E' fin troppo bonario, edulcorato, pieno di generosi omissis, il ritratto della politica estera francese dell'era Jacques Chirac uscito ieri sul Foglio a firma Jean-Pierre Darnis, dell'Istituto Affari internazionali. La tragica lezione del conflitto algerino spiegherebbe la «prudenza» francese ad intervenire nella pacificazione dell'Iraq, così come la saggezza che le deriva da quella dolorosa «memoria» sarebbe alla base della tenace opposizione nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu. La Francia, secondo Darnis, ha imparato dalla storia che l'oriente non si cambia con le armi - ma non ci sembra che Chirac auspichi affatto alcun cambiamento in oriente, e comunque politiche alternative non sono state nemmeno abbozzate. Chirac poi non avrebbe creduto alla balla delle armi di Saddam, eppure ci risulta che abbia votato una risoluzione che esigeva il disarmo iracheno e che abbia più volte pubblicamente denunciato la minaccia rappresentata da Saddam. Né ci sembra, come dice oggi Darnis, che l'attuale presidente francese si sia dannato l'anima per ricucire i rapporti con Washington, visto che al di là di qualche sorriso da cerimoniale, non solo si è rifiutato di "dare una mano" per la pacificazione dell'Iraq, ma ha colto ogni occasione - in sede Onu, Ue, o Nato - per sabotarla o per intralciare la politica americana. Ultima prova, il repentino ripensamento sull'ingresso della Turchia nell'Ue.
Ciò che Darnis chiama «un universalismo attento alle culture locali e nazionali quanto ai particolarismi» sembra in realtà un relativismo culturale usato come debole schermo ideologico su cui far passare le scelte di una realpolitik di stile sette-ottocentesco. Ma addirittura il fantasioso Darnis vede cambiato il ruolo della Francia nel mondo: non più una semi-potenza alla ricerca di leadership, ma «una nazione promotrice di valori "inter-culturali", garante di un universalismo dei Diritti che è rispettoso delle diversità». Bah... vertigini.
Almeno sull'idea di Europa ritroviamo le tracce dello Chirac che conosciamo: l'Europa diventa un soggetto di potenza e riprende per sé la vecchia dottrina di potenza di stampo francese. Solo in questo modo la Francia di Chirac si sente perfettamente europeista, solo giocando in Europa un ruolo motore di grande continuità con la sua politica nazionale. L'Europa viene considerata un'estensione della nazione francese, anche se, si affretta a chiarire Darnis, non dobbiamo pensare che sia un europeismo unilaterale.
No, unilaterale è l'America.
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