«L'economia dell'offerta - nota giornalisticamente come Reaganomics - ha avuto il merito di elevare la microeconomia al di sopra della macroeconomia. La microeconomia si occupa della gente e del modo in cui questa investe il proprio lavoro e i propri capitali nel mercato. La macroeconomia si occupa dei rapporti intercorrenti tra figure maestose ma spettrali: il prodotto nazionale lordo, la produttività, etc etc. Il clero dei massimi economisti obiettava che il taglio delle tasse poteva essere giustificato soltanto se accompagnato da un simultaneo taglio delle spese. Gli offertisti replicavano che questa strategia li avrebbe condannati a restare in attesa per sempre, perché, in democrazia, la classe politica può ottenere vantaggi politici soltanto se spende denaro in favore della sua base elettorale, non certo cancellando i programmi che la avvantaggiano. Lentamente, gli economisti conservatori cominciarono a capire la saggezza della strategia dell'offerta».
Irving Kristol
Friday, July 16, 2004
La visione neocons lascia il passo ad un approccio «realistico»
Olivier Roy presenta "L'Impero assente".
Gli Stati Uniti devono affrontare la guerra al terrorismo ritrovando un approccio «realistico», «alla Kissinger», e abbandonando invece l'impostazione «ideologica, di scontro tra il Bene e il Male», cara ai neocons. E' l'indicazione che da studioso consegna al dibattito sulla nuova politica estera di Washington. Ma Olivier Roy libera il campo da ogni "teoria del complotto" sia sull'11 settembre, che sull'Iraq e i neocons. segue >>
RadioRadicale.it
Gli Stati Uniti devono affrontare la guerra al terrorismo ritrovando un approccio «realistico», «alla Kissinger», e abbandonando invece l'impostazione «ideologica, di scontro tra il Bene e il Male», cara ai neocons. E' l'indicazione che da studioso consegna al dibattito sulla nuova politica estera di Washington. Ma Olivier Roy libera il campo da ogni "teoria del complotto" sia sull'11 settembre, che sull'Iraq e i neocons. segue >>
RadioRadicale.it
Bolognetti, ma dove vuoi correre su è giù per la Lucania?
Meglio a piedi, la salute ci guadagna...
«Pronto, parlo col servizio percorribilità strade? Ah, buongiorno. Senta, io sono un socio ACI - numero di tessera 917655 barra UT come Udine Torino - la disturbavo per avere qualche delucidazione dato che mi devo recare a Roma a votare. Senta, ho sentito dal bollettino dei naviganti che è in arrivo un'area depressionaria di 982 millibbar, e questo purtroppo mi è anche confermato da un fastidiosissimo mal di testa che sopraggiunge ogni qualvolta c'è un brusco calo di pressione. D'altro canto caro amico questo è il prezzo che dobbiamo pagare noi metereopatici. Senta, io le domandavo questo, secondo lei, partendo fra circa... 3 minuti, e mantenendo una velocità di crociera di circa 80/85 chilometri orari, secondo lei faccio in tempo a lasciarmi la perturbazione alle spalle diciamo nei pressi di Parma?»
Sono della Margherita/2
Al Senato Usa si vota l’emendamento per vietare costituzionalmente il matrimonio gay. E' un giorno importante. Il candidato democratico JFKerry, e il suo vice Edwards, si sono sempre detti contrari a questo emendamento. Chissà, allora, perché non si sono presentati...
Wednesday, July 14, 2004
Senti chi parla...
Paperoga o Paperinik? Pannella o D'Alema? Quale personaggio con questa frase si stagliò sull'orizzonte della nuova classe politica italiana? Scopritelo su...
«Alcuni esponenti del PCI giudicano la presenza statunitense nel Golfo Persico in modo negativo. In realtà, gli Stati Uniti meritano di essere ringraziati, e non sgridati per aver salvaguardato gli interessi dell'interà comunità internazionale. (...) E' il caso di formulare un paio di rotondi "tuttavia". Il primo, di natura retrospettiva, dato che l'assunzione della responsabilità odierna non può cancellare le precise responsabilità di ieri. Ricordo di avere denunciato ormai dieci anni fa la compartecipazione di aziende del nostro paese ai tentativi di realizzare l'atomica irachena (ci pensò poi l'aviazione israeliana a bombardare, nell'81, il reattore "Osirak" e le relative "Hot Cells" di produzione italiana); ricordo l'azione politica e giudiziaria avviata da Roberto Cicciomessere sulla vicenda della tangente da 160 miliardi pagata a trafficanti di armi e droga per la fornitura della flotta italiana all'Irak; ricordo di non essere riuscito a porre ai voti una mozione parlamentare con cui si chiedeva al governo di attivare in sede Onu le procedure previste per condannare l'Irak per l'uso di armi chimiche; ricordo l'iniziativa ante litteram del deputato verde Sergio Andrei a proposito del ruolo della BNL nei finanziamenti ai paesi del Golfo in guerra. Queste vicende non valgono a testimoniare una "coerenza minoritaria": testimoniano l'incapacità di governi e di ministri che hanno macroscopicamente sbagliato giudizi e comportamenti nei confronti del dittatore di Baghdad. (...) Nessuno può sostenere la mancanza di indizi circa il delirio di potenza di Saddam Hussein, frenetico cercatore dell'arma atomica e criminale utilizzatore dell'arma chimica».
