Pagine

Friday, May 16, 2008

Rom: questione di legalità, oltre le ipocrisie e i falsi miti

La situazione a Napoli è indubbiamente degenerata, ma se la prima pulsione dei giornali e dei politici fosse quella di comprendere, prima di giudicare, sarebbe loro evidente che la camorra si è sostituita con successo allo stato laddove questo ha fallito, in uno di quei pochi compiti che ne giustificano l'esistenza. In soli due giorni, certo con i suoi metodi "sbrigativi" che uno stato di diritto non può condividere né tollerare, ha liberato Ponticelli dai campi rom. E' ciò che la popolazione chiedeva da anni. Perché se qualcuno ti entra in casa e cerca di portarti via i tuoi i figli, allora è ragionevole che l'esasperazione prevalga.

Ciò che voglio dire è che se osserviamo laicamente la realtà delle cose, il cittadino di Ponticelli, che non è un ideologo e non ha dello stato una concezione idealistica, riporrà la sua lealtà e le sue risorse economiche nell'organizzazione - non importa se privata o statale - più capace di garantire la sua sicurezza. E in questo caso serve a poco scandalizzarsi, la camorra è stata più efficiente dello stato. Chi lo guida dovrebbe cominciare a non darlo per scontato. Anche lo stato, se non vuole che organizzazioni di privati cittadini più o meno raccomandabili gli contendano il territorio a loro modo, deve guadagnarsi la propria autorità e la propria legittimità sul campo, giorno per giorno.

L'esplosione di intolleranza nei confronti dei rom è il risultato di almeno un decennio di totale indifferenza delle autorità politiche locali e nazionali e delle forze dell'ordine. Da oltre un decennio è mutato il tipo di microcriminalità che suscita maggiore allarme sociale nei cittadini: non è più lo scippo del tossicodipendente, per fare un esempio, come negli anni '80 e all'inizio dei '90, ma sono le rapine in strada e in abitazione, le aggressioni spesso particolarmente brutali, ad opera di individui che appartengono ad alcune specifiche comunità straniere.

E anche qui assistiamo a una fiera di ipocrisie e luoghi comuni sociologici. Bisognerebbe riflettere bene prima di gridare al razzismo o alla xenofobia. I cittadini, intellettualmente più onesti delle istituzioni pur con minori strumenti, avvertono che il pericolo non viene dai miti filippini, ma dai rumeni e dai rom oggi, come dagli albanesi ieri. Non viene dalle donne rumene, badanti in molte famiglie italiane, ma dagli uomini. Discriminazione razziale? Sessuale? No, semplicemente la realtà che i cittadini hanno di fronte agli occhi tutti i giorni.

Chi non passeggia per le grandi città circondato da 5-6 uomini di scorta, chi non viaggia su un'auto blu, chi non sta rinchiuso nelle comode sedi delle istituzioni, dei partiti, o delle redazioni, chi magari vive in periferia e prende la metropolitana, sa benissimo, perché fa parte del suo vissuto quotidiano, che i rom si sostentano quasi esclusivamente con il furto e l'accattonaggio minorile e vivono nella totale illegalità, a cominciare da baracche abusive e auto senza targa e senza assicurazione, per continuare con maltrattamenti e condizioni di semi-schiavitù che riguardano donne e bambini. Si tratta di un sistema di sostentamento generalizzato, che smentisce quanti meccanicamente ogni volta ammoniscono di non fare di tutta l'erba un fascio. Entrino nei campi rom e verifichino di persona quanti hanno un regolare lavoro e quanti i documenti in regola.

I campi rom sono enclave dove la legalità dello stato non entra, ma si dà il caso che da quei campi ogni mattina escono migliaia di uomini, donne e bambini pronti a derubare le classi medie e più umili della nostra società di ciò che si sono guadagnati con il sudore della fronte. Storici, antropologi e professori vari indaghino pure la cosiddetta "cultura rom", altra vulgata che va per la maggiore, se credono che i rom nelle nostre città ne siano i legittimi rappresentanti, ma in tutto questo non c'è nulla che valga la pena di essere preservato e tutelato. Se ne facciano una ragione: violini e pentole di rame non sanno più nemmeno cosa siano. I cittadini non ne possono più di dover sopportare l'illegalità altrui in nome di una pretesa "cultura" che nella loro realtà quotidiana si caratterizza per furto e violenza.

