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Wednesday, November 24, 2010

Assalto al Senato, Montezemolo esce dal recinto

Mentre va in scena un assalto squadrista al Senato, con il contorno di un giochetto disgustoso dei finiani alla Camera sulla riforma Gelmini, una delle poche cose appena decenti fatte da questo governo, e mentre Berlusconi, Bossi e l'Udc riempiono con i loro tatticismi i giorni che ci separano dalla verifica del 14, per la prima volta Montezemolo non risponde con un "no" secco a chi gli chiede se ha intenzione di entrare in politica e le sue parole suonano come la tanto attesa discesa in campo. Che si sia deciso? Che sia finalmente l'alba di questo Terzo polo? «Ho il dovere di fare qualcosa per il mio Paese», dichiara Luchino chiudendo un convegno di ItaliaFutura sui giovani, è ora di «uscire dal proprio particolare recinto per contribuire al bene comune», ma «il periodo dell'one man show è finito», avverte. E precisa di non riferirsi a Berlusconi o a qualcuno in particolare, ma anche a se stesso: «Anche quando chiedono a me di entrare in politica... entrare in politica da soli non vuol dire assolutamente niente, ci vuole una squadra».

E lui è fortunato, perché una squadra che lo aspetta già ce l'ha: Fini, Casini, Rutelli... Sai che squadra... Spero solo che non sia chiedere troppo che si presentino agli elettori e non cerchino improbabili ribaltoni. Vedremo, poi, come si comporteranno i media con il conflitto di interessi di Montezemolo, presidente di Ntv, il nuovo operatore che dal prossimo anno farà concorrenza a Trenitalia nel trasporto viaggiatori ad alta velocità.

Mentre Fini minimizza l'assalto squadrista al Senato («solo provocatori isolati» che non c'entrano con la «legittima protesta»), i suoi ragazzi alla Camera questo pomeriggio sono stati tentati di affossare la riforma dell'università, che avevano ripetuto di apprezzare e assicurato di sostenere. L'impressione è che per qualche ora siano stati sfiorati dall'idea di blandire i manifestanti (studenti e ricercatori) ed impedire al governo di portare a casa un prezioso risultato. Avevano chiesto che la riforma tornasse in Commissione perché, parole di Granata (Fli), priva delle risorse per «gli scatti meritocratici di anzianità» (?) di ricercatori e associati. Un miliardo evidentamente non basta, quando semmai la riforma andava fatta a costo zero, e possibilmente risparmiando qualcosa. Sono dell'idea che non un cent in più andrebbe versato all'università se prima non si riesce a dare una raddrizzata strutturale al sistema. L'ostacolo sembra superato, almeno per ora.

Nel frattempo, il premier chiede l'appoggio esterno dell'Udc, persino con il via libera di Bossi («sarebbe positivo»), ma Casini rifiuta senza pensarci due volte (ogni ipotesi è rimandata a dopo la caduta del Cav., passaggio inevitabile, agli occhi dei centristi, per aprire una nuova fase). Prospettiva inquietante sia per l'oggi che per il domani (in vista di elezioni anticipate) quella di sostituire i finiani con l'Udc, perché da un Berlusconi con logoramento di Fini, si passerebbe a un Berlusconi con logoramento di Casini. Ma probabilmente si tratta solo di tatticismi da una parte e dall'altra per riempire la scena nei giorni che ci separano dalla verifica del 14.

Eventuali piccoli spostamenti di voti alla Camera a favore del governo (a questi, e a blindare il Senato, probabilmente mirava Berlusconi con il suo appello all'Udc) non impediranno il ritorno alle urne. Anche se l'aggravarsi della crisi dell'eurodebito rischia di trasformarsi in un nuovo argomento per quanti sarebbero disposti a fare carte false pur di far fuori Berlusconi senza sottoporsi subito dopo al giudizio degli elettori. Già si leggono e si sentono gli appelli alla responsabilità di quanti, dopo aver contribuito irresponsabilmente a destabilizzare l'unico governo democraticamente legittimato, sosterrebbero un bel governo "tecnico" per non lasciare l'Italia senza guida in mesi cruciali per le sorti dell'euro e del patto di stabilità. Di fatto un commissariamento del nostro Paese.

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