Nella confusione che denuncia il più confuso di tutti, come spesso gli capita, sembra lui: Napolitano. Prima richiama tutte le forze politiche al senso di responsabilità nell'approvazione della legge di stabilità, come se fosse qualcosa di meramente tecnico e non, invece, un atto tra i più squisitamente politici di un governo. Poi, dopo ore più che giorni, in un nuovo sconfinamento di campo, impallina proprio l'aspetto più importante della finanziaria, il rigore, ravvisando «confusione» nelle scelte di politica economica e associandosi ai critici dei cosiddetti "tagli lineari". «Non si può tagliare tutto», avverte il capo dello Stato, come gli altri senza indicare precisamente dove si può e si deve tagliare, così suona come un non si può tagliare niente.
Le dichiarazioni politiche e le analisi sui giornali sono piene di indicazioni su dove non si dovrebbe tagliare e dove si dovrebbe addirittura investire. Su questo sono tutti bravissimi e pieni di idee. Quando si tratta, però, di individuare precisamente dove indirizzare i tagli, silenzio, vuoto totale. Se si mettono insieme i discorsi che Napolitano recita nei suoi innumerevoli e più svariati convegni e incontri, tutti i settori sarebbero meritevoli non solo di non subire tagli, ma di maggiori risorse. Persino la cooperazione. Avvalorando così l'adagio secondo cui l'importanza di un capitolo, di un ministero, di una politica, la fa la spesa e non la capacità di "governo" e di "ri-forma". Così come nei due più importanti recenti discorsi di Fini, a Mirabello e a Perugia, come nell'intervento di ieri sul Sole 24 Ore, la lista dei settori dove non si dovrebbe tagliare, bensì investire altro denaro pubblico, è lunghissima; vuota quella dei tagli.
Si taglia nella sanità e nell'istruzione? Non se ne parla neanche.
Sull'università? Macché!
La giustizia e le forze dell'ordine? Ma scherziamo?
Tagli alla cultura? Pompei docet.
Almeno tagliamo i sussidi agli spettacoli... Allarmi, vogliono il popolo bue!
Tagliamo un po' dall'ambiente? E il dissesto idreogeologico?
Allora, tagliamo almeno i sussidi alla "green economy". No, è il futuro, volano di sviluppo.
Regioni ed enti locali? No, così si tolgono i servizi ai cittadini.
Considerando che le infrastrutture vengono da tutti considerate vitali, che le pensioni guai a toccarle ancora, tirate voi le somme...
Ecco qui completato il quadro, quasi ministero per ministero. Per ognuno c'è almeno un buon motivo per non tagliare. Val la pena di ricordare che Cameron, in Gran Bretagna, preso ad esempio per non aver proceduto con i cosiddetti "tagli lineari", però ha tagliato su tutto, senza risparmiare alcun settore. Qualcuno più, qualche altro meno, ma i tagli si sono abbattuti su tutti i capitoli della spesa pubblica, nessuno escluso. Invece da noi, con il debito pubblico che ci ritroviamo, si pretende non solo di risparmiare al dunque quasi tutti i settori dai tagli, ma addirittura di spendere di più in alcuni, che per altro hanno già dimostrato la loro inefficienza e incapacità di spesa. Per questo diffido del multiforme partito della spesa, che ormai sa nascondersi anche dietro le più ragionevoli prese di posizione.
2 comments:
ma, per esempio, abolire le provincie?
non era sul programma di governo? che fine ha fatto?
Se non sbaglio dovrebbe essere stato approvato qualcosa in merito nell'ultimo consiglio dei ministri.
Ma i media sono troppo presi da altre cose.
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