L'Unità, 21 agosto 1991
Fonte: Armi di attrazione di massa, n° 9 di "Diritto e Libertà"
«Alcuni esponenti del PCI giudicano la presenza statunitense nel Golfo Persico in modo negativo. In realtà, gli Stati Uniti meritano di essere ringraziati, e non sgridati per aver salvaguardato gli interessi dell'interà comunità internazionale. (...) E' il caso di formulare un paio di rotondi "tuttavia". Il primo, di natura retrospettiva, dato che l'assunzione della responsabilità odierna non può cancellare le precise responsabilità di ieri. Ricordo di avere denunciato ormai dieci anni fa la compartecipazione di aziende del nostro paese ai tentativi di realizzare l'atomica irachena (ci pensò poi l'aviazione israeliana a bombardare, nell'81, il reattore "Osirak" e le relative "Hot Cells" di produzione italiana); ricordo l'azione politica e giudiziaria avviata da Roberto Cicciomessere sulla vicenda della tangente da 160 miliardi pagata a trafficanti di armi e droga per la fornitura della flotta italiana all'Irak; ricordo di non essere riuscito a porre ai voti una mozione parlamentare con cui si chiedeva al governo di attivare in sede Onu le procedure previste per condannare l'Irak per l'uso di armi chimiche; ricordo l'iniziativa ante litteram del deputato verde Sergio Andrei a proposito del ruolo della BNL nei finanziamenti ai paesi del Golfo in guerra. Queste vicende non valgono a testimoniare una "coerenza minoritaria": testimoniano l'incapacità di governi e di ministri che hanno macroscopicamente sbagliato giudizi e comportamenti nei confronti del dittatore di Baghdad. (...) Nessuno può sostenere la mancanza di indizi circa il delirio di potenza di Saddam Hussein, frenetico cercatore dell'arma atomica e criminale utilizzatore dell'arma chimica».
L'Unità, 21 agosto 1991
Fonte: Armi di attrazione di massa, n° 9 di "Diritto e Libertà"
Errori, non bugie
«Errori di intelligence, non manipolazioni». Le accuse dell'intelligence britannica contro l'Iraq erano «seriamente difettose», ma non vi fu nessuna «pressione indebita» da parte del governo. Errori «collettivi», mentre Blair con il suo comportamento ha «rafforzato l'impressione» che quelle accuse fossero fondate in modo «pieno e certo». Queste le conclusioni della commissione Butler sulle inesattezze dei rapporti di intelligence sulle armi di Saddam.
Tony Blair alla Camera ai Comuni: «Nessuno ha mentito. Nessuno ha inventato informazioni di intelligence. Nessuno ha inserito cose nel dossier contro il parere dei servizi di sicurezza». Accetta «in modo pieno» le conclusioni, ma rimane il fatto che «rimuovere Saddam non è stato uno sbaglio». (Qui il Corriere)
Il Foglio:
Tony Blair alla Camera ai Comuni: «Nessuno ha mentito. Nessuno ha inventato informazioni di intelligence. Nessuno ha inserito cose nel dossier contro il parere dei servizi di sicurezza». Accetta «in modo pieno» le conclusioni, ma rimane il fatto che «rimuovere Saddam non è stato uno sbaglio». (Qui il Corriere)
Il Foglio:
Non c'è alcuna prova che nell'operato del governo e dei servizi segreti inglesi ci sia stata una «distorsione deliberata» del materiale di intelligence o una «negligenza colpevole» nell'analizzarlo. Nessuno metta in dubbio la «buona fede» del premier, né la sua integrità, insiste Butler. Ogni responabilità per gli errori è collettiva più che individuale. Nella catena di montaggio dell'intelligence sono stati commessi errori importanti, che non vanno ripetuti, ma che sono più venali che capitali. «Alla luce delle sue azioni, che in alcuni luoghi ho già criticato, non vedo alcun motivo perché John Scarlett non sia riconfermato nel suo nuovo incarico (a capo dell'MI6; n.d.r.), per il quale è perfettamente idoneo». Leggi tutto
«Check Point Oriente»
E' il titolo dell'imperdibile paginone di oggi sul Foglio. Tra le cose da non lasciarsi sfuggire, un articolo di Amir Taheri per il Wall Street Journal descrive la diversa natura politica, rispetto agli sciiti al potere in Iran, degli sciiti iracheni guidati dall'ayatollah Alì al-Sistani, alternativo alla rivoluzione khomeinista. Carlo Panella parla invece del leader dello Sciri, l'altro grande partito sciita iracheno, più filoiraniano, che però già avrebbe avvertito Teheran che l'Iraq sarà un'altra cosa.
Con questi qui al governo fra due anni
Più di una volta il nuovo premier iracheno Allawi ha chiesto all'Italia di proseguire la sua missione a Nassiriya. Kofi Annan ha scelto il suo inviato in Iraq per la nuova missione dell'Onu che ha il compito di organizzare la democrazia. Della nuova risuluzione si è già parlato tanto. I nostri "sedicenti" riformisti, dopo aver invocato «svolte», «hanno deciso di rispondere no alle decisioni dell'Onu e all'appello del governo iracheno perché il sostegno militare e umanitario prosegua». Voteranno no al finanziamento della missione.
Verifica permanente
Così Berlusconi ha scelto di durare pur sopportando il continuo scacco sotto cui l'Udc di Follini ha deciso di tenerlo per logorare la sua leadership.
Sarà «strategia di sopravvivenza»? si chiede Gianni Riotta, il quale riconosce che Berlusconi ha «grinta, entusiasmo, una vitalità fantastica», ma che non basta. Come non bastano, osserva, le doti degli attuali capi di Stato e di Governo occidentali per farli dei leader capaci di quelle «scelte rapide e radicali» che la nostra epoca imporrebbe.
Sarà «strategia di sopravvivenza»? si chiede Gianni Riotta, il quale riconosce che Berlusconi ha «grinta, entusiasmo, una vitalità fantastica», ma che non basta. Come non bastano, osserva, le doti degli attuali capi di Stato e di Governo occidentali per farli dei leader capaci di quelle «scelte rapide e radicali» che la nostra epoca imporrebbe.
Per fortuna tutti contrari alla "classe islamica"
Sarà stata la solita idea frikkettona del preside sessantottino. Stavolta il no viene anche da Rifondazione comunista. «Meglio l'italiano per tutti».
Tuesday, July 13, 2004
Di sinistra/2
Il ministro degli Esteri britannico Jack Straw spiega i rapporti con l'Italia sul Corriere della Sera: «Due nazioni fianco a fianco su Balcani, Iraq, Afghanistan».
