «il muro contro muro». La Rosa nel Pugno deve discutere di se stessa, del proprio rapporto con il sistema italiano», ma deve farlo da «forza che nasce dibattendo democraticamente al proprio interno».

Il "fuoco amico". Deve dare al «fuoco amico» che ha subito in queste settimane e continua a subire «risposte forti», capaci di affrontare «sia il problema storico-ideale sia quello politico». Nell'Italia del declino - che si calcola non tanto in punti di Pil, ma si rivela nella mancanza di progettualità economica e civile, di sviluppo ideale - e nell'accentuarsi di tensioni oligarchiche, c'è un gran bisogno di «crescita di culture politiche, che può avvenire nella distinzione, nel conflitto, che se è dialettica politica produce politica».

Nella storia di oggi «la cultura del socialismo ha bisogno della cultura del radicalismo della libertà» e viceversa. Occorre dare una «forza innovativa al tema della riforma dello stato sociale, al tema dei diritti civili e dei doveri»; trovare quella «sintesi, difficile e complessa, tra solidarietà sociale e diritti individuali, ragione profonda per lo stare insieme di queste tradizioni, che da sole rischiano di perdersi».

Blair e Zapatero. Al contrario di quanto ha scritto il Prof. Cofranceso sul Riformista, c'è una «radicale differenza» tra Fassino, Rutelli e D'Alema da una parte, e Blair e Zapatero dall'altra. Blair «ha innestato nel vecchio labour un'idea nuova»; Zapatero «ha spinto sui diritti una società che già aveva avuto con Aznar lo sviluppo economico e continua ad averlo». Nel richiamarsi a questi leader politici, «esempi viventi delle potenzialità della sintesi tra riforma liberale e socialista», la Rosa nel Pugno dovrebbe proporli «meno come slogan e più come analisi».

Laicità e stato di diritto. «Le battaglie radicali hanno come propri punti di riferimento la legalità, lo stato di diritto, la laicità, tutti temi di modernizzazione della società. Ma una laicità non intesa come indebolimento secolaristico della libertà, bensì come qualcosa che nella libertà riesce a immettere il nucleo profondo di una religione civile».

Il «fuoco amico» c'è perché «questi temi non piacciono alla vecchia sinistra consolidata». De Giovanni parla di una sinistra «consolidata», ma direbbe pure «ossificata», perché su una varietà di temi, in nome dell'unità, si chiude in «una logica di compromesso continuo di cui non si vede mai il punto di uscita».

Stato liberale. De Giovanni vede una relazione tra stato sociale e stato di diritto. Dunque, tra il tema della giustizia sociale e quello della libertà individuale. Oggi siamo arrivati a un punto in cui «la corporativizzazione dello stato sociale mette in discussione conquiste fondamentali dello stato di diritto», cioè dello stato liberale.

Il Partito democratico. Riguardo il dibattito sul partito democratico, De Giovanni ricorda che i radicali sono degli «antesignani» dell'idea di «una sinistra che possa federare ispirazioni diverse, in grado di ampliare i propri confini», mantenendoli però chiusi alla sinistra antagonista, che sottolinea essere «legata a cascami di vecchia storia e a un certo infantilismo ideale».

La Rosa nel Pugno, che non deve pensare a se stessa come a una «sommatoria», ma mantenere una «dialettica politica aperta», deve ribadire «la critica al rischio dell'ulivismo», precisando i termini della sua critica. Va bene che il partito democratico non dev'essere fatto di post-democristiani e post-comunisti, ma occorre «entrare nel merito». E quindi criticare i Ds per il loro «neocentralismo, conservatorismo corporativo, nel dibattito sulla riforma dello stato sociale» e per la permanenza di «elite dirigenti troppo consolidate», e la Margherita per lo spostamento culturale del suo asse.

