«Dal 2005 al 2008 l'Unione europea ha mandato indietro centocinquantamila immigrati clandestini... Molti altri sono stati rimpatriati a forza in operazioni di difesa delle frontiere decise a Bruxelles e concordate da singoli Paesi, in prima fila le richieste della Spagna del socialista Zapatero... Nella sola estate 2006, le forze di polizia italiana hanno partecipato con quelle di Spagna, Malta, Francia, Belgio, Grecia a quindici operazioni, come la Poseidon, Amazon, Hera I ed Hera II, Hera III e Nautilus. Nel 2007 il flusso di immigrati bloccati, respinti o rimpatriati di forza sotto l'egida dell'Unione europea è cresciuto sostanzialmente, e così nel 2008».La novità è che per la prima volta questa politica viene attuata con la Libia, perché finalmente c'è un accordo di collaborazione a lungo cercato, e in modo bipartisan, tra Roma e Tripoli, nonché fortemente sostenuto dal Frontex, l'agenzia europea per la difesa delle frontiere.
L'Ue. Bisogna ammettere che ad alimentare la confusione ha contribuito anche la Commissione Ue, che ha reagito tardivamente e timidamente alle accuse piovute sul governo italiano. Ma alla fine il commissario Ue alla Giustizia, Jacques Barrot, ha spiegato che i respingimenti sono «fatti usuali». Certo è che in questo frangente, pur non facendo altro che applicare politiche europee, l'Italia si è ritrovata sola. Un po' per il disinteresse degli altri governi europei che non vivono con la stessa drammaticità e frequenza il problema degli sbarchi clandestini, anche se l'immigrazione è di tutta evidenza una questione che riguarda tutta l'Europa; un po' per l'imbarazzo di dover polemizzare con istituzioni che godono di un alto prestigio morale - anche se spesso immeritato - presso le opinioni pubbliche europee, come l'Onu e la Chiesa.
E' per lo meno curioso che in un primo momento l'Italia sia stata accusata di razzismo, o per lo meno di violare basilari principi umanitari, mentre ben presto lasciando da parte i clandestini le critiche si sono concentrate sul rispetto del diritto d'asilo, l'unico argomento a cui gli accusatori del governo italiano possono - sia pure capziosamente - appellarsi. Qualsiasi persona dotata di intelligenza o buona fede può rendersi conto da sola che è impossibile accertare al largo del Mediterraneo, a bordo di un barcone, se ci sono persone che chiedono asilo politico e se ne hanno effettivamente diritto, quando il più delle volte si tratta di pratiche che richiedono mesi.
Né possiamo spalancare le nostre coste ai barconi, di fatto incoraggiando gli "scafisti", sotto il ricatto morale dell'eventualità che su un centinaio di clandestini un paio abbiano diritto all'asilo politico. Non si capisce poi perché chi ha le carte in regola per ottenere asilo politico nel nostro paese dovrebbe affrontare un viaggio così costoso e rischioso sui barconi dei trafficanti di clandestini? E' ragionevole presumere che siano casi isolatissimi. E tra l'altro in Italia da anni aumentano in maniera consistente le accettazioni delle richieste d'asilo.
L'Onu. Ma vediamo se i pulpiti da cui sono venute le prediche hanno tutti le carte in regola per poter dare lezioni. Forse chi ha meno titoli per parlare è l'agenzia Onu per i rifugiati, dal momento che l'Onu è un'organizzazione ormai del tutto screditata per quanto riguarda la difesa dei diritti umani (con il Consiglio preposto monopolizzato e spesso presieduto dagli stati responsabili delle più gravi violazioni di diritti umani) e che l'Unhcr muove poco le chiappe - come ha dimostrato Davide Giacalone - per adempiere alla sua missione.
Il Consiglio d'Europa, che dovrebbe promuovere la democrazia, i diritti umani e l'identità culturale europea, si sente poco parlare e quando parla o lo fa a sproposito, come in questo caso senza neanche conoscere le deliberazioni del Consiglio dell'Ue, o troppo timidamente, quando ci sarebbe bisogno di una difesa a voce alta della democrazia e dei diritti umani (per esempio in Russia e Turchia). Tra l'altro, trovo che i media abbiano giocato un po' sulla confusione tra il Consiglio d'Europa e la selva di istituzioni europee dal nome simile. Magari qualcuno si sarà convinto che il governo italiano sia stato redarguito dall'Unione europea, mentre il Consiglio d'Europa è un'organizzazione esterna alle istituzioni Ue.