Monday, July 12, 2004
Preferiscono rischiare i kamikaze che sopportare l'antisemitismo
Non ci sono cifre ufficiali né date. Non si conoscono dettagli, ma un piano, un progetto, per rimpatriare gli ebrei dalla Francia in Israele c'è. Nel mirino di un'ondata di violenza antisemita che dura ormai da un paio d'anni, diventata giorno dopo giorno sempre più aggressiva ed arrogante. L'Agenzia ebraica, un organismo paragovernativo israeliano, stima in 30-33 mila gli ebrei francesi intenzionati a «tornarsene a casa in un prossimo futuro», il 6% dell'intera comunità in Francia. Tendenza alla fuga che è già una realtà e che dal 2000 è in forte crescita. Soprattutto nelle periferie delle grandi città l'aria è diventata irrespirabile. L'antisemitismo è la parola d'ordine della folta comunità maghrebina.
Secondo la stampa israeliana, nel giugno scorso, al culmine dell'ondata di antisemitismo francese, si sarebbe svolta una riunione «preliminare» interministeriale del governo israeliano per discutere il progetto, o comunque come «venire in aiuto a quegli ebrei che decidessero di lasciare la Francia». Di rito le diplomatiche parole delle maggiori autorità della comunità ebraica francese che manifestano la volontà di restare.
Fonte Ansa
Secondo la stampa israeliana, nel giugno scorso, al culmine dell'ondata di antisemitismo francese, si sarebbe svolta una riunione «preliminare» interministeriale del governo israeliano per discutere il progetto, o comunque come «venire in aiuto a quegli ebrei che decidessero di lasciare la Francia». Di rito le diplomatiche parole delle maggiori autorità della comunità ebraica francese che manifestano la volontà di restare.
Fonte Ansa
Saturday, July 10, 2004
Corti fantoccio all'Aja e Stato di diritto in Israele
Non ne volevo parlare, ma alla fine...
«Rivedere il tracciato del muro in Cisgiordania» per «minimizzare le sofferenze del popolo palestinese». E risarcire gli abitanti palestinesi danneggiati. E' l'Alta Corte israeliana che - ben due settimane prima della Corte fantoccio dell'Aja - ha accolto in buona parte gli appelli presentati dagli avvocati dei palestinesi a cui sono stati confiscati terreni per innalzare la barriera. Il tracciato scelto dalle autorità militari penalizza inutilmente la popolazione palestinese. Quindi «lo Stato deve trovare alternative che diano magari meno sicurezza ma che danneggino meno la popolazione. E queste alternative esistono». Parliamo di 30 chilometri che dovranno essere smantellati e spostati. E gli abitanti palestinesi di quelle zone avranno diritto a risarcimenti. Il ministro della Giustizia israeliano Yosef Lapid (leader del partito centrista Shinui): «La decisione dei giudici conferma nella sostanza il nostro approccio: ossia che è necessario garantire la sicurezza agli israeliani, ma non a scapito della libertà di spostamento e di lavoro dei palestinesi». Il governo israeliano ha annunciato che correggerà parte del tracciato seguendo «i principi definiti dall'Alta Corte, in modo particolare l'adeguato bilanciamento tra il diritto alla sicurezza e considerazioni umanitarie», ha fatto sapere il ministero della Difesa in un comunicato.
Questa - di circa due settimane fa - è la notizia, mentre all'Aja fanno fiction, parlano di aria fritta.
Questo è lo Stato di diritto (in Israele e non negli altri Stati arabi) che i «Soloni dell'Aja» credevano di aver messo nel sacco con il loro inutile verdetto consultivo in cui chiedono all'Onu di imporre a Israele la distruzione del muro di difesa perché «illegale».
Al di là del fatto che l'Aja non ha contestato la costruzione di barriere difensive all'interno della «linea verde», cioè del confine israeliano prima del 1967; al di là del fatto che di "muro" non si tratta, essendo questo il 3% della barriera difensiva; e al di là del fatto che i paragoni con apartheid e muro di Berlino sono risibili, evidentemente brucia che la politica di sicurezza di Sharon (uccisioni mirate + barriera difensiva + piani unilaterali di ritiro) dia i suoi frutti (calo di poco più del 90% nel numero di attentati e di più del 70% di vittime del terrorismo). E siccome di una guerra si tratta, dichiarata da Arafat con la nuova Intifada, questo significa che i palestinesi la stanno di nuovo perdendo. La loro stolta e corrotta leadership terrorista e le loro ipocrite fratellanze arabe potranno vincere mille sentenze di corti di questo genere e avere mille prime pagine di settimanali, ma ancora una volta rimarranno sconfitti dalla storia e non possono che prendersela con se stessi.
Angelo Panebianco: «L'idea che Corti internazionali di giustizia possano, sempre e comunque, intervenire nei conflitti armati in atto per distribuire ragioni e torti, è figlia di una generosa (ma ingenua) utopia liberale ottocentesca. L'idea era che sui conflitti armati potesse decidere, sine ira et studio, un consesso di giudici. Allo stesso modo in cui il giudice è chiamato a risolvere, in ultima istanza, una disputa condominiale altrimenti incomponibile. Ma i conflitti internazionali non sono dispute condominiali. E non esistono giudici che possano intervenire sine ira et studio in un conflitto come quello israeliano-palestinese. Soprattutto, non esistono Corti che possano negare a uno Stato, nel caso specifico quello israeliano, di fare tutto ciò che esso ritiene necessario per proteggere la vita dei suoi cittadini». Punto. E' la realtà amici, altrimenti si combattono i mulini a vento.
Tanto "estremista" è la politica di Sharon che «forse nascerà un governo di unità nazionale Sharon-Peres e forse ciò porterà al ritiro israeliano da Gaza. Insieme all'aumentata sicurezza fornita dal muro (che comunque non potrà essere il confine definitivo dello Stato d'Israele, perché questo confine può nascere solo da un negoziato con i palestinesi), il preannunciato ritiro israeliano potrebbe modificare drasticamente lo scenario del conflitto. In meglio, sperabilmente. Pareri di imparziali Corti internazionali permettendo».