La maggioranza di governo farebbe bene a ricordarlo al presidente Napolitano: dialogo e rispetto delle istituzioni non significano potere d'interdizione da parte del Quirinale. Ci si mettono anche preti, vescovi e cardinali a predicare la carità cristiana a spese dei cittadini. Perché non aprono loro per primi, dando il buon esempio, le loro residenze vescovili e le porte delle basiliche?

Dubito, d'altra parte, che siano necessarie ulteriori risorse finanziarie, o l'assunzione di più uomini per le forze dell'ordine, altro ritornello buono per tutte le stagioni. A ben vedere non ne siamo più sprovvisti degli altri grandi Paesi europei. Né servono nuove e più severe leggi, semmai magistrati che lavorino scrupolosamente e una diversa gestione delle forze dell'ordine, che dovrebbero scontrarsi fisicamente con l'illegalità diffusa sul territorio e non limitarsi a prendere atto dei reati quando ormai sono compiuti.

Una testimonianza apparsa giorni fa sul Corriere mostra tutti limiti della legge Bossi-Fini. E' impensabile che lo stato sia in grado a tavolino di pianificare, nel cosiddetto "decreto flussi", il numero di permessi da rilasciare. Non dovrebbe esserci alcun tetto. Chi dimostra di avere un lavoro, ha un permesso di soggiorno. Altrimenti, finisce che a rimetterci sono onesti lavoratori, come nel caso riportato di Irina.

6 comments:

Anonymous said...

Le critiche dalla Spagna sono inaccettabili oltre che ridicole.
Nel 2005, a Ceuta, la guardia civil spagnola uccise 5 immigrati che tentavano di scavalcare la barriera che divide Ceuta (enclave spagnola in territorio marocchino) dal Marocco.
Senza contare gli oltre 100 feriti...
E vengono a guardare in casa nostra, a lanciare accuse di razzismo!
Ma per piacere!

Anonymous said...

mi occupo di immigrazione e a mio modesto avviso il problema è più complesso di quello che può apparire.

in primo luogo bisogna rilevare come la legge bossi-fini non è mai stata applicata.
Nello specifico mi riferisco proprio al cosiddetto decreto flussi.
a mia memoria le prime quote riguardavano il 2005.
la domanda doveva essere presentata su un normale foglio, liberamente reperibile presso la direzione provinciale del lavoro.
Questi flussi, non so per quale motivo, videro un numero limitato di domande, tant'è che nella mia esperienza non ricordo nessun cittadino o datore di lavoro che le abbia effettuate.
successivamente nel corso dell'anno 2006 (marzo) il governo predispose nuove modalità di presentazione, tramite i famosi kit da inoltrere per posta.
per legge il criterio di scelta venne individuato nell'orario di invio.
inspiegabilmente si diffuse la notizia che tramite tale domanda si attuava una nuova regolarizzazione.
molte persone fecero incetta di moduli rivendendoli a prezzi assurdi.
il giorno della presentazione si videro lunghissime code agli uffici postali e, successivamente, si osservò che a foronte di 170.000posti vennero presentate 350.000 domande.
ad aprile si insedia il nuovo governo, il quale in questa situazione decide che tutte le domande astrattamente accoglibili verranno accettate, eliminando di fatto la quota di 170.000 ingressi.
tale decisione veniva assunta sul presupposto che tutte le domande afferissero a cittadini già presenti sul territorio.
ciò portò all'ingorgo degli uffici, tanto che ad oggi non sono ancora state smaltite tutte le pratiche.
a fronte di tale situazione vi era l'obbligo di emanare il decreto quote anche per il 2007; decreto emesso a novembre sempre per 170.000 posti.
la presentazione doveva farsi tramite internet; il criterio per la formazione della graduatoria veniva nuovament indicato nella data e nell'orario di invio.
qui cominciano i problemi: all'apertura della procedura il cmputer del ministero si imballa, non reggendo la mole di lavoro.
a fronte di una richiesta inoltrata alle 8:00, inspiegabilmente si ha la registrazione anche a distanza di ore (con ovvi problemi in merito alla formazione di una corretta graduatoria).
in totale il numero di damande è stato 670.000.

p.s. tutte le domande che ho aiutato a presentare e le pratiche che ho seguito successivmante riguardano cittadini non presenti sul territorio nazionale.

p.p.s. per ottenere una colf con il decreto flussi 2006 era sufficiente avere un reddito imponibile di 15.000 € ...

