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Wednesday, May 19, 2004

Concedete un po' di fiducia a Powell?

Partendo dagli orrori delle torture di Abu Ghraib, immagini scioccanti, «talmente in contraddizione con i valori che sosteniamo come esercito e come nazione», e consapevole del danno di immagine, ricorda che «l'America ha un'enorme capacità di imparare dai suoi errori e di andare oltre», e assicura: «Faremo i conti con tutto questo. Ci assicureremo che giustizia sia fatta». Come dopo la seconda guerra mondiale in Europa e Asia, «abbiamo sempre dovuto attraversare dei terreni accidentati dopo che queste lotte si erano concluse. Abbiamo fatto degli errori, ma ne siamo sempre usciti. Ce l'abbiamo fatta perché l'America ha una capacità enorme di fare, e di fare bene».
L'America non ha perso se stessa. «Vedrete presto la democrazia americana in azione. Non ci stiamo nascondendo da quanto è accaduto. (...) Vi chiediamo, allo stesso tempo, di non perdere di vista il quadro più ampio della situazione irachena. (...) Vedrete che l'America in cui vi abbiamo chiesto di credere esiste ancora. È ancora forte. È ancora la speranza migliore per la pace nel mondo, mentre lavoriamo per ottenerla insieme ai nostri partner sparsi in tutto il pianeta».
I nemici sono i terroristi. «Sappiamo che il governo ad interim apprezzerà la nostra volontà di perseguire gli elementi residui del vecchio regime e di opporsi a questi terroristi che si sono presentati a creare difficoltà. Ma una cosa sarà chiara il primo di luglio: quelli che stanno ancora lottando nel tentativo di rigettare l'Iraq nel passato non si troveranno più a combattere solo contro la Coalizione; staranno lottando contro il loro stesso popolo. Staranno combattendo i loro stessi leader, che si sono alzati per dire "l'Iraq deve andare avanti"».
La posta in gioco (che riguarda tutti). «Crediamo che la liberazione del popolo iracheno, dopo decenni di tirannia, fornisca finalmente l'opportunità all'Iraq e alla sua gente di progettare una nuova strada verso la libertà e la prosperità. Il loro successo creerà un esempio che potrà essere utilizzato nella regione e in altre parti del mondo. (...) La posta in gioco in Iraq è molto alta, per tutti. Ecco perché chi di noi vuole un Medio Oriente in pace, prospero, culturalmente vivo e politicamente libero, deve riunirsi per fare sì che l'esperienza irachena possa riuscire».
L'autocritica. «Dobbiamo sempre ricordare il passato, ma dobbiamo anche ammettere che non c'è niente che possiamo fare riguardo a quello che è già accaduto, se non trarne insegnamento».

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