Queste sono corti fantoccio la cui esistenza e pratica legittima e fornisce fondamento alle ragioni di chi, in America, di aderire alla Corte penale internazionale proprio non se la sente. Bisogna riconoscere che non è ancora l'ora del diritto e della giustizia internazionale e che invece tira una brutta aria.
«Rivedere il tracciato del muro in Cisgiordania» per «minimizzare le sofferenze del popolo palestinese». E risarcire gli abitanti palestinesi danneggiati. E' l'Alta Corte israeliana che - ben due settimane prima della Corte fantoccio dell'Aja - ha accolto in buona parte gli appelli presentati dagli avvocati dei palestinesi a cui sono stati confiscati terreni per innalzare la barriera. Il tracciato scelto dalle autorità militari penalizza inutilmente la popolazione palestinese. Quindi «lo Stato deve trovare alternative che diano magari meno sicurezza ma che danneggino meno la popolazione. E queste alternative esistono». Parliamo di 30 chilometri che dovranno essere smantellati e spostati. E gli abitanti palestinesi di quelle zone avranno diritto a risarcimenti. Il ministro della Giustizia israeliano Yosef Lapid (leader del partito centrista Shinui): «La decisione dei giudici conferma nella sostanza il nostro approccio: ossia che è necessario garantire la sicurezza agli israeliani, ma non a scapito della libertà di spostamento e di lavoro dei palestinesi». Il governo israeliano ha annunciato che correggerà parte del tracciato seguendo «i principi definiti dall'Alta Corte, in modo particolare l'adeguato bilanciamento tra il diritto alla sicurezza e considerazioni umanitarie», ha fatto sapere il ministero della Difesa in un comunicato.
Questa - di circa due settimane fa - è la notizia, mentre all'Aja fanno fiction, parlano di aria fritta.
Questo è lo Stato di diritto (in Israele e non negli altri Stati arabi) che i «Soloni dell'Aja» credevano di aver messo nel sacco con il loro inutile verdetto consultivo in cui chiedono all'Onu di imporre a Israele la distruzione del muro di difesa perché «illegale».
Al di là del fatto che l'Aja non ha contestato la costruzione di barriere difensive all'interno della «linea verde», cioè del confine israeliano prima del 1967; al di là del fatto che di "muro" non si tratta, essendo questo il 3% della barriera difensiva; e al di là del fatto che i paragoni con apartheid e muro di Berlino sono risibili, evidentemente brucia che la politica di sicurezza di Sharon (uccisioni mirate + barriera difensiva + piani unilaterali di ritiro) dia i suoi frutti (calo di poco più del 90% nel numero di attentati e di più del 70% di vittime del terrorismo). E siccome di una guerra si tratta, dichiarata da Arafat con la nuova Intifada, questo significa che i palestinesi la stanno di nuovo perdendo. La loro stolta e corrotta leadership terrorista e le loro ipocrite fratellanze arabe potranno vincere mille sentenze di corti di questo genere e avere mille prime pagine di settimanali, ma ancora una volta rimarranno sconfitti dalla storia e non possono che prendersela con se stessi.
Angelo Panebianco: «L'idea che Corti internazionali di giustizia possano, sempre e comunque, intervenire nei conflitti armati in atto per distribuire ragioni e torti, è figlia di una generosa (ma ingenua) utopia liberale ottocentesca. L'idea era che sui conflitti armati potesse decidere, sine ira et studio, un consesso di giudici. Allo stesso modo in cui il giudice è chiamato a risolvere, in ultima istanza, una disputa condominiale altrimenti incomponibile. Ma i conflitti internazionali non sono dispute condominiali. E non esistono giudici che possano intervenire sine ira et studio in un conflitto come quello israeliano-palestinese. Soprattutto, non esistono Corti che possano negare a uno Stato, nel caso specifico quello israeliano, di fare tutto ciò che esso ritiene necessario per proteggere la vita dei suoi cittadini». Punto. E' la realtà amici, altrimenti si combattono i mulini a vento.
Tanto "estremista" è la politica di Sharon che «forse nascerà un governo di unità nazionale Sharon-Peres e forse ciò porterà al ritiro israeliano da Gaza. Insieme all'aumentata sicurezza fornita dal muro (che comunque non potrà essere il confine definitivo dello Stato d'Israele, perché questo confine può nascere solo da un negoziato con i palestinesi), il preannunciato ritiro israeliano potrebbe modificare drasticamente lo scenario del conflitto. In meglio, sperabilmente. Pareri di imparziali Corti internazionali permettendo».
Queste sono corti fantoccio la cui esistenza e pratica legittima e fornisce fondamento alle ragioni di chi, in America, di aderire alla Corte penale internazionale proprio non se la sente. Bisogna riconoscere che non è ancora l'ora del diritto e della giustizia internazionale e che invece tira una brutta aria.
L'Africa sta per uscire dall'indifferenza mondiale?
Il nuovo ruolo strategico dell'Africa nella politica estera degli Stati Uniti e «nella definizione degli interessi nazionali vitali americani». E' il tema di un rapporto del Csis, Centro per gli studi strategici e internazionali a Washington di stampo progressista. Qualcosa in più dei soliti aiuti umanitari e della lotta all'Aids. Il petrolio dei produttori Nigeria, Angola e degli emergenti Guinea Equatoriale, Sao Tomè e Principe, Chad. Secondo le stime del Csis, l'Africa centrale e occidentale potrebbe fornire, nei prossimi 10 anni, il 20 per cento dell'import di petrolio statunitense. Ma il «boom energetico dell'Africa potrebbe tradursi in prosperità o in un disastro» sociale ed economico, «a seconda di come saranno gestiti i ricavi». Orizzonti di benessere o di guerre fratricide. C'è l'ombra della corruzione, ma anche la lunga mano del terrorismo che conta sui 300 milioni di musulmani africano: Sudan, Somalia e Nigeria, paesi a rischio dove si dovrebbero concentrare gli sforzi di stabilizzazione degli Stati Uniti.
