Angelo Panebianco non è certo sospettabile di statalismo. Ma statalismo e statualità sono due concetti profondamente diversi. E' il concetto di statualità, non di statalismo, che Panebianco difende nel suo editoriale di oggi sul Corriere, sostenendo che «quando la debolezza supera una certa soglia lo Stato debole si trasforma in uno "Stato fallito"», dove non possono attecchire né sopravvivere istituzioni democratiche, mentre in molti, in troppi, anche inconsapevolmente, sembrano al contrario credere che la democrazia si sposi meglio con uno «Stato debole», solo perché s'inchina dinanzi alle lobby e alle proteste, di pochi o di molti, più o meno legittime nelle forme.
La democrazia italiana, osserva Panebianco, «ha sempre convissuto con uno Stato relativamente debole. Non foss'altro per la sua incapacità di stabilire un effettivo monopolio della forza nei territori storicamente controllati dalla criminalità organizzata». La novità è che negli ultimi tempi inefficienza e localismi hanno ulteriormente minato la statualità, mentre lo statalismo si è andato accrescendo (un paradosso solo per chi non distingue i due concetti).
Anche la democrazia ha bisogno di uno Stato nel quale «ciò che non è negoziabile (le decisioni assunte da organi democraticamente eletti) viene imposto. Anche con la forza, quando occorre».
La maggioranza di coloro che difendono la «rivolta antidiscariche», o che si oppongono al reato di clandestinità (com'è noto, vigente in altre democrazie occidentali), è «composta da quelli che difendono l'attuale basso livello di statualità... persone (fra esse ci sono anche alcuni uomini di Chiesa) che ritengono un maggior controllo statale sul territorio incompatibile con la democrazia. Poiché la nostra è una tradizione di Stato debole molti pensano che solo uno Stato debole possa sposarsi con la democrazia. Costoro temono eventuali rafforzamenti del livello di statualità perché li interpretano tout court come manifestazioni di tendenze autoritarie in atto. Per la stessa ragione, essi ignorano o sottovalutano i segnali, accumulatisi negli ultimi anni, di cedimento strutturale del nostro sistema statuale. Talvolta, un eccesso di statualità può effettivamente innescare tendenze autoritarie e uccidere la democrazia. L'anarchia, però, è sempre in grado di produrre lo stesso risultato».
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