Una notizia che avrebbe avuto senz'altro l'attenzione che merita, se in questi giorni la crisi finanziaria non avesse monopolizzato le prime pagine: la Cina ha annullato o sospeso numerosi contatti militari con gli Stati Uniti in reazione a una fornitura militare statunitense a Taiwan del valore di circa 6,5 miliardi di dollari. Cancellate o rinviate visite ad alto livello e scambi commerciali legati agli aiuti umanitari, fissati per la fine di novembre. La fornitura militare a Taiwan butta al vento anni di lavoro per costruire un rapporto di fiducia tra Cina e Stati Uniti sul piano militare, minaccia la sicurezza della Cina e ignora il diritto internazionale, ha protestato il ministro degli Esteri cinese.
Bisogna considerare che la Cina tiene puntati su Taiwan i suoi missili e che in realtà, diversamente da altre volte, le armi del pacchetto sono volte a migliorare le capacità di difesa dell'isola senza alterare gli equilibri strategici nella regione. Inoltre, il nuovo presidente di Taiwan, Ma Ying-Jeou, ha mostrato di voler perseguire una politica di progressivo riavvicinamento a Pechino, a cominciare dai rapporti economici e commerciali.
Eppure, la Cina questa volta eccepisce. Segno che i rapporti di forza tra Pechino e Washington nella regione stanno progressivamente mutando a favore dei cinesi, che sentono di avere sufficiente peso politico per poter esercitare pressioni su Washington.
L'amministrazione Bush ha proseguito negli sforzi delle amministrazioni precenti per integrare la Cina nel sistema internazionale, ma si è anche mossa per preparare l'America a fronteggiare quella che appare una potenza rivale, se non ancora nemica: rafforzando la cooperazione economica e militare con alcuni importanti stati asiatici, tra cui Giappone, India e Vietnam (ultimo atto la recente ratifica da parte del Congresso di un accordo di cooperazione nucleare con l'India); diminuendo la sua presenza militare in Europa per rafforzarla nelle basi del Pacifico e dell'Asia centrale.
Eppure, gli Stati Uniti hanno una comprensione ancora limitata delle intenzioni cinesi. E' una delle osservazioni contenute nel rapporto di un board indipendente, l'International Security Advisory Board, sulla modernizzazione delle forze armate cinesi, destinato al segretario di Stato Usa. Il problema è capire come la Cina intende usare le sue forze armate, se può essere inclusa tra le potenze che lavorano alla stabilità o invece al mutamento degli equilibri internazionali, se si sta preparando a un eventuale confronto armato con gli Stati Uniti. In ogni caso, conclude il rapporto, «la modernizzazione militare cinese sta procedendo a ritmi che destano preoccupazione anche assumendo la più benevola interpretazione delle motivazioni». L'ISAB suggerisce quindi di prendere delle contromisure: difendere Taiwan (non ripetendo l'errore commesso con la Georgia); rassicurare gli alleati della regione; contrastare lo spionaggio; migliorare le difese anti-missile.
I cinesi «hanno ampiamente chiarito le loro intenzioni», osserva Gordon G. Chang su Frontpage Magazine, e gli Stati Uniti dovrebbero «comprendere le ambizioni geopolitiche di Pechino». Purtroppo, la Cina è una nazione «potenzialmente ostile», spiega l'analista: «E' stata l'unica superpotenza mondiale per secoli, e oggi si sta preparando a riconquistare quel ruolo». Ma non può riuscirci senza una forza militare superiore a quella americana, soprattutto sui mari, nei cieli e nello spazio.
Eppure, molti a Washington sono ancora convinti che Pechino si accontenti dello status quo, di far parte del sistema internazionale per la prima volta nei suoi sei decenni di vita. Pechino però non ha nascosto le sue ambizioni nell'ultimo decennio, osserva Chang. L'aumento esponenziale della spesa militare, l'iniziativa diplomatica denominata Shanghai Cooperation Organization, le provocazioni militari e spaziali, e in ultimo la reazione di questi giorni alla fornitura di armi a Taiwan, lo dimostrano: «La Cina, di nuovo sicura di sé e sempre più assertiva, sta lavorando per mutare il sistema globale e adattarlo ai suoi obiettivi».
1 comment:
1) Le fonti andrebbero citate:
http://epistemes.org/2008/10/07/bush-grande-presidente/
2) Benvenuto nel club dei realist:
http://mearsheimer.uchicago.edu/pdfs/P0014.pdf
aa
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