Il segretario di Stato americano Colin Powell, intervenendo a una conferenza sul rapporto del Csis: «La normalizzazione non può esserci, non possiamo muoverci in una direzione positiva, fino a quando conflitti terribili come quello del Darfur in Sudan non saranno risolti». Inoltre, il nuovo ruolo che l'Africa deve assumere nel commercio internazionale, pesando di più nei negoziati in seno all'Organizzazione mondiale per il commercio (Omc).
Il segretario di Stato americano Colin Powell, intervenendo a una conferenza sul rapporto del Csis: «La normalizzazione non può esserci, non possiamo muoverci in una direzione positiva, fino a quando conflitti terribili come quello del Darfur in Sudan non saranno risolti». Inoltre, il nuovo ruolo che l'Africa deve assumere nel commercio internazionale, pesando di più nei negoziati in seno all'Organizzazione mondiale per il commercio (Omc).
Cento passi indietro
Ci porta la decisione di un liceo di Milano: una sezione riservata ai ragazzi islamici. Lì il velo è permesso e il crocefisso non entra. Altro che "muro di Sharon", questo è apartheid.
Per Magdi Allam un «duplice errore».
Per Magdi Allam un «duplice errore».
Che gran casino...
Giovanni Sartori non ha più dubbi: i politici italiani - a destra come a sinistra - sono mosche nella bottiglia. «Norberto Bobbio illustrava la vicenda umana con tre metafore: il pesce nella rete, la mosca nella bottiglia e il labirinto. Il pesce nella rete si dibatte per uscirne, ma l'uscita non c'è e lui non lo sa. Nel caso del labirinto l'uscita c'è, ma dobbiamo essere intelligenti per trovarla. La mosca nella bottiglia (aperta, si intende) ne potrebbe uscire, ma la mosca è stupida e non la sa trovare».
Corriere della Sera
Corriere della Sera
Friday, July 09, 2004
"The Two Americans". Stanley Greenberg presenta il suo libro
Lo stratega elettorale della coppia Kerry-Edwards a Roma per presentare il suo libro. Un'America perfettamente spaccata in due. I fronti sono geograficamente e socialmente compatti. E' una «situazione di blocco» che genera una «brutta politica della parità» fatta di tatticismi. Kerry può sbloccarla con una politica trasversale che rappresenti una «100-percent America». >> segue
RadioRadicale.it
Uno studio serio e interessante dalle pretese un po' troppo "sistemiche"
RadioRadicale.it
Uno studio serio e interessante dalle pretese un po' troppo "sistemiche"
Thursday, July 08, 2004
Qualcuno osa, all'Università di Teheran
«La tirannia religiosa è basata su una interpretazione fascista della fede... I musulmani dovrebbero riformare la religione... accettare la democrazia».
Standard & Poor's ci declassa. E allora?
Allora è un argomento in più per chiedere riforme a gran voce: delle pensioni e della sanità, innanzitutto.
La decisione arriva prima del Dpef, della riforma delle pensioni in corso di approvazione, ed espressamente anticipa gli effetti della riduzione delle tasse senza sapere come verrà finanziata.
Bisogna dire che a fare previsioni quelli di S&P non sono poi così bravi: e Parmalat? E Cirio?
La decisione arriva prima del Dpef, della riforma delle pensioni in corso di approvazione, ed espressamente anticipa gli effetti della riduzione delle tasse senza sapere come verrà finanziata.
Bisogna dire che a fare previsioni quelli di S&P non sono poi così bravi: e Parmalat? E Cirio?
Cominciamo a non divertirci più
Il "gioco" francese comincia a diventare pericoloso. Lo dice su Time il neocons Charles Krauthammer. La sua idea è che Chirac persegua una "terza via" francese di neutralità tra l'America e il fanatismo islamico, un ruolo da mediatore tra Usa e Islam in previsione di un futuro di rinascita del mondo arabo e musulmano. Contrastare l'America per incontrare i favori del mondo islamico in ascesa. Segnalato da 1972.
Non credo sinceramente che Chirac si faccia guidare da una visione così lungimirante del futuro. Nel vecchio continente la politica naviga a vista, Krauthammer dovrebbe sapere che a Washington vengono elaborate le dottrine nuove e vengono gettate le basi per governare il futuro. Chirac cerca più semplicemente di ritagliare per la Francia un ruolo guida in vista della futura politica estera europea, affine con i propri interessi.
Non credo sinceramente che Chirac si faccia guidare da una visione così lungimirante del futuro. Nel vecchio continente la politica naviga a vista, Krauthammer dovrebbe sapere che a Washington vengono elaborate le dottrine nuove e vengono gettate le basi per governare il futuro. Chirac cerca più semplicemente di ritagliare per la Francia un ruolo guida in vista della futura politica estera europea, affine con i propri interessi.
La politica estera del golden boy dal profondo sud

Wednesday, July 07, 2004
Democristiani Forever
Ultimatum di qua, ultimatum di là, è un teatrino che sfalda il governo, ma anche i commedianti: An si è giocata tutte le carte in una mano sola e Follini ha tirato troppo la corda.
Disgusting
Berlusconi assediato.
I poteri forti fanno asse fra loro. Banche, fondazioni, assicurazioni giocano la carta Fini-Follini.
Confindustria e Cgil ripartono dalla concertazione.
Disgusting
Berlusconi assediato.
I poteri forti fanno asse fra loro. Banche, fondazioni, assicurazioni giocano la carta Fini-Follini.
Confindustria e Cgil ripartono dalla concertazione.
Tuesday, July 06, 2004
Energia. 2003 "Annus horribilis" per i cittadini
Impietosa l'immagine che esce dalla relazione annuale dell'Authority per l'Energia. Per una volta siamo sul tetto d'Europa. Già, per i prezzi più alti. Senza tener conto dei disservizi, i rischi black out, la scarsa concorrenza, il carico fiscale, la dipendenza dal greggio.
Il Sole24Ore
Corriere della Sera
Kerry ha scelto il compagno di viaggio

Monday, July 05, 2004
Alla fine del tunne-le-le-le-le...
