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Wednesday, May 28, 2008

Iran e Afghanistan, Frattini porta l'Italia nella giusta direzione

Abbiamo rimproverato al ministro Frattini la stessa distinzione del suo predecessore, D'Alema, tra Hezbollah partito politico e le sue milizie armate. Frattini non ha aderito formalmente, per l'incarico istituzionale che ricopre, all'appello lanciato dal Riformista in occasione dell'arrivo a Roma, per un vertice Fao, del presidente iraniano Ahmadinejad, ma ha espresso la sua «convinta condivisione politica» dei tre punti: no all'ingerenza iraniana negli affari interni degli stati del Vicino Oriente e al sostegno alle attività di gruppi armati; no al programma nucleare a fini bellici; ripudio di qualsiasi negazione della Shoah e del diritto all'esistenza dello Stato d'Israele. Tre punti che il senatore radicale Perduca ritiene «difficili» da sottoscrivere.

Una «condivisione» informale, ma «convinta» e «politica», che è comunque positivamente irrituale per un ministro degli Esteri. Non ricordiamo "adesioni" simili, oltre alla presa di posizione di Gianfranco Fini, anch'egli da ministro degli Esteri, sempre contro Ahmadinejad e in difesa di Israele, in occasione di una manifestazione promossa da Il Foglio.

Abbiamo criticato Frattini anche quando ha rivelato al Financial Times di non avere intenzione di incontrare il Dalai Lama per non irritare gli «amici cinesi», ma apprezziamo il fatto che abbia escluso qualsiasi incontro tra il premier Berlusconi e il presidente Ahmadinejad, che sarà a Roma dal 3 al 5 giugno per il vertice Fao. Una decisione nient'affatto scontata, vista l'insistenza con la quale gli iraniani stanno cercando di procurare ad Ahmadinejad una passerella romana ricca di photo opportunity in grado di restituire, anche sul fronte interno, l'immagine di un leader pienamente accettato in Occidente.

Proprio ora che l'Italia sta cercando di entrare a far parte del 5 + 1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu + la Germania che intrattengono il dialogo con Teheran sul dossier nucleare), i rapporti con l'Iran entrano in una fase di delicatezza che avrebbe potuto suggerire alla nostra diplomazia di organizzare un cordiale e breve incontro tra i due presidenti, tanto per attenuare le tensioni con qualche sorriso. Non sarà così. La richiesta di un incontro con il presidente del Consiglio c'è stata, ma la Farnesina ha risposto negativamente. Escluso anche un incontro tra lo stesso Frattini e il ministro degli Esteri iraniano Mottaki, mentre rimangono da scongiurare una possibile stretta di mano tra Ahmadinejad e il presidente Napolitano e un incontro con Papa Ratzinger, che sarebbe davvero molto imbarazzante per il Pontefice.

Ci aspettiamo, come Emanuele Ottolenghi, che nemmeno il neoeletto sindaco di Roma apra le porte della città a un incontro ufficiale con Ahmadinejad e che magari prenda l'iniziativa di ribattezzare la strada dove si trova l'ambasciata iraniana con il nome di Nikou-Nesbati, un dissidente iraniano incarcerato.

Nel chiedere che l'Italia faccia parte del 5 + 1, Frattini ha speso confortanti parole di fermezza nei confronti delle ambizioni nucleari iraniane, schierandosi a favore di ulteriori sanzioni nonostante da Teheran in questi giorni siano giunti segnali di velata minaccia. «Ci aspettiamo scelte logiche dai paesi europei, e specialmente da amici come l'Italia», ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Mohammad Ali Hosseini, che già la settimana scorsa, registrando la svolta "rigorista" di Frattini, aveva raccomandato all'Italia di «non farsi influenzare da altri governi» e di assumere una posizione «più realistica» che non comprometta l'amicizia tra i due Paesi.

Ma Frattini non si è fatto intimidire, si sta muovendo bene sulla questione iraniana, mostrando che l'Italia vuole entrare nel gruppo dei 5 + 1 non in ragione di quanto sia in grado di blandire Teheran, ma assumendo una posizione di maggiore fermezza più in linea, in particolare, con le posizioni di Parigi, Londra e Washington.

Anche sull'altra delicatissima questione di politica estera, la missione in Afghanistan, il governo sta sensibilmente e progressivamente modificando la posizione dell'Italia. Rispondendo finalmente in modo positivo, nella sostanza, agli inviti reiterati dalla Nato, che ci ha subito riconosciuto di dare il «buon esempio», il governo italiano assicura maggiore «flessibilità geografica», caveat e regole di ingaggio più flessibili, in modo che i nostri soldati possano partecipare «temporaneamente» a operazioni militari nel sud dell'Afghanistan, in appoggio ad americani, britannici, canadesi e olandesi. Lo scopo dal punto di vista politico è «allineare l'Italia agli altri grandi partner della Nato», per non farsi scavalcare dalla Francia, che all'ultimo vertice dell'Alleanza ha promesso mille soldati in più, e svolgere un ruolo «al pari dei canadesi».

1 comment:

Anonymous said...

evvai!!

armiamoci e partite