Il dovere di difenderli
Stefano Folli: «Gli italiani hanno diritto di sapere se le cosiddette "regole d'ingaggio" a cui si attengono i nostri reparti sono adeguate al nuovo quadro militare o se invece rappresentano un modo per legar le mani ai soldati, esponendoli più deboli al fuoco avversario con l'illusione di salvaguardare il carattere "pacifico" della missione».
Laggiù dovevamo impedire che «le fazioni integraliste prendessero il sopravvento in città», che ora «sta esattamente finendo in mano agli estremisti». «Qual è la risposta? L'abbandono della città alle milizie? Il ritiro dell'intero contingente? Se è questo, lo si deve affermare con chiarezza. Deve scaturire da una scelta politica presa a Roma dopo averne soppesato tutte le conseguenze. Non può derivare da una fuga precipitosa indotta dall'assenza di direttive precise. O da confusione circa i limiti della reazione armata consentita ai nostri soldati». I militari «vanno messi in grado di difendersi e di offendere quando è necessario. Se viceversa il governo e il Parlamento non ritengono di assumersi questa responsabilità, allora è preferibile la linea Zapatero». In un caso come nell'altro «il Parlamento dovrebbe mostrarsi convinto che le sue decisioni avranno riflessi sul campo, a Nassiriya. Un buon motivo per scegliere in una cornice di responsabilità nazionale. Con la mente rivolta all'Iraq, piuttosto che alle prossime elezioni».
Corriere
E' la terza guerra irachena, il governo deve assumersi delle responsabilità, senza trincerarsi dietro l'ipocrisia della "missione di pace". Lo è in quanto la pace bisogna portarla con la forza, non mantenerla, ma è ora di decidere se facciamo parte o no a pieno titolo dei willings nella guerra contro i fascisti islamici. In Iraq questa guerra è autorizzata dalla risoluzione Onu 1511, ma se ne facciamo parte le regole d'ingaggio devono cambiare e i nostri militari devono essere messi in grado di combatterla al meglio. Altrimenti, si scelga il ritiro.
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