Alla fine del tunnel imboccato dalla maggioranza di governo con la cacciata di Tremonti c'è un muraglione di cemento. Quindi, c'è poco da scherzare. Sia che mantengano più o meno invariata la linea di politica economica - ed è già dura a credersi - o che lancino il nuovo corso neo-assistenzialstatalista An-Udc, sta di fatto che la figura di Tremonti, nella percezione dell'opinione pubblica, rappresenta in modo così evidente il discrimine successo/insuccesso per il programma economico con cui Berlusconi e la CdL prevalsero alle elezioni del 2001 che, fuori Tremonti, automaticamente è come alzare bandiera bianca, ammettere la propria sconfitta. Politicamente - nei confronti degli elettori - equivale alla caduta del governo, si può parlare di Berlusconi ter. Dopo aver concesso la testa di Tremonti, Berlusconi invece crede che con un lungo interim possa riuscire ad imporre quei tagli fiscali promessi, per ripresentarsi nel 2006 avendo mantenuto gli impegni del contratto con gli italiani. Ma il discorso delle due aliquote, l'unica vera riforma che avrebbe fatto la differenza, è tramontata definitivamente assieme ad ogni speranza di una ripresa netta. Niente di più difficile per un premier che sembra ormai in balìa degli alleati, i quali sostengono la candidatura di Monti sperando di agganciare così quella "ripresina" da mettere a frutto alle urne con il metodo proporzionale. Ma a quel punto il Cav. non sarà che un ricordo.
E anche il Corriere della Sera si schiera per Monti.
E anche il Corriere della Sera si schiera per Monti.
Secondo me Kerry è della Margherita
State tutti tranquilli, il candidato democratico alla Casa Bianca John F. Kerry ha detto al Telegraph Herald di Dubuque, in Iowa, di essere «personalmente contrario all'aborto», ma di non sentirsi di imporre la sua opinione ad altri che la pensano diversamente. Non gli «piace» l'aborto, ma confessa addirittura di credere che la vita cominci al concepimento. Ma poi ci rassicura, un po': «Non posso prendere la mia opinione di cattolico, la dottrina della mia fede, e imporla per legge a un protestante, a un ebreo, a un ateo che non la condividono. Negli Stati Uniti c'è la separazione tra Chiesa e Stato».
La gente crede proprio a tutto...
Per esempio, il premier Allawi ai legami di Saddam Hussein con al Qaeda ci crede eccome. Mica uno sprovveduto!
Sunday, July 04, 2004
Saturday, July 03, 2004
«Hey, Stellaaa!»

«Ho osservato, una lumaca, strisciare lungo il filo di un rasoio, questo è il mio sogno, il mio incubo, strisciare scivolare lungo il filo di un rasoio e sopravvivere». (Il colonnello Kurtz, Apocalypse Now).
«Prodigal Body», New Republic
«Era come recitare con Dio».
Grazie
Va in scena la commedia all'italiana
Che la serietà qui è un lusso che non ci possiamo permettere.
Fini e Follini una vergogna. Tremonti un signore.
Palude democristiana e statalismo, eurofiguraccia, ci attendono.
E' sempre meglio il re dei suoi cortigiani, ma anche per Berlusconi ora sarebbe più onorevole andarsene a casa. Dovrebbe capirlo ormai che lo hanno messo nel sacco e che non gli faranno più guidare la coalizione. La rivoluzione partita dalla molto "corporativa" ascesa di Montezemolo in Confindustria, poi i toni fascisti e Bankitalia, le burocrazie e i carrozzoni statali, tutti dietro alla rinnovata "italica" fermezza di An.
Altro che riforme e sviluppo, questo Paese è condannato a perdere.
Fini e Follini una vergogna. Tremonti un signore.
Palude democristiana e statalismo, eurofiguraccia, ci attendono.
E' sempre meglio il re dei suoi cortigiani, ma anche per Berlusconi ora sarebbe più onorevole andarsene a casa. Dovrebbe capirlo ormai che lo hanno messo nel sacco e che non gli faranno più guidare la coalizione. La rivoluzione partita dalla molto "corporativa" ascesa di Montezemolo in Confindustria, poi i toni fascisti e Bankitalia, le burocrazie e i carrozzoni statali, tutti dietro alla rinnovata "italica" fermezza di An.
Altro che riforme e sviluppo, questo Paese è condannato a perdere.
Friday, July 02, 2004
Saddam alla sbarra nel suo Paese. L'esito migliore?
Il guaio è che Saddam continuerà ad essere una "presenza"
Saddam processato dagli iracheni è per Sergio Romano la «migliore delle scelte possibili», scartati sia il Tribunale penale internazionale, non riconosciuto dagli Usa, sia il modello Norimberga, perché la «giustizia dei vincitori» è ormai troppo impopolare e figlia di un momento storico forse irripetibile. Romano ricorda gli effetti negativi del processo a Milosevic: «ha permesso all'imputato di trasformare l'aula della corte in una tribuna politica e ha creato in Serbia un pericoloso vittimismo nazionalista».
Il problema vero, giuridico, in questi casi è che «non basterà scavare fosse comuni e interrogare i sopravvissuti. Occorrerà dimostrare che ogni crimine è stato voluto e ordinato da Saddam».
E ci sarà chi, ad un processo politico, opporrà una difesa politica: chiedendo «perché tanti governi abbiano continuato ad avere intensi rapporti diplomatici ed economici con il dittatore, perché il vecchio Bush abbia permesso a Saddam di usare gli elicotteri nel Sud contro gli sciiti e gli abbia impedito di fare altrettanto nel Nord contro i curdi».
Inoltre, per le prove e le argomentazioni giuridiche serviranno una polizia giudiziaria americana, inquirenti americani ed esperti prevalentemente internazionali, e Saddam continuerà a essere nelle mani degli "occupanti". Vi è il «rischio» concreto che si perpetui «sotto altre forme», agli occhi delle opinioni pubbliche arabe, «l'ennesima "giustizia del vincitore", cosa tollerabile in un Paese conquistato e pacificato», ma «intollerabile» se la guerriglia e il terorrismo continuano e «se il nuovo governo non riuscisse a dare prova di vera indipendenza».
