Diciamo subito e chiaramente che i precedenti giocano tutti contro la credibilità della magistratura napoletana, una procura che andrebbe cancellata per decreto, e i membri sostituiti con magistrati di Bolzano (se non di Berlino).
"Monnezzopoli" è vecchia di quindici anni e la procura napoletana solo oggi, quando forse la politica ha deciso di compiere uno sforzo decisivo per risolvere l'emergenza, esegue i primi arresti, richiesti dai pm nientemeno che alla fine di gennaio. «Se è passato tanto tempo — commenta qualcuno — forse non era così urgente procedere e rischiare di sfasciare tutto». Insomma, il solito sospetto di una tempistica perfetta, l'attesa del momento mediaticamente più propizio per delegittimare chi in questo momento sta conducendo la battaglia decisiva sui rifiuti di Napoli.
Chi ne risponderà? «Se i rifiuti tornano, magari ad agosto, la gente ci aspetterà qui sotto con i forconi», dice al Corriere un «giovane procuratore». Ricordiamo: è la procura che torturò Enzo Tortora, della faida contro il procuratore capo Cordova. Ed è la magistratura capace del tragico errore di Gravina; delle inchieste funamboliche e inconcludenti di Garlasco e Perugia.
«Con il "decreto rifiuti" è stato fatto uno strappo violento all'ordinamento giudiziario, alla nostra autonomia»; «il caso napoletano è un pretesto per rivedere l'ordinamento giudiziario». Le dichiarazioni che Imarisio ha riportato dal palazzo di giustizia di Napoli inducono a sospettare che questa ondata di arresti improvvisi nasconda un forte movente politico. Poi c'è quella «assemblea di lunedì nella sala riunioni all'ottavo piano del Palazzo di giustizia», che «ha unito diverse correnti nelle critiche al decreto e al procuratore capo». La sensazione è quella di una casta che, invece di lavorare, fa politica per difendere se stessa.
Oggi Napoli è messa sotto tutela, è commissariata dal governo nazionale. E lo è, forse, persino troppo poco. Giuseppe D'Avanzo, su la Repubblica, ritrae un quadro perfetto di cosa non ha funzionato a Napoli in questi anni...
«E' il frutto marcio di una cattiva politica e di una pessima amministrazione che, del tutto prive di una "cultura del risultato", hanno trasformato la raccolta dei rifiuti e il ciclo industriale del loro smaltimento in un'occasione per distribuire reddito e salario a una società stressata e assegnare profitti a poteri criminali ingordi e a imprese private senza scrupoli. Con l'evidente utilità - per la politica - di amalgamare un "blocco di potere" corrotto (dal professionista al "pregiudicato") che, in cambio del saccheggio di quelle risorse pubbliche, ha assicurato consenso accettando di vivere in un progressivo, inarrestabile degrado igienico-sanitario».... e del dilemma politico-giuridico della situazione oggi.
«L'esecutivo ha la convinzione, non campata per aria, che a Napoli e in Campania ci sia uno "stato d'eccezione" che legittima un "vuoto del diritto" e la sospensione delle norme perché le decisioni necessarie ad evitare la crisi non possono essere determinate più né dalle norme né dal diritto, ma soltanto dalla gravità dell'emergenza... Ci sono delle ragioni sufficienti per questa straordinarietà, è sciocco o irresponsabile negarlo. Le leggi e il diritto delimitano una condizione di normalità. Qui di "normale" non c'è più nulla. Se non si trovano, nei prossimi mesi, sei, sette capaci "buchi" dove stipare, quale che sia la sua pericolosità, tutta l'immondizia della regione non raccolta e quella che continua a produrre, ricorderemo a lungo l'estate del 2008 come la stagione di una catastrofe sanitaria molto poco europea».Ma anche Ernesto Galli Della Loggia, dalle pagine del Corriere, offre un'interessante riflessione, spiegando come il Sud abbia perso una grande occasione negli anni, ormai passati, in cui la questione meridionale aveva una centralità politica. Ma politici, intellettuali, semplici cittadini del Mezzogiorno hanno commesso - e molti commettono ancora oggi - l'errore capitale di confondere la statualità con lo statalismo, pretendendo come presenza dello Stato non il controllo del territorio e il rispetto della legalità, ma l'erogazione di fondi e assistenzialismo.
«Un regime democratico è portato sempre a credere che a risolvere ogni problema basti un'iniezione di denari; e ancora di più lo credono naturalmente i politici i quali quei soldi sono incaricati poi di spendere. Ma se il Mezzogiorno dimostra qualcosa è che i soldi, nel suo caso, non sono (non erano) affatto tutto: che contano forse anche di più la correttezza e la capacità amministrativa, la cultura civica, il senso della legalità e dello Stato, lo spirito d'iniziativa. Di tutto questo si convinse alla fine degli anni '80-inizio '90 l'opinione pubblica italiana. E decise perciò di smettere di rovesciare sul Sud il fiume di soldi che vi aveva rovesciato fino allora: in qualche modo di chiederne conto, anzi».Per decenni, conclude Galli Della Loggia, le classi dirigenti del Sud «hanno tratto proprio dalla centralità ideologico-culturale della questione meridionale l'essenza del proprio profilo e del proprio ruolo politico sulla scena nazionale», ma hanno dilapidato questa centralità. La via che andava intrapresa era quella della «richiesta, non di più soldi, ma di più Stato: non lo Stato keynesiano bensì quello del monopolio della forza da invocare, magari, contro la propria stessa società. Ma era difficile trovare qualcuno con il coraggio per una simile scommessa; e infatti non si è trovato».
1 comment:
"..imprudenza irresponsabile e inaccettabile, che potrebbe causare persino dei morti...
La chiami pure imprudenza: Lei è un diplomatico!!
Questo è tempismo inteso a far naufragare tutto il piano rifiuti ed a screditare, quindi, Berlusconi.
Giusto per fargli capire che non gli conviene separare carriere, rendere efficiente la Magistratura, ecc. ecc.
Io chiamerei l'iniziativa, "avviso".
Speriamo che il Presidente del Consiglio non molli ma titi diritto per la strada delle riforme.
Un saluto
Fort.ilcannocchiale.it
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