Come molti avevano previsto, il vertice Ue-Russia di Khabarovsk si è chiuso con un nulla di fatto. Tra Europa e Russia corre ancora troppa diffidenza e l'impressione è che non si diraderà molto presto. A dispetto delle buone intenzioni e della retorica del "partenariato", ancora non è chiaro se l'Ue possa considerare la Russia un futuro partner strategico, o piuttosto una potenza con la quale sì cooperare, ma pur sempre rivale. D'altra parte, anche in Russia il dibattito è aperto tra chi pensa che il paese possa ancora recitare un ruolo da potenza indipendente sullo scenario globale e quanti invece ritengono che dovrebbe andare verso la piena integrazione e interdipendenza nella comunità internazionale e verso una vera partnership con l'Ue. Le complicate relazioni con l'Europa riflettono il dibattito tra queste diverse visioni.
Le aree in cui le divergenze sono più accentuate vanno dalla sicurezza energetica alla politica commerciale, fino alla partnership orientale dell'Ue con sei ex Repubbliche sovietiche (Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Azerbaigian, Armenia e Georgia). Una politica volta ad accelerare le riforme democratiche ed economiche in quei paesi, ma che Mosca vede come un'ingerenza nella sua sfera di influenza: «Non si trasformi in un'alleanza anti-russa», ha avvertito il presidente Medvedev.
Sul fronte della sicurezza energetica, dopo la crisi del gas del gennaio scorso l'Ue si aspettava rassicurazioni circa il non ripetersi di interruzioni nelle forniture attraverso l'Ucraina. Ma la Russia «non ha dato e non darà garanzie», ha avvertito Medvedev. Secondo Mosca, infatti, è Kiev che non ha i soldi per pagare le forniture e lo stoccaggio di 19,5 miliardi di metri cubi, che costano più di 4 miliardi di dollari. «Se l'Ucraina ha i soldi, bene; ma abbiamo dei dubbi». Medvedev si è detto però disposto ad aiutare l'Ucraina con un prestito: «Siamo pronti a dare una mano. I partner aiutano i partner», ma non si deve muovere solo la Russia. Anche l'Ue («quei paesi interessati a forniture affidabili e alla cooperazione energetica») deve prendere «su di sè parte del lavoro».
Posizioni inconciliabili anche sulla Carta europea dell'energia, un trattato sottoscritto nel 1991 da 51 stati (i paesi dell'allora Comunità europea, i paesi dell'Europa orientale e dell'ex Unione sovietica) per la cooperazione economica ed energetica. L'Ue non vuole «rinunciare» alla Carta, ma la Russia non ha alcuna intenzione di ratificarla e propone un trattato sostitutivo. A tutto questo si aggiunga che Mosca non ha ancora rispettato tutti gli obblighi del cessate-il-fuoco in Georgia. Non solo non ha ritirato le truppe portandole ai livelli pre-bellici, ma ha inviato altre guardie di frontiera in Ossezia del Sud e Abkhazia, oltre ad aver siglato con le due province indipendentiste accordi di difesa militare. La recente polemica tra Russia e Nato sulle esercitazioni in Georgia e le espulsioni di alcuni diplomatici russi da Bruxelles, e dei paesi Nato da Mosca, non hanno certo aiutato.
L'Ue dovrebbe essere consapevole di avere molti strumenti di pressione nei confronti del Cremlino. Innanzitutto, conta 500 milioni di cittadini, rispetto ai 140 milioni della Russia. E' molto più ricca e rappresenta uno dei più grandi e attraenti mercati al mondo. Il 70% dei proventi di Gazprom vengono dalle forniture energetiche all'Europa e i paesi Ue acquistano quasi il 60% di tutto l'export russo. L'economia russa, inoltre, è gravemente provata dalla crisi economica: recessione, inflazione elevata, disoccupazione crescente (10,2%) e uscita di capitali (-30% rispetto al 2008).
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