Conclude Romano: «Fare giustizia, dopo il crollo di una dittatura, è un problema delicato che non può essere affrontato con astratti criteri morali, senza tenere conto di ciò che potrebbe accadere nel Paese coinvolto. In molti casi è meglio lasciare che la faccenda venga regolata in famiglia secondo le consuetudini locali: un processo breve, un giudizio sommario e una conclusione, se possibile, rapida e brusca. L'assassinio di Ceausescu e di sua moglie ha permesso alla Romania di voltare pagina. La fucilazione di Mussolini ebbe il merito di evitare un lungo processo che avrebbe prolungato il clima della guerra civile. L'errore in quel caso non fu la fucilazione: fu quella che Leo Valiani definì un giorno la "macelleria messicana" di piazzale Loreto».
Corriere della Sera
Per Lucia Annunziata sarà «un processo pericoloso per gli Stati Uniti: non c'è dubbio infatti che, fin dalla sua prima apparizione davanti alla corte, Saddam Hussein ha mostrato ieri la forza di una presenza e di una linea di difesa che può avere un grande impatto sull'Iraq, e soprattutto sul mondo arabo più ampio». Saddam, come Milosevic, non rifiuta il giudizio, ma ne contesta le ragioni, cioè la butta in politica. Se per Milosevic fu a guerra finita, in Iraq, e in Medio Oriente, si combatte ancora - ed è guerra più vasta, regionale, contro il fondamentalismo e il nazionalismo arabo: «il gioco è ancora aperto».
Saddam si è difeso nel modo in cui tutti si attendevano, accusando Bush («è lui il criminale») e buttandola in politica: «Fu il Kuwait a costringerci a vendere il nostro petrolio a costo basso, impoverendo così le famiglie, e rendendo le nostre donne delle prostitute». «E' pura retorica, - osserva la Annunziata - ma di quella buona: di quella che tocca l'onore arabo, che è poi la grande, forse unica emozione che continua ad unire il mondo arabo ancora preso dai suoi conti con il Colonialismo. Se la guerra fosse finita, Saddam che parla così sarebbe ridicolo: ma con la guerra in corso Saddam può divenire su queste basi di nuovo un punto di riferimento politico».
La Stampa
Un fatto positivo per due grandi storici
Per il grande storico inglese Denis Mack Smith, il processo a Saddam è «passo obbligato per voltare pagina, per cercare di mettere fine a uno stato di incertezza e di inquietudine in Iraq». «E' importante anche sul piano simbolico, perché non è la giustizia dei vincitori, ma quella degli iracheni. Non sappiamo se gli iracheni saranno in grado di giudicare convenientemente Saddam, ma è comunque necessario che siano loro a processare l'ex dittatore».
«Nel caso di Saddam Hussein sono gli iracheni a processare il loro ex dittatore e questo fa certamente una grossa differenza» con il processo di Norimberga, sottolinea lo storico Giovanni Sabbatucci. Al contrario di quanto avvenne a Mussolini o a Ceausescu, «è stato messo in piedi qualcosa che assomiglia a un processo: siamo di fronte a un gradino di civiltà superiore. Questa procedura crea una grande quantità di problemi politici e giuridici ma è l'unica strada».
Saddam processato dagli iracheni è per Sergio Romano la «migliore delle scelte possibili», scartati sia il Tribunale penale internazionale, non riconosciuto dagli Usa, sia il modello Norimberga, perché la «giustizia dei vincitori» è ormai troppo impopolare e figlia di un momento storico forse irripetibile. Romano ricorda gli effetti negativi del processo a Milosevic: «ha permesso all'imputato di trasformare l'aula della corte in una tribuna politica e ha creato in Serbia un pericoloso vittimismo nazionalista».
Il problema vero, giuridico, in questi casi è che «non basterà scavare fosse comuni e interrogare i sopravvissuti. Occorrerà dimostrare che ogni crimine è stato voluto e ordinato da Saddam».
E ci sarà chi, ad un processo politico, opporrà una difesa politica: chiedendo «perché tanti governi abbiano continuato ad avere intensi rapporti diplomatici ed economici con il dittatore, perché il vecchio Bush abbia permesso a Saddam di usare gli elicotteri nel Sud contro gli sciiti e gli abbia impedito di fare altrettanto nel Nord contro i curdi».
Inoltre, per le prove e le argomentazioni giuridiche serviranno una polizia giudiziaria americana, inquirenti americani ed esperti prevalentemente internazionali, e Saddam continuerà a essere nelle mani degli "occupanti". Vi è il «rischio» concreto che si perpetui «sotto altre forme», agli occhi delle opinioni pubbliche arabe, «l'ennesima "giustizia del vincitore", cosa tollerabile in un Paese conquistato e pacificato», ma «intollerabile» se la guerriglia e il terorrismo continuano e «se il nuovo governo non riuscisse a dare prova di vera indipendenza».
Conclude Romano: «Fare giustizia, dopo il crollo di una dittatura, è un problema delicato che non può essere affrontato con astratti criteri morali, senza tenere conto di ciò che potrebbe accadere nel Paese coinvolto. In molti casi è meglio lasciare che la faccenda venga regolata in famiglia secondo le consuetudini locali: un processo breve, un giudizio sommario e una conclusione, se possibile, rapida e brusca. L'assassinio di Ceausescu e di sua moglie ha permesso alla Romania di voltare pagina. La fucilazione di Mussolini ebbe il merito di evitare un lungo processo che avrebbe prolungato il clima della guerra civile. L'errore in quel caso non fu la fucilazione: fu quella che Leo Valiani definì un giorno la "macelleria messicana" di piazzale Loreto».
