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Friday, September 12, 2008

Le radici dell'odio

Un'altra delle polemiche stucchevoli che ogni tanto riaffiora riguarda Sofri e l'omicidio Calabresi. E' lo stesso Sofri questa volta a riaccenderla dalla sua rubrica Piccola Posta, su Il Foglio di ieri. Un articolo sorprendente, nel quale Sofri scrive che «l'omicidio di Calabresi fu l'azione di qualcuno che, disperando della giustizia pubblica e confidando sul sentimento proprio, volle vendicare le vittime di una violenza torbida e cieca». Certo, fu «un atto terribile», ma «questo non significa, non certo ai miei occhi e ancora oggi, che i suoi autori fossero persone malvagie». Sofri fornisce agli assassini di Calabresi se non una giustificazione almeno un'attenuante: «Erano mossi dallo sdegno e dalla commozione per le vittime». L'ossimoro di una pietas assassina. Per vittime intende i morti della strage di piazza Fontana e l'anarchico Pinelli, da attribuire al «terrorismo di Stato».

Perecchie volte in passato Sofri, pur dichiarandosi innocente, ha preso le distanze dalla campagna di odio che con il suo giornale avevano orchestrato contro il commissario Calabresi. Ma ieri, parlando delle «vittime» vendicate con la morte di Calabresi, è tornato a indicare esplicitamente nel commissario «un attore di primo piano di quella ostinata premeditazione», cioè il principale responsabile della strage di piazza Fontana, dell'incriminazione di anarchici innocenti e della morte di Pinelli. Scrive oggi Michele Brambilla su il Giornale:
«Tutte follie, specie se si considera che Calabresi non era a quei tempi che un giovane commissario lontanissimo dalle stanze del potere. Tutte accuse riportate senza lo straccio di una prova, accuse da cui Calabresi non può difendersi perché da quasi quarant'anni è sotto terra, e c'è - non dimentichiamolo - perché ce lo hanno mandato coloro che hanno creduto alle menzogne di Lotta Continua».
Ma il fatto più rilevante è che Sofri, credo per la prima volta, fa capire di sapere chi ha ucciso il commissario Calabresi. Lui si è sempre professato innocente. Gli si può credere o no, ma leggendo il suo articolo di ieri si ha la netta sensazione che l'abbia scritto con dei nomi in mente. Nomi di persone che deve conoscere a tal punto da ritenere che non siano «malvagie».

E Michele Brambilla, oggi, sottolinea una frase in particolare dell'articolo di Sofri, densa di significato: «Io personalmente ebbi in Lc un ruolo che mi costringeva e mi costringe a una responsabilità verso la sua storia intera, anche quando la mia responsabilità personale fu nulla, e così quella penale». Alla luce di queste parole, Brambilla tira le sue conclusioni:
«E' possibile, possibilissimo che Sofri sia innocente. Però sa che a uccidere Calabresi sono stati alcuni figli suoi, o meglio figli della sua creatura, Lotta Continua, e li ha voluti coprire fino all'ultimo... Non ho prove, ma credo che Sofri abbia preferito il martirio personale al racconto della verità. Meglio sprofondare con gli amici che far la figura del delatore; meglio stare in carcere da innocente che distruggere la creatura che fu ed è tuttora il senso della sua vita. Anche qui non ho prove: ma ho l'impressione che l'articolo sul Foglio sia, per chi sa e capisce, rivelatore, con quella inedita ammissione sulla paternità dell'omicidio da parte di estremisti di sinistra (tratteggiati da Sofri con indulgenza e affetto) e con quella rivendicazione di responsabilità totale per ciò che uscì da Lotta Continua ("anche quando la mia responsabilità personale fu nulla e così quella penale")».
Se fosse come azzarda Brambilla, e l'articolo di ieri di Sofri induce davvero a pensare che possa essere andata così, siamo di fronte a qualcosa di tremendo, di agghiacciante, che lo stesso Brambilla definisce in modo lucido:
«In questo immolarsi di Sofri non c'è nulla di eroico, né di nobile. C'è un ego smisurato, una concezione totalmente autoreferenziale della morale. C'è un malinteso senso di onestà verso gli amici, c'è la convinzione che le colpe non vadano espiate consegnandosi a uno Stato che si ritiene almeno egualmente colpevole. Se Sofri, come sospetto, è innocente ma non racconta ciò che sa, il suo è un grave peccato di orgoglio. È anche un peccato contro la verità - di cui la famiglia Calabresi innanzitutto avrebbe diritto - non meno grave, a questo punto, di un omicidio di tanti anni fa».
Se così stanno le cose, in questo "romanzo criminale" Sofri fa la parte del componente della banda che è stato "pizzicato" ma che tiene la bocca chiusa, perché sa che parlare servirebbe soltanto a condannare i suoi complici, ma non potrebbe salvare se stesso.

