«L'America può fare meglio», è stato il motto di Kerry, volendo con ciò far capire che lui sarebbe un comandante in capo più efficace di Bush nel proteggere gli Stati Uniti e che i democratici non sono dei "pappamolla liberal" incapaci di difendere il paese dalla minaccia terrorista. Ciò che deve essere fatto sarà fatto, il nemico che minaccia l'America va colpito e va colpito prima che sia lui stesso a farlo. Kerry scavalca il dibattito sugli errori di Bush, non dice cosa avrebbe o non avrebbe fatto al suo posto. Ha deciso di sfidare Bush proprio sul tema della sicurezza, senza predicare nuove promesse, ma promettendo di saper far meglio di W. Insomma, c'è da mettersi l'anima in pace: c'è uno sporco lavoro da fare, ma qualcuno deve pur farlo e Kerry dice di essere il migliore in giro.
Unica grande differenza, Kerry non accenna neanche alla diffusione della democrazia come sua priorità. Qui il commento di Robert Kagan sul Washington Post.Christian Rocca colpisce nel segno quando spiega che Kerry «non ha offerto una visione alternativa agli americani, né ha rigettato quella di Bush. Ha soltanto detto che lui è più preparato, più competente e più onesto del presidente in carica».
L'articolo sul Foglio
Bill Kristol, direttore neocon del Weekly Standard, è rimasto «personalmente scioccato dal militarismo del partito democratico. In teoria avrebbero dovuto essere il partito della pace, dell'amore e invece mostrano generali a quattro stelle. Beh, questo dice tutto quello che è necessario sapere su questa convention, il cui obiettivo era quello di convincere gli americani che i democratici sono abbastanza forti per guidare il paese dopo l'11 settembre».
L'articolo
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