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Sunday, April 18, 2004

Anche gli italiani hanno il loro peculiare patriottismo
Molto meno retorici degli americani, molto meno arroganti dei francesi
«Jean Anouilh faceva dire al suo eroe che "fino al giorno della morte, nessuno può essere sicuro del proprio coraggio". Nel momento estremo Fabrizio Quattrocchi ha trovato la fierezza di proclamare il proprio coraggio di italiano. Che è un coraggio particolare, non nutrito delle virtù militari - chè poche e non recenti sono le nostre vittorie - ma che emerge di fronte all’offesa e all’ingiustizia. E’ un eroismo che ha i suoi modelli in figure indimenticabili del nostro cinema, i soldati imboscati interpretati da Alberto Sordi e Vittorio Gassman nella "Grande guerra", il millantatore magliaro di Vittorio De Sica nei panni del falso "Generale Della Rovere". Passata la vita ad arrangiarsi con mille mestieri e con mille espedienti, questi personaggi, quando si trovano di fronte alla scelta più difficile, mostrano una dignità addolorata e umiliata, insospettabile e imprevedibile, e perciò tanto più vera e umana. Il patriottismo degli italiani, quello vero, non quello strombazzato sui gagliardetti e dalle fanfare di un regime impostore, è fatto così. Per questo l’Italia profonda si riconosce in Quattrocchi, in questo eroe improbabile, vittima e non protagonista di eventi terribili, che alla fine invece di lamentarsi grida il suo amore per una patria che certo con lui non era stata particolarmente generosa. Noi italiani siamo propensi a parlar male del nostro Paese, a sottolinearne i mille difetti, che poi sono i nostri, abbiamo una sana diffidenza per la retorica nazionalistica, che troppo spesso è servita per imbrogliarci. Questo non significa che non sentiamo la fierezza di essere italiani, quando la nostra dignità viene oltraggiata. Questo patriottismo pudico e sottaciuto, circondato da autoironia e sarcasmo, è una risorsa profonda, che non deve essere sottovalutata. La scopriamo con stupore quando un uomo semplice, che del Risorgimento ha forse sentito parlare solo in qualche polveroso e dimenticato testo scolastico, risponde ai suoi carnefici con parole degne di Carlo Pisacane. Parole che, nella nera tragedia, sono uno sprazzo di luce».
Il Foglio

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