«Ripartizione delle risorse pubbliche fra le scuole in proporzione ai risultati conseguiti». Sembra un banale principio meritocratico, eppure nel nostro Paese non è ancora realtà. Questa enunciazione fa parte di un disegno di legge presentato nella scorsa legislatura da Mariastella Gelmini, oggi ministro dell'Istruzione. La cita oggi Francesco Giavazzi, sul Corriere della Sera, ricordando come il bene istruzione sia fondamentale per non subire da perdenti la globalizzazione. Ma per essere capace di fornire beni di qualità la scuola dev'essere fondata sul merito.
I disegni di legge presentati nella scorsa legislatura dalla Gelmini sono molto ambiziosi, alcuni più condivisibili di altri, ma nella sostanza vanno nella direzione giusta.
La valutazione dovrà essere obbligatoria per ciascuna scuola, e non a campione, come ha fatto Fioroni. Se al momento dell'iscrizione dei propri figli, le famiglie italiane potranno consultare classifiche affidabili delle varie scuole, già un primo, essenziale, embrione di concorrenza fra di esse sarà stato introdotto nel sistema.
Il buono scuola va sperimentato, ma vincolato alle spese scolastiche (retta o libri). Altre riforme indicate dalla Gelmini parlamentare, come l'«eliminazione di ogni automatismo nelle progressioni retributive e di carriera» degli insegnanti, la «chiamata nominativa» e la possibilità per i presidi di «stipulare contratti privati», possono funzionare solo se la valutazione dei risultati didattici avrà effetti concreti - positivi o negativi a seconda dei casi - su ciascuna scuola, sui suoi dirigenti e sul suo corpo docente. Allora sì, se la scuola rischia di chiudere e tutti rischiano il posto, la «chiamata nominativa» e i «contratti privati» saranno strumenti con i quali orientare le assunzioni verso criteri di merito.
Un altro ministro del nuovo governo che si prepara ad una dura battaglia per il merito e l'efficienza è Renato Brunetta, alla Funzione Pubblica, che promette lotta dura contro i fannulloni nella Pubblica amministrazione, dicendosi pronto a ricorrere a una soluzione già a disposizione: il licenziamento.
4 comments:
La meritocrazia ci deve essere! Chi lavora bene e tanto (nella scuola, nella PA, dovunque) deve ricevere incentivi; i fannulloni devono essere licenziati!
Al di là dello sciocchezzaio che si legge in tanti commenti ed editoriali sui giornali di questi giorni (spesso assai lontano dalla realtà quotidiana delle persone normali) si avverte che c'è un'aria forte di cambiamento. Finalmente!
Lavoro nella scuola da un po' e alcune cose mi lasciano perplessa: come si fa a valutare merito ed efficacia di una scuola? Se intendono dal numero dei promossi, stiamo freschi: promuovere tutti per arraffare gli incentivi.
Se davvero si volesse predisporre una indagine sistematica in ogni scuola (con quel che costa in termini di personale) per verificare il reale livello di conoscenze e competenze raggiunte dagli studenti, ora come ora dovrebbero licenziarci tutti. Sappiamo bene che da anni abbiamo applicato il primo criterio.
L'altra cosa che mi chiedo è come si valuta la produttività del docente? Se col solito sistema dei duecento progetti strampalati pur di non far lezione, siamo punto e daccapo.
Tutto questo sarebbe sacrosanto, se la meritocrazia si potesse applicare davvero, vale a dire con la possibilità di lavorare in piccoli gruppi classe (io ho insegnato in una quarta di 31 alunni per due ore settimanali... provateci voi a seguire tutti in modo puntuale e professionale!)
Infine, l'idea che siano i presidi a gestire i contratti non mi piace per nulla: quasi nessun dirigente fra quelli con cui ho lavorato ha dimostrato professionalità, competenza e correttezza. La mia sensazione è di aver trovato ex insegnanti livorosi e stanchi, che finalmente si sono seduti comodi sulla loro fettina di potere.
La scuola pubblica è statale e non può essere equiparata al sistema manageriale delle aziende: quali saranno i criteri di merito in base a cui riconfermare o meno un contratto? Questa è la cosa che più mi preoccupa.
eh già, bella parola la meritocrazia, ma è prima necessario mettere a punto dei metri per misurarla. spero inoltre che la 'concorrenza' tra scuole sia solo fra scuole pubbliche, e non tra pubbliche e private.
significherebbe una grande divisione tra chi ha le possibilità economiche e chi no.
brunetta dovrebbe spiegarci se, secondo lui, lo sfacelo in cui stiamo messi oggi dipenda solo dai lavoratori dipendenti e non anche dagli industriali che si son fatti i soldi con i prestiti statali senza poi reinvestire gli utili.
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