Le prese di posizione del Cardinale Carlo Maria Martini, nella sua intervista-colloquio con Ignazio Marino sull'Espresso, non sono affato notevoli per il merito delle questioni. Non ce ne facciamo niente delle sue "concessioni" da porporato. Anzi, ce n'è a sufficienza da far cadere le braccia nel sentire ancora discutere se sia o meno consentito l'uso del preservativo nel caso di una coppia in cui uno dei partner sia affetto da Aids. Anche Martini, così applaudito dai progressisti, si rivela, come il resto dei gerarchi vaticani, in modo sconvolgente lontano anni luce dalla realtà.
Eppure, di «notevole» in Martini, osservava Alberto Melloni sabato scorso sul Corriere, sembra esserci un metodo, una sorta di «possibilismo», quella formula dubitativa che lo stesso giorno emblematicamente Ferrara non esitava a bollare come «una resa culturale» nel suo editoriale "Sua Eminenza gioca in difesa".
Ferrara rimprovera a Martini di calcare «zone di frontiera o zone grigie, dove non è subito evidente quale sia il vero bene», e «l'assenza pressoché totale di una visione d'insieme». Martini, nella critica di Ferrara, sarebbe reo di non praticare il «giudizio», ma il «distinguo». Insomma, se un pastore non indica subito, senza esitazione, quale sia il «vero bene» (ammesso che Martini abbia esitato), ma mostra di dubitare, allora non piace, non serve, anzi nuoce alla battaglia. Come se sui temi che coinvolgono scienza e morale si possa fare di tutta l'erba un fascio e ci si possa permettere di non fare distinguo.
Quindi, a fronte di un Papa Ratzinger «sempre limpidamente assertivo, [che] non teme di nominare e di giudicare, la cifra di Martini è invece sempre dubitativa...», mero «tatticismo», azzarda Ferrara.
Melloni invece intravede addirittura due diverse concezioni della Chiesa. Consapevole che ormai non solo preti e fedeli, ma anche i vescovi «usano criteri di sapienza sia nel passare sulle ferite della vita sia nel toccare una sfera su certe questioni che la stragrande maggioranza dei cattolici regola più col lume della coscienza che con una pura consultazione del catechismo», Martini sembra «indicare con l'autorità d'un pastore, un modo d'essere della Chiesa, che non si appaga di principi, ma si cura del cammino concreto di una Chiesa di popolo».
Quindi, da una parte chi, come Ratzinger, pensa che il futuro della chiesa dipenda da «minoranze creative» perfettamente aderenti e coerenti alla dottrina ufficiale. Delle avanguardie pure che dovrebbero preservare la Chiesa - una Chiesa di razza - e fare argine rispetto alla debolezza d'un popolo cristiano confuso dalla dittatura del relativismo e dagli inganni della scienza. A tali minoranze è richiesta una disciplina alta ed è volto principalmente il magistero. Non c'è da chiedersi, usa dire Ratzinger riguardo al futuro della Chiesa, quanti saranno i cristiani nel mondo, ma se vi saranno ancora "veri" cristiani. E' ciò che fa di quella ratzingeriana una visione cupa e pessimista, volta a curare un nocciolo duro di fedelissimi in grado di dare battaglia.
Dall'altra, il discorso di Martini, che invece sembra presupporre che la Chiesa sia «plebe di Dio nella quale abitano tutti i problemi che, a un primo sguardo, potrebbero apparire problemi altrui. Nella chiesa di plebe tutta la debolezza - ma anche tutto il bene - dell'umanità è già dentro». A questa Chiesa i preti offrono una cura pastorale, per quanto imperfetta, mentre più contraddittorio appare il ruolo delle gerarchie.
1 comment:
Che poi io continuo (ancora e ancora) a stupirmi di come non si possa notare il fatto che la linea politica della Chiesa non abbia sempre fondamento sui dettami dei Vangeli.
Insomma, Cristo non ha mai detto di essere contrario ai PACS. Certo è un'affermazione sciocca, ma fino ad un certo punto: non vedo proprio come il Dio di amore infinito potrebbe averne a male se vengono riconosciuti alcuni civilissimi diritti tra due persone che si vogliono bene, per quanto omosessuali o anche no. E lo stesso per quanto riguarda la questione del preservativo.
Non sto dicendo che la Chiesa si debba piegare alla realtà: ci sono realtà che non vanno per nulla bene. Dico che dovrebbe usare un po' più il cuore.
Poi, se vuole andare avanti quale "Chiesa di razza" contenta lei. Al contrario d'essere una religione ecumenica, sarà condannata a diventare una setta.
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