E' un'escalation in piena regola. Da un nuovo patto di legislatura, invocato a settembre, in soli due mesi siamo arrivati alla richiesta di dimissioni, dei primi di novembre. Fino a ieri, a detta di Fini e Casini, il problema non era Berlusconi in sé, si sarebbe potuto dar vita a un governo di responsabilità nazionale, allargato ai moderati, anche guidato dallo stesso Berlusconi. Adesso che il premier starebbe considerando anche l'ipotesi di una crisi "pilotata", i finiani restano nell'ambiguità sul reincarico («prima le dimissioni, poi si vedrà»), alimentando deliberatamente il sospetto di una trappola, mentre Cesa dice chiaro e tondo che serve «un nuovo presidente del Consiglio». Andando avanti in questo modo, Berlusconi si troverà di fronte ad una proposta Fini-Casini-Pannella per l'esilio ad Antigua.
Mi auguro che nessuno pensi davvero che un Berlusconi-bis, passando per lo snodo dimissioni-reincarico, con qualche poltrona in più a Fli e l'ingresso dell'Udc, possa davvero far riprendere slancio all'azione di governo (2001-2006 docet) e far cessare il logoramento a cui è sottoposto. Semplicemente, raddoppierebbe la capacità di fuoco dei logoratori. Pur ipotizzando che con questa manovra Fini e Casini non vogliano far fuori Berlusconi ora (anche se la sensazione è proprio questa), è chiarissimo che tornare allo schema Cdl significherebbe per loro - così sperano - poterlo logorare di più e meglio, escluderlo in modo meno traumatico (senza esporsi a imbarazzanti voti di sfiducia e ribaltoni insieme alla sinistra), distruggere completamente il Pdl (dal momento che in una coalizione di quattro partiti quello che doveva essere, era nato per essere, il partito unico del centrodestra, perderebbe la sua ragion d'essere), e magari riuscire anche a scucire i soldi a Tremonti proprio nel momento in cui i pochi che ci sono bisognerebbe investirli in qualche riforma strutturale.
Stritolato tra Fli-Udc (e Lega), Berlusconi verrebbe cotto a puntino, e probabilmente neanche finirebbe la legislatura a Palazzo Chigi, perché la prossima volta pretenderebbero un passo indietro definitivo. Il rischio, infatti, è che dopo un altro anno di paralisi pressoché totale (denunciano il «galleggiamento», ma a questo l'hanno ridotto loro da dopo le regionali - vinte), maturino davvero le condizioni per far fuori il Cav. senza "ribaltone", magari spaccando il Pdl, o con l'aiuto di Tremonti o della Lega. E magari, nel frattempo, avranno ottenuto anche le opportune modifiche alla legge elettorale. Sanno che fuori dal centrodestra le loro chance di leadership sono praticamente nulle. Quindi, il loro problema è restare dentro (o rientrare), e tentare di ergersi sulle macerie del berlusconismo.
Un Berlusconi-bis avrebbe senso solo se rimanesse comunque precluso all'Udc, e se Fini accettasse di dimettersi dalla presidenza della Camera per entrare al governo. Senza questo passo - Fini che accetta di condividere la responsabilità delle scelte di governo - non si potrebbe nemmeno sperare nella sua buona fede. Che la crisi porti a elezioni anticipate o ad un governo cosiddetto "tecnico" senza Pdl e Lega, a questo punto Berlusconi non ha nulla da temere (quasi meglio la seconda ipotesi). Deve solo costringere Fini a scoprire le sue carte, senza sconti (se vuole sfiduciarlo vada in Parlamento) e provando a governare davvero (portare a casa federalismo e riforma dell'università). L'unica cosa che deve temere sono i pastrocchi.
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