La questione vaticana. In Italia, spiega De Giovanni, esiste «una questione vaticana, non una questione cattolica». Il problema è «dare voce ai cattolici in modo che emergano come non subordinati all'invadenza della questione vaticana: dobbiamo avere la forza di distinguere tra questione cattolica e questione vaticana, e spingere a favore degli elementi di cattolicesimo liberale».

Al di là del vecchio clericalismo. Poi De Giovanni approfondisce la sua analisi dei rapporti fra Chiesa e Stato, fra Chiesa e politica. «Il nostro modo di concepire una cultura politica moderna è di non poter accettare l'idea che la Chiesa sia la depositaria dei valori. Se entriamo nella logica che la società moderna non ha più valori, e che per poter parlare di valori debba riferirsi a chi li ha nel suo archivio, è un errore profondissimo, è un tipo di subordinazione che va al di là, e in modo più profondo, del vecchio clericalismo».

Dunque, assistiamo a un neo-clericalismo nella politica, sembra affermare De Giovanni. Che riguarda anche i Ds. Cita, infatti, le parole di Cafagna, per il quale se una volta il Pci «si faceva forte dell'ombra del Cremlino», oggi rischia di «farsi forte dell'ombra del Vaticano». I comunisti italiani rimasero «impigliati in una ibridazione sterile, fra rivoluzionarismo ideologico (meramente attendista e affidato, finché fu possibile, all'ingannevole mito sovietico) e realismo "istituzionale"». Da qui il "grigiore" che De Giovanni ravvisa nella odierna versione post-comunista dell'istituzionalismo di derivazione berlingueriana, definibile come sterilità.

Quello di oggi è un tipo di clericalismo qualitativamente diverso a quello del passato. «In un passato relativamente moderno non è mai venuta fuori così chiaramente in alcuni l'idea che non essendo più la società moderna capace di produrre valori e principi essa si debba affidare alla Chiesa». Invece, «le società secolarizzate sono le società democratiche. Democrazia e secolarizzazione sono venute fuori insieme e persino il cristianesimo vi ha contribuito». Occorre portare avanti il «tentativo difficilissimo di far penetrare il senso di queste distinzioni».

Una cultura della libertà. Ed ecco, infine, i principi ispiratori del progetto della Rosa nel Pugno, di una sinistra liberale: «Noi siamo per una cultura della libertà come tema portante, carico di senso della vita di oggi. Significa primato della libertà su tutto, significa che solo uomini liberi possono essere uomini uguali». La libertà «non come affermazione astratta e ideologica», ma «può entrare nel tessuto della vita concreta, anche nell'economia, che ha bisogno della riscoperta della sua vitalità».

L'Occidente. Altro principio cardinale, «un'interpretazione alta dell'Occidente», di un'Occidente «che non è pentito di ciò che è». Il professore è amareggiato per quanti suoi studenti esprimono oggi un'idea del «pentitismo dell'Occidente», per il quale «tutto quello che ha fatto e fa l'Occidente è male e quello che viene da altrove è bene. Occorre quindi, nella sinistra, che «riaffermiamo un'idea alta dell'occidente».

Attenzione però a non confondere l'interpretazione «alta» di De Giovanni con quella di Marcello Pera. Anzi, quella dell'ex presidente del Senato rischia di essere un'interpretazione dell'Occidente che anch'essa lo tradisce. Infatti, quest'idea molto diffusa in ambienti cattolici, e persino liberalconservatori, «che le società secolarizzate siano senza valori è un altro modo per far defluire l'Occidente da se stesso». La critica anti-secolarista si pone al pari della critica anti-capitalistica, «elemento distintivo della cultura della sinistra antagonista».

«Il nostro problema è l'italia, non è un problema settario, è come introdurre elementi di una religione civile».

12 comments:

Anonymous said...

siiii stupendo, mi viene il vomito.
come direbbe un vostro illustre testimonial.

Quindi la politica dovrebbe farsi protatrice di valori in luogo della chiesa?
questo è il neoclericalismo, altro che Pera.
Grazie tante, io ho già i miei valori.

