Protezionismo no, ma «protezione» sì, a cominciare dai contadini francesi; «indipendenza» energetica e alimentare dell'UE, suggestione autarchica; ha qualche ragione, invece, a criticare la Bce invocando una politica monetaria più attenta a favorire la crescita interna che a contrastare un'inflazione da anni sotto controllo. Sebbene il presidente francese Nicolas Sarkozy, parlando al Parlamento europeo, abbia confermato di non essere certo paragonabile alla Thatcher in quanto a "purezza" liberista, tuttavia la sua "rupture" potrebbe rappresentare per la Francia una stagione simile a quella della Lady di ferro per la Gran Bretagna asfittica dei primi anni '80.
Come anticipato su queste pagine, è iniziato per Sarkozy il primo "autunno caldo". In questi giorni la Francia è paralizzata per lo sciopero dei trasporti pubblici, anche a causa della mancanza di "finestre" di servizio minimo garantito: ritardi, automobilisti bloccati, 300 chilometri di file. I sindacati protestano contro la riforma dei regimi pensionistici speciali, grazie ai quali ferrovieri e dipendenti delle aziende pubbliche energetiche (Edf e Gaz de France) possono ancora andare in pensione dopo 37,5 anni di contributi, soglia che il governo vuole elevare a 40, omologando il trattamento di queste categorie a quello dei lavoratori del settore pubblico e privato, che già negli anni scorsi hanno accettato l'innalzamento dell'età contributiva.
Mezzo milione i dipendenti che non intendono rinunciare ai "diritti" acquisiti, che però ormai l'opinione pubblica ritiene "privilegi" acquisiti. Secondo un sondaggio, infatti, il 61% dei francesi è contro gli scioperi e non si sente «solidale con gli scioperanti». Il 57% auspica che il «governo mantenga i suoi progetti per proseguire sulla strada delle riforme». La novità politica, in un paese sempre pronto a stringersi attorno agli scioperanti, è che la stragrande maggioranza dei francesi ha finalmente capito che queste lotte sindacali non sono di avanguardia, ma di retroguardia, a difesa di interessi corporativi.
Così provano a mobilitarsi anche i liberisti francesi di Alternative Liberale, che hanno convocato per domenica 18 novembre una manifestazione a sostegno delle riforme del governo e contro gli scioperi in Place de la République. Accusano il movimento sindacale di essere «egoista e reazionario», di «colpire gli interessi dei più deboli e di tenere in ostaggio l'intera comunità nazionale per accontentare piccole minoranze ideologizzate». La scommessa è di ripetere il successo del 2003, quando il movimento di Sabine Herold portò decine di migliaia di persone in piazza contro gli scioperi.
Anche la partecipazione alle agitazioni, sfiorando ormai "solo" il 50%, è in calo rispetto al primo giorno della protesta, ma anche rispetto ai mesi scorsi. Al sindacato conviene prendere atto del clima mutato e, almeno per salvare la faccia, accettare con realismo il principio generale dell'allungamento della vita lavorativa e le aperture al negoziato che giungono dall'Esecutivo. Sarkozy è disposto a discutere il "come", ma sull'obiettivo dei 40 anni di contributi per tutti non transige. Il Governo Fillon, tramite il ministro del Lavoro, offre a sindacati e dirigenti delle aziende implicate «un mese di tempo» per accordarsi sui dettagli e su possibili compensazioni, soprattutto per i lavori usuranti.
Alla mobilitazione di questi giorni si sono uniti gli studenti, che hanno dato vita a occupazioni e cortei nella capitale contro la riforma che introduce l'autonomia degli atenei. Siamo solo all'inizio, perché le altre riforme in cantiere susciteranno la protesta anche del settore pubblico e dei magistrati. Il governo ha intenzione di agire anche sul mercato del lavoro, in Francia estremamente rigido. La rigidità è il prezzo pagato per assicurare il posto fisso e la solidarietà sociale.
Autorevoli economisti francesi, non liberisti, citati da Le Figarò, hanno spiegato che il welfare state ha finito per «strangolato ogni competizione e flessibilità». «Per salvare ad ogni costo i posti di lavoro esistenti, la creazione di nuovo posti di lavoro viene scoraggiata e i dati sulla disoccupazione in Francia sono tra i peggiori in Europa».
Si annunciano così mesi chiave per Sarkozy, che dovrà dimostrare le sue doti di leader, passando dal "decisionismo" alla decisione, delle riforme annunciate a quelle fatte. Dai risultati concreti sarà possibile valutare il suo valore e la sua statura politica. La posta in gioco è molto più alta dell'abolizione dei regimi pensionistici speciali: è il suo intero progetto riformatore. Tenendo duro oggi, vincendo lo scontro con i sindacati, consegnerà al paese l'immagine di un presidente determinato sulla via della modernizzazione e alla sua "rupture" i crismi di un processo irreversibile.
Senza il rischio dell'impopolarità, senza lo scontro politico e sociale (naturalmente in un contesto di regole civili e democratiche), non ci può essere il momento della decisione, vitale in qualsiasi democrazia, né un nuovo patto sociale. E' questa la lezione che Sarkozy potrebbe impartire agli altri due grandi paesi ingessati d'Europa, Germania e Italia.
2 comments:
Interessante...
MM
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Sai come la penso su Sarkozy: un'apparente novità, finora senza concretizzazioni di rilievo. Anche Chirac tentò la spallata alle corporazioni ed ai loro privilegi pensionistici, sappiamo come andò a finire. Se Sarkozy riformerà realmente la Francia, generando onde sismiche anche in Italia, sarò il primo a dargli credito. Riguardo l'inflazione e la Bce, le cose sono un po' più complesse di quanto appaiono, credimi. E finora la Bce è stata anche troppo accomodante in termini di politica monetaria.
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