«L'amministrazione precedente ha deciso che poteva scrivere le regole per la detenzione preventiva da sola, evitando il coinvolgimento del Congresso e cercando di marginalizzare i tribunali. La sinistra e la comunità dei diritti umani, al contrario, pretendono che la detenzione preventiva sia illegittima e che il governo non dovrebbe in alcun caso detenere qualcuno che non possa essere processato».Quella intrapresa da Obama sarebbe quindi una saggia via di mezzo. Ma una via di mezzo sulla sicurezza, secondo l'ex vicepresidente Cheney, non sarebbe possibile. Cheney nel suo discorso all'AEI ha innanzitutto difeso i metodi di interrogatorio autorizzati sotto Bush: erano «giusti, legittimi ed efficaci»; usati solo in casi estremi, su pochi terroristi, hanno sventato una serie di attacchi. Ha tenuto a distinguere tra i metodi di interrogatorio della CIA e ciò che è accaduto ad Abu Ghraib, dove «un pugno di carcerieri sadici ha abusato dei detenuti in volazione della legge americana, delle regole militari e del semplice senso della decenza».
Ma è «intellettualmente disonesto equiparare la vergogna di Abu Ghraib al lavoro legale, professionale, e del tutto onorevole, del personale della CIA addestrato a trattare con pochi uomini malvagi». Tra l'altro, «in numerose occasioni, autorevoli membri del Congresso, compresa l'attuale speaker della Camera, sono stati informati del programma e dei metodi». Alcuni «li hanno sostenuti in privato, ma si sono dileguati al primo segnale di controversia».
Cheney inoltre ha criticato Obama per aver rivelato come venivano condotti gli interrogatori ai terroristi. Ora però, gli chiede, «usi il suo potere di desecretazione in modo che il popolo americano possa rendersi conto delle informazioni di intelligence che abbiamo ottenuto, delle cose che abbiamo imparato, e delle conseguenze per la sicurezza nazionale». «Nella mia lunga esperienza a Washington - si sfoga Cheney - poche questioni hanno sollevato un'indignazione e un moraleggiare così ipocrita come i metodi di interrogatorio praticati su pochi terroristi. Chi ha costantemente distorto la verità in questo modo - ha concluso Cheney - non è nella posizione di impartire lezioni sui valori».
Per Gerald Seib, Obama e Cheney hanno pronunciato in realtà quattro discorsi diversi. Uno l'ha pronunciato Cheney, «un feroce attacco a coloro che hanno criticato i metodi di interrogatorio e di detenzione dei terroristi autorizzati dall'amministrazione Bush. Ha messo in dubbio la loro integrità e la loro saggezza, incluso l'attuale presidente, che avrebbe revocato le politiche che hanno mantenuto al sicuro l'America per oltre sette anni dall'11 settembre». Obama ha pronunciato «tre discorsi intrecciati in uno». Il primo, per rispondere alle critiche da destra, secondo cui è diventato «morbido» nei confronti del terrorismo e la chiusura di Guantanamo porterà pericolosi estremisti sul suolo americano. Il secondo, per rispondere alle critiche da sinistra, secondo cui è rimasto troppo vicino alle politiche di Bush, come dimostrano la decisione di mantenere i tribunali militari per alcuni sospetti, il rifiuto a pubblicare le immagini sul trattamento dei detenuti, e il suo annuncio di voler continuare a detenere a tempo indefinito alcuni sospetti senza processarli.
Il terzo discorso era rivolto «agli americani nel mezzo», ai quali Obama ha assicurato che «sta cercando un sensato punto d'equilibrio che tenga fuori gioco i sospetti terroristi pur continuando ad onorare i valori americani». La «fondamentale differenza» tra i discorsi di Obama e Cheney, osserva Seib, riguarda «la possibilità stessa che esista una via di mezzo nella lotta contro gli islamisti radicali». Obama «ha descritto la ricerca di una strategia appropriata come un dibattito tra chi a sinistra non fa sconti riguardo le sfide uniche poste dal terrorismo e chi a destra sostiene che qualsiasi cosa va fatta per combatterlo». E secondo Obama «entrambe le parti sono in buona fede dal loro punto di vista, ma nessuna delle due ha ragione».
Per Cheney, Obama e i democratici «possono essere confortati dalle critiche che provengono da entrambe le estremità dello spettro politico. Se a sinistra sono scontenti di alcune decisioni, e i conservatori di altre, può sembrar loro di essere sulla via di un compromesso appropriato. Ma nella lotta contro il terrorismo, non c'è via di mezzo, e le mezze misure equivalgono a una mezza sicurezza. La triangolazione è una strategia politica, non una strategia di sicurezza nazionale».
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