La Chiesa. L'entrata "a gamba tesa" della Chiesa contro il governo Berlusconi per la politica sull'immigrazione è paragonabile alle tante sui temi bioetici che ogni volta suscitano giustamente reazioni sdegnate. Accusando una legge democraticamente approvata, o in corso di approvazione, di violare i diritti umani, la Chiesa tenta di condizionare la legislazione italiana. Eppure, oggi, nessuno del Pd, della sinistra, e nessuno dei sedicenti "laici e liberali" si alza per denunciare l'ingerenza della Chiesa negli affari dello stato italiano. Evidentemente l'ingerenza della Chiesa preoccupa a intermittenza, a seconda del merito delle posizioni che esprime. Se per la Chiesa la distinzione tra immigrato e clandestino non ha alcuna rilevanza, così non è, e non potrà mai essere, per le leggi dello stato italiano. Peccato che nessun "laico" lo abbia fatto presente e che nessuno abbia difeso l'autonomia del Parlamento e del Governo italiani.
Il Pd. Altrettanto non titolato a scandalizzarsi è il Pd, che dovrebbe ricordare che l'accordo di collaborazione Italia-Libia ricalca il protocollo D'Alema-Amato del 2007, che oltre ai pattugliamenti nel Canale di Sicilia prevedeva il blocco dei barconi «alla partenza».
Il multiculturalismo. Infine, il "no" di Berlusconi a un'Italia «multietnica», che ha suscitato così tanto scandalo. L'opposizione anche questa volta ha voluto giocare con le parole. Nessuno - certo non Berlusconi ma neanche i leader della Lega - è contrario all'arrivo e alla permanenza nel nostro paese di immigrati regolari, che tra l'altro contribuiscono in misura consistente alla ricchezza nazionale. Treviso è senz'altro una delle città più "multietniche" d'Italia, dove si può dire che l'integrazione sia una realtà di successo. In questo senso l'Italia è certamente "multietnica" e nessuno si permette di metterlo in dubbio.
Ma "multietnicità", "multiculturalismo", così come "relativismo culturale", sono concetti che hanno anche un'altra accezione, soprattutto per le sinistre, che The Mote in God's Eye spiega bene in un suo post: un «mosaico di sette e gruppi tribali che condividono lo stesso territorio, ma ognuno rinchiudendo l'individuo nella propria ristretta visione del mondo». Spesso, in nome di una malintesa tolleranza, abbiamo accolto chiunque e chiuso un occhio su usanze e comportamenti contrari al nostro diritto basato sul rispetto della persona e dei diritti individuali. E accusando di "razzismo" chi chiedeva rispetto della legalità e maggiori controlli, abbiamo sacrificato sull'altare del relativismo la possibilità di una vera integrazione fondata su principi di convivenza civile condivisi.
Etnie diverse possono convivere sullo stesso territorio purché accettino di aderire al sistema di valori politici condivisi, alle leggi, all'identità civile della nazione che li ospita. Altrimenti il rischio è quello di trovarci di fronte a società tribalizzate, frammentate, prive di centro politico, dove molti gruppi culturali affermano la propria identità attraverso il vittimismo, il risentimento, l'ideologia politica. In una parola, la "balcanizzazione".
2 comments:
Mi sembri il Papa, sei contro il relativismo, eppure è proprio il relativismo culturale che rende contaminabili le culture e apre uno spazio alla libertà, credo che tu abbia scelto male le parole.
Mi sembra anche che dietro alla tua patina liberale si nasconda sempre una punta di autoritarismo forse figlia del timore che gli uomini si prendano troppe libertà, è probabile che diventerai un insopportabile reazionario, finirà che ti ritroveremo al Foglio a scrivere articoli assieme a Quagliariello e a Marcello Pera ;)
Matteo
Matteo, facciamo che sei nuovo ed è da poco che leggi questo blog, se no dovrei risponderti a male parole. Cmq, non sono "contro" il relativismo, ho parlato di una certa accezione di alcuni concetti e ho spiegato cosa intendo dire.
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