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Thursday, November 18, 2010

Doccia gelata sui bollenti spiriti

La giornata è all'insegna del raffreddamento degli ardenti spiriti dei finiani, che oggi, meno sicuri dei loro numeri, cominciano a temere di aver compiuto il classico passo più lungo della gamba. Giorni fa lasciavano intendere di non essere disponibili ad un reincarico del premier, oggi parlano di un Berlusconi-bis; oggi, nel suo videomessaggio, un confuso Fini non rinnova la richiesta di dimissioni, ma dice che Berlusconi ha il dovere - «l'onore e l'onere» - di governare (ma non doveva dimettersi?). Allo stato attuale la "maggioranza" che sostiene il governo Berlusconi potrebbe contare alla Camera su 309-310 seggi, al netto dei 36 finiani: ancora -6 dalla maggioranza assoluta, dunque. Francamente, ritengo ancora improbabile che il governo riesca a ottenere la fiducia anche alla Camera (mentre al Senato è molto probabile). E non è scontato che sia auspicabile, visto che comunque sarebbe troppo fragile per sostenere riforme di rilievo e durare fino alla fine della legislatura.

I numeri, però, contano rispetto agli scenari futuri. E con questi numeri alla Camera, e quanto più Berlusconi si avvicina a quota 316 (considerando che il Senato dovrebbe riconfermargli la fiducia), ogni ipotesi di governi ribaltonisti, "tecnici" o di transizione, sarebbe da escludere. Ed è ciò che più allarma i finiani, insieme all'atteggiamento del presidente Napolitano, che certo non ha offerto sponde nell'incontro dell'altro giorno al Quirinale sulla calendarizzazione dei lavori delle camere e dei dibattiti sulla fiducia. L'uscita dal governo non sembra aver provocato quel cedimento strutturale che forse qualcuno si aspettava.

E' passato quasi inosservato questo comunicato di ieri di Pannella, ripreso oggi solo dal Sole 24 Ore, che si è spinto a titolare "Premier a caccia di nove deputati. Pannella tratta: da noi sei voti". Sei sono i seggi che mancano a Berlusconi e proprio sei sono i deputati radicali. Il Sole corre troppo, ma cosa ha dichiarato il leader radicale? Questa volta il suo rimprovero a Berlusconi (per essersi azzardato a ribadire "o fiducia, o voto"), è in forma di «dialogo», non di «sterile polemica», ha premesso, in conclusione ribadendo che «quando ci si riconosce carattere e dignità di interlocutore politico, che sia Bersani, Berlusconi, Bossi o Di Pietro, noi lo riteniamo non solamente utile ma anche necessario. Che si tratti di capi o vice-capi della maggioranza o dell'opposizione».

Un segnale di disponibilità al dialogo, insomma. E che tra i leader citati manchino Fini e Casini (il cosiddetto Terzo polo) non sembra affatto una dimenticanza. Troppo presto per capire se ci troviamo di fronte ad una nuova "pannellata". Al momento, sembra più un segnale di avvertimento rivolto al Pd. Due giorni fa i gruppi parlamentari del Pd si sono riuniti con Bersani a Montecitorio e i radicali avevano chiesto che fosse invitato Pannella. Il niet dei democratici è stato vissuto come un nuovo schiaffo in un lungo record di indifferenza. E' dalle elezioni regionali che i vertici Democrat stanno scientemente ignorando i radicali, a cui in caso di elezioni anticpate non potrebbero certo assicurare 9 posti in lista sicuri (6 alla Camera e 3 al Senato).

Politicamente per i radicali (o meglio, i radicali di una volta) ci sarebbe una prateria. Basti pensare ai temi economici, alla grande questione della crisi dell'eurodebito e, in particolare, del debito italiano, o alla giustizia. Il problema è che ormai il loro encefalogramma politico è piatto. Da anni hanno puntato tutto sulla bioetica, sull'immigrazione (a porte spalancate, barconi compresi), sulle carceri, su Tarek Aziz e sulla montatura dell'esilio di Saddam, sulle battaglie pseudo-legali contro le liste di centrodestra, assumendo sempre più i toni e gli slogan dell'antiberlusconismo e i contenuti di una sinistra antagonista piuttosto che blairiana. Se prima la critica a Berlusconi e alla deriva clericale era riequilibrata da una sintonia di fondo con gli elettori del centrodestra, ormai la distanza è a livello antropologico, e c'è l'orgoglio di rimarcarlo, di vantarsene, come d'altronde il resto della sinistra.

E anche se Pannella volesse tornare a stupire, anche se avesse intuito uno spazio di manovra, i suoi non glielo consentirebbero - Bonino in primis («non c'è alcuna apertura di credito» in particolare a Berlusconi, e l'appello è in primo luogo a Bersani, ha subito corretto il tiro). Quindi, credo sia ancora una volta solo manfrina. Ottenere un po' di visibilità, un po' di titoli di giornali, per farsi ricevere da Bersani. Certo, resta il fatto che nessuno come loro teme le elezioni, e non essendo per nulla interessati a operazioni terzopoliste o ribaltoniste, arrivato il fatidico 14 dicembre potrebbe astenersi. Ma che il loro malessere nei confronti del Pd, e il loro interesse a che la legislatura prosegua, prenda le forme di un dialogo politico con Berlusconi e il centrodestra (sui temi e non sui posti, s'intende), ci credo poco.

2 comments:

Anonymous said...

Promemoria. Si ricorda a sbadati e finti tonti, che Gianfranco Fini, presidente della Camera nonché leader di Futuro e libertà, risulta tuttora indagato per truffa aggravata in relazione alla vendita della casa di Montecarlo: è in attesa che il gip si pronunci sulla sorprendente richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Roma. Si ricorda altresì che sono 22 giorni che lo stesso Fini manca alla parola data agli italiani. Aveva promesso di dimettersi dallo scranno più alto di Montecitorio qualora fosse «emerso con certezza che Tulliani è il proprietario della casa di Montecarlo». Tale certezza è stata raggiunta quando la Procura ha depositato gli atti, ma Fini ha fatto lo gnorri.

Anonymous said...

Pdoa Schioppa da vomitare oggi sul Corriere