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Thursday, September 25, 2008

I problemi del piano Paulson

Dopo aver messo i puntini sulle "i" riguardo le colpe della crisi, da attribuire soprattutto a sbagliate politiche pubbliche, il Wall Street Journal schiera R. Glenn Hubbard, Hal Scott e Luigi Zingales come critici del piano Tesoro-Fed-Congresso per soccorrere il sistema finanziario americano. Nell'editoriale di ieri evidenziano tre problemi.

Primo, come quantificare il prezzo degli asset che il governo dovrebbe acquistare. L'informazione sul valore di questi titoli è «asimmetrica», cioè gli attuali possessori ne sanno di più del Tesoro, che probabilmente li pagherà troppo. Non basta una settimana per raccogliere le informazioni necessarie a quantificare il prezzo giusto.

Secondo: è preferibile che il Tesoro acquisti gli asset o direttamente gli istituti? E nel primo caso, «perché mai le perdite (soprattutto di quegli istutiti non insolventi) dovrebbero essere ripianate dai contribuenti e non dagli azionisti e dai debitori?». Si pone quindi il problema di «elaborare una procedura di acquisto degli asset trasparente, che eviti arbitrarietà e favoritismi». Di non facile soluzione, visto che non c'è precedente nella storia americana di un tale acquisto di asset negativi.

Terzo e ultimo problema: i «costi dell'inazione per l'economia americana sono grandi», così come lo sarebbero i costi fiscali. Tuttavia, i costi fiscali dell'azione sono «sostanziali»: 700 miliardi di dollari, se non addirittura oltre 1.000 miliardi. «Un piano efficiente potrebbe ridurre i costi a carico dei contribuenti». I medesimi obiettivi indicati da Paulson possono essere conseguiti a costi più contenuti. «I funzionari eletti dovrebbero agire rapidamente, ma con attenzione», concludono i tre economisti.

Ma c'è anche chi sostiene, come Andy Kessler, che Mr. Paulson con questa operazione ci farà un sacco di soldi e alla fine le casse dello stato (e i contribuenti) ci guadagneranno non poco. Come? Con la classica operazione finanziaria: comprare a poco scommettendo che i titoli salgano. Per questo, appunto, la definizione del prezzo d'acquisto è determinante. Se è troppo basso, non servirà a dare stabilità al sistema, ma se è troppo alto il Tesoro rischia di perderci anche a lungo termine.

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