Nessie said...

Sono d'accordo su tutta la linea di questo post.
Le forze politiche del "buonismo malvagio" (io lo definisco con un ossimoro) non si vogliono rendere conto che l'immigrazionismo selvaggio, la libera circolazione dei cosiddetti "comunitari" di Schengen che però non si integrano per antica cultura ed etnia, la pagano i ceti più popolari e meno abbienti (operai, pensionati, anziani, donne, bambini). Oltre a costituire zone di degrado urbano(con topi, discariche, rifiuti d'ogni tipo e liquami) che uccidono la bellezza dei nostri capoluoghi.
La Caritas (spesso in odore di illegalità per favorire limmigrazione clandestina) dovrebbe vergognarsi, la Cei, pure. I Tettamanzi e i don Colmegna anche. Ma anche alcuni esponenti delle comunità ebraiche della Milano chic che si fanno scattare immediatamente il riflesso pavolviano del triangolo nero di Hitler nei campi di concentramento(vedi Reibman, Gad Lerner ecc.).Che ci diano indicazioni concrete e operative tutti, invece di giocare al giuoco delle ideologie "intoccabili" e allo scaricabarile.

Anonymous said...

quoto il tuo post.

Se lo stato non garantisce neppure la sicurezza...

i poliziotti ci sono, ma spesso sono male utilizzati; ed anche i migliori sono soprattutto sfiduciati; attenzione a non favorire col lassismo della magistratura la degenerazione del giustizialismo privato.

Anonymous said...

Tzuni ma tu ce l'hai la colf?
Oppure c'hai il bell'indianino che ti sciacquetta... il pavimento hi hi hi!!!!

Anonymous said...

vorrei aggiungere ancora alcuni rilievi:
1) l'aumento esponenziale delle domande per l'anno 2007 è sicuramente legato a quanto accaduto nel 2006.
invero, la presentazione della richiesta veniva effettuata nel presupposto che tutte saranno accolte.
ciò ha sicuramente invogliato un fenomeno - presente, a quanto riferitomi, sin dalla regolarizzazione del 1998 - del finto datore di lavoro.
ovvero, un soggetto che, dietro congrua retribuzione, si impegna a presentare la domanda e successivamente a sottoscrivere il contratto di soggiorno sul presupposto che l'attività lavorativa non verrà mai eseguita.
invero, l'aver concesso la possibilità di ottenere una colf semplicemente con un reddito imponibile così basso, ha esteso a dismisura la schiera dei potenziali datori di lavoro.
in particolare, si registrano casi di soggetti, spesso extracomunitari, che richiedono un lavoratore domestico (nella maggior parte dei casi uomo).
2) l'invio telematico della domanda costituisce una velocizzazione della procedura (in tal modo infatti l'amministrazione può già disporre di dati elettronici già inseriti nel sistema, evitando il farragginoso procedimento di lettura ottica - da cui i famosi kit - realizzato per il 2006).
questa procedura però mostra il fianco della sostenibilità da parte del sistema elettronico della mole di lavoro (che alla prova pratica non ha retto) e nel principio di base sulla formazione della graduatroria.
in particolare la procedura ha legato la formazione della graduatoria all'orario di invio della domanda utilizzando un sistema che registra solo l'orario di arrivo della stessa...

posti questi dati, osservo che non è possibile di fatto discutere in merito al successo o meno del sistema delle quote di ingresso tramite flussi.
invero lo spirito della legge prevederebbe la massima celerità trà l'invio della richiesta e l'accoglimento della stessa.
orbene, più di due anni (marzo 2006 - maggio 2008) per l'esaurimento delle domande e, di fatto, la sospensione sine die per le quote 2007 per incapacità nella formazione della graduatoria, dimostrano senza ombra di dubbio il mancato rispetto di tale principio.

in ultimo, che il problema afferisca esclusivamente al numero delle domande è dimostrato dalla celerità con cui il sistema gestisce i permessi di soggiorno per motivi stagionali.
questi ultimi sono soggetti alle stesse modalità di invio e di gestione della domanda, ma attese alcune particolarità del permesso di soggiorno in questione, non sono molto ambiti; da qui il limitato numero di domande che consente la loro rapida gestione.