Chi mi legge sa che sono stato un convinto sostenitore della grazia a Sofri. Lo sono stato. Al di là della vicenda processuale e della sua colpevolezza, fino a ieri da ciò che scriveva mi sembrava davvero un'"altra" persona, e la funzione della pena compiuta. Non posso dire altrettanto oggi. Questa storia purtroppo dimostra che le radici dell'odio non si estirpano e che probabilmente avevo torto e aveva ragione chi diceva che per venire graziato Sofri avrebbe dovuto raccontare la verità a quello Stato democratico cui evidentemente ancora non riconosce legittimità.

9 comments:

Anonymous said...

Non comprendo bene la frase: "io fui un sostenitore della grazia per Sofri". A me risulta che Sofri si rifiutò sempre di chiedere la grazia, e tecnicamenteessa va richiesta per poter essere concessa. QUesto al di là delle opinioni. La mia è che è un farabutto e dovrebbe stare in galera, per davvero però.

Giancarlo said...

"avevo torto e aveva ragione chi diceva che per venire graziato Sofri avrebbe dovuto raccontare la verità a quello Stato democratico cui evidentemente ancora non riconosce legittimità"
Cioè Sofri stava bene in galera finchè non accusava altri: piccoli Di Pietro crescono.....

Anonymous said...

La grazia è un atto che va al di là del merito della vicenda, di cui si assume pienamente l'onore e l'onere il capo dello stato.
La grazia a Sofri va data per un processo condotto da stato del terzo mondo, non in cambio di delazioni: se Sofri ha taciuto informazioni può essere accusato di quello e, quantomeno, può essere additato come un connivente. Ma pensare di legare la grazia a quanto uno abbia o no da dire fa il paio con la carcerazione a scopo di estorcere una confessione.
Brutta piega

Anonymous said...

Sicuramente Michela Brambilla mostra di essere una buona spanna sopra gente come Mughini e di non credere alla grottesca testimonianza di Marino. Però si tratta di una semplice ipotesi: le considerazioni di Sofri potrebbero semplicemente riferirsi all'idea che lui si è fatto dell'assassino. Nulla nell'articolo induce a pensare che sappia chi è stato.

Ammettiamo anche che la Brambilla abbia ragione, non capisco perché tu parli di "banda" e di "complici", cosa che la Brambilla non fa. Sarebbe semplicemente il conflitto tra la morale personale e la morale sociale, come nella canzone "Il pescatore" di De Andrè. Se si sa che un proprio amico ha commesso un delitto non è facile denunciarlo.

Anonymous said...

Mildareveno, "il" Brambilla, perché di nome fa Michele e non Michela :)

Anonymous said...

Ahahahah, hai ragione Anonimo.

Il Brambilla scrive:

"Leonardo Marino, il pentito che ha dato origine al processo, non ha mai detto che fu Sofri a ordinargli di uccidere Calabresi. Ha detto che fu Pietrostefani, e che tutto fu organizzato a Milano. Solo due giorni prima del delitto Marino, secondo il suo racconto, volle una conferma da Sofri, e andò a cercarla in un improbabile colloquio a Pisa, nella ressa di un comizio. Quel colloquio resta il vero punto debole della confessione di Marino."

Brambilla però dimentica che Marino ha dichiarato che anche Pietrostefani era a Pisa. Disgraziatamente per la credibilità di Marino, è stato accertato che Pietrostefani a Pisa non c'era, e dunque è stato costretto a levarlo dalla scena. Dunque di "veri punti deboli" ce n'è più di uno.

Anonymous said...

Dal famigerato comunicato che Sofri scrisse nel '72 emerge un'immagine (implicita) degli assassini molto simile a quella dell'articolo. Sofri pensava già allora che ad uccidere Calabresi sia stato qualcuno che ha voluto vendicare Pinelli. Nell'articolo prova a figurarsi i sentimenti che avrebbero mosso gli assassini. Un po' poco per pensare che sappia chi sono.

Anonymous said...

Perchè dovremmo graziare uno che pensa che in fondo Calabresi se l'è andata a cercare ? Io lo ributterei in galera.

Anonymous said...

Perché è stato condannato senza prove.