Guarda, se puoi farmi il favore puoi dire a De giovanni questo da parte mia: "Egregio signor De Giovanni, con tutto il dovuto rispetto per la classe politica (cioè poco) sono già in possesso del prodotto che lei chiama valori, giusto questa mattina dopo il rappresentante di herbalife ha provato a vendermene un po' uno della lista fiamma tricolore che ho gentilmente rifiutato, adesso lei si presenta con questo nuovo prodotto che mi dice sia all'ultima moda rispetto al prodotto offerto dalla chiesa s.p.a. e guardi, vorrei crederle anche, ma il fatto è che ne sono già dotato, sa, ho dei vecchi valori vintage che mi hanno tramandato in famiglia a titolo gratuito nonostante le tasse di successione, non ne ho bisogno di altri, lei mi sembra una persona intelligente e le do un consiglio prezioso, si trovi un lavoro vero come vendere le enciclopedie, non vorrei vederla in disgrazia a rappresentare una irrisoria nicchia di mercato come è capitato ai testimoni di geova."

Anonymous said...

Ma come fa a definisrsi laico uno che parla di religione civile?
E' un comcetto che negli USA (dove vivo) e' persino difficile da esprimere linguisticamente.
La Costituzione Americana non difende lo stato dalla religione, bensi questa dallo stato.
E' proprio quest'idea dello stato integralista che i radicali stanno sempre piu' dimostrando di avere che ha probabilmente determinato la sclerotizzazione e l'infertilita' in cui sembrano chiusi.
Sara' per questo che stanno dalla parte del big business della biogenetica che maschera lo sfruttamento dell'essere umano dietro il ventaglio coreano della finta pieta'.

Anonymous said...

Non ho il tempo di ascoltarmi il file audio, ma personalmente condivido quanto detto da De Giovanni sull'Occidente e sulla questione del "vecchio clericalismo". Anch'io ritengo ci sia una nefasta rincorsa, da parte di religioni e ideologie, ad ammonire a sproposito che "la società moderna è in crisi, non ha più valori". C'è da sempre, ma è in rimonta.

Anonymous said...

si wellington, ma da quello che scrive jimmomo i radicali accusano gli altri di farlo e poi lo fanno pure loro.

JimMomo said...

Astrolabio, la critica è a una classe politica che si aggrappa alle indicazioni della Chiesa su temi su cui non si dovrebbe neanche legiferare. Rileggi: De Giovanni dice che è falso che la società moderna sia senza valori. Punto. Cioè, come dici tu stesso, tu hai i tuoi senza che nessuno te li debba imporre o indicare. E' questo ciò che si dice.

Da vero sofista, rigiri la frittata e chi fa questa critica vorrebbe imporre dei valori? Ma a che capperi ti stai aggrappando?

Di solito i tuoi commenti, anche se spesso astratti, almeno non travisano ciò che intendono commentare.

more said...

Ancora una volta, Zapatero e Blair. I radicali della Rosa nel Pugno, siete diventati tutti matti? Mentite su Zapareto o avete creato un Zapatero virtuale che non esiste che nelle vostre fantasie? Come si puo dire senza vergognarsi che Zapatero «ha spinto sui diritti una società che già aveva avuto con Aznar lo sviluppo economico e continua ad averlo»?

Potrei parlare di tante cose che capitano oggi qui, in Spagna, ma non voglio affaticarvi. Sceglio soltanto due:

1.- Giudizio questa settimana a certi agenti della polizia per aver ditenuto due militanti del Partido Popular. Il reato dei "populares"? Avere insultato il ex-ministro della Difesa? Detenzioni politiche nella "democracia avanzada" di Zapatero. Oggi, i cittadini spagnoli abbiamo il diritto di essere detenuti soltanto per la nostra scelta politica. Grande paso avanti.