Corriere della Sera
Per Lucia Annunziata sarà «un processo pericoloso per gli Stati Uniti: non c'è dubbio infatti che, fin dalla sua prima apparizione davanti alla corte, Saddam Hussein ha mostrato ieri la forza di una presenza e di una linea di difesa che può avere un grande impatto sull'Iraq, e soprattutto sul mondo arabo più ampio». Saddam, come Milosevic, non rifiuta il giudizio, ma ne contesta le ragioni, cioè la butta in politica. Se per Milosevic fu a guerra finita, in Iraq, e in Medio Oriente, si combatte ancora - ed è guerra più vasta, regionale, contro il fondamentalismo e il nazionalismo arabo: «il gioco è ancora aperto».
Saddam si è difeso nel modo in cui tutti si attendevano, accusando Bush («è lui il criminale») e buttandola in politica: «Fu il Kuwait a costringerci a vendere il nostro petrolio a costo basso, impoverendo così le famiglie, e rendendo le nostre donne delle prostitute». «E' pura retorica, - osserva la Annunziata - ma di quella buona: di quella che tocca l'onore arabo, che è poi la grande, forse unica emozione che continua ad unire il mondo arabo ancora preso dai suoi conti con il Colonialismo. Se la guerra fosse finita, Saddam che parla così sarebbe ridicolo: ma con la guerra in corso Saddam può divenire su queste basi di nuovo un punto di riferimento politico».
La Stampa
Un fatto positivo per due grandi storici
Per il grande storico inglese Denis Mack Smith, il processo a Saddam è «passo obbligato per voltare pagina, per cercare di mettere fine a uno stato di incertezza e di inquietudine in Iraq». «E' importante anche sul piano simbolico, perché non è la giustizia dei vincitori, ma quella degli iracheni. Non sappiamo se gli iracheni saranno in grado di giudicare convenientemente Saddam, ma è comunque necessario che siano loro a processare l'ex dittatore».
«Nel caso di Saddam Hussein sono gli iracheni a processare il loro ex dittatore e questo fa certamente una grossa differenza» con il processo di Norimberga, sottolinea lo storico Giovanni Sabbatucci. Al contrario di quanto avvenne a Mussolini o a Ceausescu, «è stato messo in piedi qualcosa che assomiglia a un processo: siamo di fronte a un gradino di civiltà superiore. Questa procedura crea una grande quantità di problemi politici e giuridici ma è l'unica strada».
Il re di Giordania disponibile all'invio di truppe? Censored
«Il nostro messaggio al presidente e al primo ministro è di chiederci ciò che vogliono, farci sapere ciò di cui hanno bisogno, e avranno il nostro sostegno al 110 per cento». Spiega: «La mia posizione è stata all'inizio quella di non inviare truppe, a causa della storia dei rapporti della Giordania con l'Iraq. Credevo che tutti i Paesi che circondano l'Iraq avessero una propria agenda, così pensavo non fossimo le persone giuste per questo compito. Comunque, ora c'è un governo ad interim e, speriamo, molto presto ci sarà in Iraq un processo di piena indipendenza. Io ritengo che se gli iracheni ci chiedessero esplicitamente di aiutarli, sarebbe difficile per noi dire di no. Tuttora credo che noi non siamo le persone giuste, ma se c'è qualcosa che noi possiamo fare, un servizio per il futuro degli iracheni allora noi valuteremo sicuramente quella proposta».
Thursday, July 01, 2004
C'è Saddam in Tv... e tutto si ferma
Il dittatore criminale alla sbarra. In Iraq la gente ha lasciato in sospeso ogni cosa ed è corsa intorno al televisore più vicino per vedere Saddam davanti al giudice. Si è appassionata e si è divisa. Per i simpatizzanti dell'ex dittatore è un'umiliazione al popolo iracheno. I più vorrebbero vederlo morto. Per alcuni dovrà essere il primo processo giusto dell'Iraq.
Fonte Ansa
Chissà come andrà a finire, intanto però c'è dibattito, e questo è un bel pezzo del nuovo Iraq. Poi torneremo a discutere dell'opportunità di questi processi, che possono rappresentare una grande "arma di attrazione di massa" per lo stato di diritto, ma che si possono rivelare boomerang se si ha la pretesa di processare la storia. Ci sarà tempo per discuterne, il dibattito è appena aperto, e importante.
Fonte Ansa
Chissà come andrà a finire, intanto però c'è dibattito, e questo è un bel pezzo del nuovo Iraq. Poi torneremo a discutere dell'opportunità di questi processi, che possono rappresentare una grande "arma di attrazione di massa" per lo stato di diritto, ma che si possono rivelare boomerang se si ha la pretesa di processare la storia. Ci sarà tempo per discuterne, il dibattito è appena aperto, e importante.
A novembre le presidenziali Usa. Riparte il dialogo tra i Democratici di Kerry e la sinistra europea
A Roma i consiglieri di JFKerry incontrano i "riformisti" a corrente alternata. Il seminario della Fondazione Italianieuropei è un passo importante per la ripresa di quel dialogo sulla "Terza via" interrotto dai tempi di Clinton. Per D'Alema, uno «sforzo per costruire un punto di vista comune» e un'«agenda» condivisa. Per Amato, «incoraggiantissima» l'intesa sulla necessità di una politica estera «fondata sul multilateralismo». segue >>
RadioRadicale.it
Sarebbe bello però che i due moschiettieri del c.d. "riformismo" italiano, oltre che andare a fare i professorini british-liberal ai seminari, si impegnino per creare consenso sulle loro posizioni e forgiare la nuova cultura politica di cui la sinistra ha bisogno. Se non ne hanno il coraggio, perché costa fatica e voti, alla fine si ritroveranno sempre sotto scacco di Bertinotti e non è detto che vincano le elezioni.
RadioRadicale.it
Sarebbe bello però che i due moschiettieri del c.d. "riformismo" italiano, oltre che andare a fare i professorini british-liberal ai seminari, si impegnino per creare consenso sulle loro posizioni e forgiare la nuova cultura politica di cui la sinistra ha bisogno. Se non ne hanno il coraggio, perché costa fatica e voti, alla fine si ritroveranno sempre sotto scacco di Bertinotti e non è detto che vincano le elezioni.
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