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Tuesday, July 27, 2004

L'Ecosoc assolve il PRT. Un atto conservativo o un passo nella direzione giusta?

Dopo il parere della corte dell'Aja e le risoluzioni dell'Assemblea generale contro Israele, dopo aver visto la Libia presiedere la Commissione Onu sui diritti umani, non ci saremmo troppo stupiti se il Vietnam fosse riuscito nell'impresa di cacciare il PRT dall'Ecosoc. Stavolta però, un sussulto di dignità deve aver colpito i burocrati del palazzo di vetro. L'aspetto più positivo del voto di venerdì scorso è infatti l'impegno nella difesa del PRT profuso dalla delegazione olandese, in nome dell'Ue, e dal governo italiano. A risvegliare i Paesi democratici dal torpore burocratico onusiano, convincendoli a fare più o meno fronte comune (Europa, Nord America e Sud America) contro la richiesta del Vietnam, deve essere stato il valore politico-ideologico che questo voto è andato assumendo nel corso delle settimane.

Il fronte compatto di dittature; il rinsaldarsi improvviso della ormai sbiadita - ma pur sempre fastidiosa - corrente dei non-allineati; i toni antiamericani; il carattere stalinista delle accuse vietnamite; l'appeal che il confronto con l'Occidente ha esercitato sui Paesi asiatici. L'addensarsi di tutte queste spinte destabilizzanti - probabilmente più dell'amore per il PRT - ha indotto le delegazioni dei Paesi democratici ad opporsi ad una sconfitta che, per come si erano messe le cose, sarebbe apparsa fin troppo costosa, sia sul piano della credibilità politica, sia sul piano personale. Puro istinto burocratico di conservazione dunque, ma forse è da considerarsi una coincidenza fortunata il fatto che proprio sul PRT questi fattori negativi si siano concentrati, innalzando un tale livello di rischio politico anche sulle spalle delle delegazioni occidentali.

Questa coincidenza, oltre a salvare i radicali, ha responsabilizzato i membri democratici dell'Ecosoc, permettendogli di vivere sulla propria pelle la necessità di una collaborazione più stretta tra di loro, fondata e motivata dai vincoli ideali che li accomunano. Guarda caso proprio quel fronte di lotta del PRT per un'Organizzazione mondiale delle democrazie, o comunque per un Comitato delle democrazie che sappia operare di comune accordo all'interno delle Nazioni Unite.

Ma non bisogna esagerare la portata di un voto che ha riguardato una piccola Ong. Si tratta pur sempre di un debole colpo di vento in un oceano di eventi che mostrano una tendenza netta da parte dei membri dell'Onu a contraddirne la carta costitutiva. Il giudizio complessivo sulla salute dell'Organizzazione e sulla sua autorevolezza non può che rimanere estremamente negativo. All'elefantiasi burocratica, alle politiche dei membri europei, sempre più dediti all'appeasement nei confronti delle dittature di ogni etnia, latitudine e credo, sembra aggiungersi il disinteresse degli Stati Uniti, indecisi sul da farsi: se abbandonare al suo destino l'elefante morente, o farsi promotori di una profonda istanza riformatrice che però in questo momento non potrebbe che suscitare serie opposizioni anche dall'interno del campo democratico.

P.S.: A chi invece si aspettava da parte dei Paesi mediorientali e africani un trattamento più benevolo nei confronti del PRT, ha già risposto Marco Pannella: proprio per ciò che rappresentano le politiche della Bonino e del PRT, scosse di rinnovamento nel mondo mediorientale e africano, è «fisiologico» che emergano simili resistenze e «colpi di coda».

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