2.- Il leader de la formazione politica illegale Batasuna, illegale per quanto fa parte del gruppo terroristico ETA, incontra questa settimana il presidente del governo vasco per parlare del cosìdetto "proceso de paz". Senza dubbio questo significa una spinta sui diritti. Oggi, in Spagna, i terroristi vengono chiamti "uomini di pace", Zapatero dixit sul leader di Batasuna. Intanto le vittime non hanno che il diritti di stare zitti.

Pensate bene quello che dite su Zapatero. Come spagnolo e liberale non vi posso prendere sul serio se continuate il vostro amore per Zapatero.

Mi congedo con queste parole di Enzo Reale che condivido: "Quando in Italia o in Europa si parla di Zapatero come l'uomo delle riforme e del progresso non si commette soltanto un errore di valutazione clamoroso, ma si giustifica per ignoranza o per malafede un esperimento sociale devastante le cui conseguenze la Spagna sta già pagando. Quello che la banda socialista al potere sta commettendo è un crimine politico in piena regola, perpetrato nella certezza della più assoluta impunità. Quei tre giorni maledetti hanno cambiato la storia di questo paese molto più profondamente di quanto anche i più pessimisti avrebbero potuto immaginare". Prendete nota. Vi prego.

PS: Chiedo scusi per le possibili errore otrgrafici e sintattici.

Anonymous said...

Astro: può anche darsi. Purtroppo certi trends tendono a contagiare tutti, come pure esiste da sempre e dappertutto la tendenza a predicare bene e razzolare male.
Tuttavia a giudicare esclusivamente da questo post (sempre considerato che il file audio non l'ho ascoltato) non mi pare.

Antonio Saccoccio said...

caro JimMomo,
che a votare per Berlusconi non fossero solo i "berlusconiani" lo avevo già previsto io prima delle elezioni. Allora in pochi mi diedero credito.
Leggi il mio post del 2 aprile:
http://liberidallaforma.blogspot.com/2006/04/berlusconiani-antiberlusconiani-e-anti.html

Non sono evasore e non guardo tv. Eppure penso che la sinistra italiana sia inguardabile.
ciao!

more said...
This comment has been removed by a blog administrator.
Anonymous said...

forse dovrei ascoltarmi l'audio (comunque grazie per il sofista, da bravo relativista quale sono è un complimento :-) solo che è tardino e devo andare a nanna, però io ho letto questo sul post:

"«Il nostro modo di concepire una CULTURA POLITICA MODERNA è di non poter accettare l'idea che la Chiesa sia la depositaria dei valori. Se entriamo nella logica che la società moderna non ha più valori, e che per poter parlare di valori debba riferirsi a chi li ha nel suo archivio, è un errore profondissimo, è un tipo di subordinazione che va al di là, e in modo più profondo, del vecchio clericalismo».

poi mi sbaglio io forse, a me sarebbe stato più chiaro se avesse detto che la politica non deve occuparsi dei valori, poi se ce li da la chiesa o mio nonno in carriola è un altro discorso.
Come del resto avevi ben spiegato te in un post qualche tempo fa sullo stato etico.

o no?

Unknown said...

Bravo De Giovanni, meglio lui dei socialdemocratici duri e puri.
Ma, citando:
"Oggi siamo arrivati a un punto in cui «la corporativizzazione dello stato sociale mette in discussione conquiste fondamentali dello stato di diritto», cioè dello stato liberale."

Non dovrebbe essere una sorpresa per alcun liberale. E' quanrto sostengono moiti liberali dalla fine dell'800; persino gli elitisti come Michels avevano gia' mostrato, a cavallo del secolo, quali fossero le conseguenze del socialismo. Innestare idee liberali nel corpo socialista e', al massimo, un tenue palliativo, che si e' rivelato storicamente insufficiente, non certo una cura.

MyWay said...

Che ne pensi della provocazione lanciata da Palumbo nel suo ultimo lavoro "Una lettera dal passato" riguardo la figura di Socrate?
Mi hanno chiesto di esprimere un giudizio ma io non ho ancora letto il suo libro...tu?
unaletteradalpassato.blogspot.com