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Wednesday, May 21, 2008

Libano, test iraniano sulla fermezza dell'Occidente

Ancora 24 ore di tempo sono state concesse ieri alle forze politiche libanesi per trovare un'intesa. Proseguono anche oggi, quindi, i negoziati in corso a Doha tra la maggioranza parlamentare anti-siriana e l'opposizione guidata da Hezbollah. «Una delle parti ha chiesto più tempo per esaminare alcune proposte e il comitato della Lega araba ha concesso una proroga fino a domani (oggi, n.d.r.)», ha riferito il ministro qatariota per le Relazioni estere, rivelando anche che i mediatori arabi guidati dal primo ministro del Qatar, Sheikh Hamad bin Jassem al-Thani, hanno avanzato due nuove proposte, ritenute le «soluzioni migliori». «Si spera» che possano colmare il divario tra le parti, le quali però sembrano parlare di cose diverse.

Le trattative sono bloccate sulle modifiche alla legge elettorale, in particolare su come ridisegnare le circoscrizioni a Beirut. Un tema cruciale, perché influenzerà in modo significativo l'esito delle elezioni parlamentari del 2009. Hezbollah si rifiuta di chiudere qualsiasi accordo sulle altre questioni prima che sia sciolto il nodo della legge elettorale.

Per quanto riguarda la formazione di un nuovo governo, di unità nazionale, Hezbollah rivendica per sé un vero e proprio potere di veto sui provvedimenti dell'esecutivo, il che vuol dire almeno 11 ministri. La prima ipotesi di compromesso avanzata dal primo ministro qatariota – un governo di 30 ministri, 13 alla coalizione di governo, 10 all'opposizione e 7 scelti dal nuovo presidente – è stata rispedita al mittente da Hezbollah, che insiste per una composizione che registri a livello politico i nuovi equilibri di forza a suo favore determinati sul terreno dall'esito della crisi della settimana scorsa. I mediatori avrebbero dunque avanzato una ulteriore proposta, che assegnerebbe 16 ministeri alla maggioranza, gli 11 richiesti all'opposizione e 3 a candidati scelti dal futuro presidente. Ma in cambio l'opposizione dovrebbe accettare le modifiche alla legge elettorale proposte dai partiti della maggioranza. «Vogliono condividere il governo con noi per 11 mesi e prendersi governo e presidenza per i prossimi 4 anni», ha protestato Michel Aoun, leader dei cristiani maroniti alleati di Hezbollah.

I due provvedimenti del governo Siniora che hanno innescato la crisi erano forse i primi passi per il disarmo di Hezbollah, in accordo con le risoluzioni dell'Onu, che però il gruppo sciita ha sempre rigettato, minacciando di combattere contro chiunque avesse tentato di disarmarlo. Con la revoca delle decisioni del governo Hezbollah ha dimostrato di poter imporre la sua volontà con la forza. Per quanto riguarda il movimento sciita, ci sono due vie d'uscita dalla crisi: un governo dominato da Hezbollah, che gli altri partiti non accetteranno mai; o l'accettazione di Hezbollah come "uno stato nello stato" libanese. L'ex presidente iraniano Khatami, che molti chiamano "riformista", ha chiarito che «non ci sarà mai Libano senza Hezbollah».

Negli ultimi tre anni, ricorda l'analista Amir Taheri, «Washington ha indicato il Libano come esempio della democratizzazione nella regione, ma ora sembra che l'Iran abbia deciso di dimostrare che il Libano fa parte della sua sfera d'influenza nella più ampia guerra contro gli Stati Uniti e Israele». Secondo Taheri, Teheran ha voluto il "coup de force" a Beirut «per testare la determinazione americana», nel momento in cui la presidenza Bush si avvia al termine. La «debole» risposta Usa e la «veloce resa» del governo Siniora «potrebbero aver mandato un segnale sbagliato» a Teheran, convincendo forse gli iraniani a lanciare nei prossimi mesi una sfida diretta per prendere il controllo del Libano, con gli Usa sotto elezioni.

Ciò obbligherebbe le altre comunità libanesi ad opporsi con la forza, trovando certamente alleati tra i Paesi arabi che vedono come una minaccia le ambizioni egemoniche iraniane. Quindi, conclude Taheri, Hezbollah «potrebbe trovarsi a pagare un prezzo strategico per la sua vittoria tattica. Mentre nel 2006 era visto dai Paesi arabi come un campione nella lotta contro Israele, oggi è visto come una pedina di Teheran per il dominio del Medio Oriente».

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