Mentre tutti gli occhi dei media sono ancora puntati sul Papa che sta concludendo la sua visita in Terrasanta, e sul messaggio di pace e di speranza che ha portato a israeliani e palestinesi, è al re di Giordania che bisogna guardare per capire cosa si sta muovendo sul piano politico.
Obama scoprirà le sue carte solo dopo aver ascoltato Netanyahu, che andrà da lui alla Casa Bianca la prossima settimana. Ma con grande lucidità, re Abdullah II ha spiegato in un'intervista concessa al Times che «non si tratta di una soluzione a due stati, ma di una soluzione a 57 stati», dimostrando di cogliere uno dei nodi chiave che ostacola la pace tra israeliani e palestinesi. Ovviamente non intende dire che Israele o i palestinesi debbano rinunciare ad un proprio stato sovrano, ma che la retorica "due popoli-due stati" spesso nasconde il fatto che la soluzione passa per il riconoscimento di Israele da parte dei paesi arabi. Quella dei due-stati, inoltre, fa notare qualcuno, potrebbe non essere affatto la soluzione, se poi uno dei due impegna tutte le sue risorse ed energie a cercare di annientare l'altro.
Da tempo il re giordano lavora intensamente alla proposta di pace araba e forse mai come in questo momento le condizioni sono state così favorevoli al riconoscimento di Israele da parte dei paesi arabi della regione, spaventati dalle ambizioni egemoniche e dalle infiltrazioni destabilizzanti dell'Iran più di quanto ormai siano disturbati dalla presenza di Israele. E' un'ipotesi su cui non bisogna nutrire troppe illusioni, perché troppe volte è sfumata, ma c'è da augurarsi davvero che finalmente nelle capitali arabe sia "esplosa" la consapevolezza che è arrivato il momento di riconoscere Israele. Decisive saranno anche le pressioni che Obama vorrà, o saprà, esercitare.
Il re giordano ha già incontrato Obama (il 21 aprile), e nel corso della sua visita a Washington è intervenuto al Center for Strategic and International Studies. Ma la sua intervista al Times ha riscosso grande attenzione a Gerusalemme, forse così tanta da spingere Netanyahu a precipitarsi a sorpresa in Giordania per parlargli di persona prima di attraversare l'Atlantico. Forse non stiamo parlando dell'"opzione giordana", ma il ruolo di Abdullah II viene considerato di primaria importanza, addirittura «vitale» lo definisce il Jerusalem Post.
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