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Wednesday, July 21, 2004

Il First Strike è dottrina anche dei "Democrats"

Azioni preventive, ma con gli alleati. Tutto spiegato nel programma di governo della coppia Dem. Kerry-Edwards.
La guerra come «ultima opzione», da utilizzare solo qualora fallissero tutti gli altri tentativi. Gli attacchi preventivi talvolta sono necessari, ma meglio con gli alleati: «Dobbiamo costruire e guidare un consenso internazionale per un'azione preventiva e tempestiva per fermare e mettere al sicuro le armi di distruzione di massa esistenti e il materiale necessario a fabbricarne altre». Bush? No, Kerry. Ma neanche lui è disposto a chiedere troppi permessi: «Non attenderemo mai la luce verde dall'estero quando in gioco ci sarà la nostra sicurezza, ma dobbiamo arruolare coloro il cui sostegno è necessario per una vittoria definitiva».
Ma allora, verrebbe da chiedersi, qual è la differenza tra Bush e Kerry in politica estera? La differenza è minima. Bush e Kerry ripongono un diverso grado di fiducia sugli alleati. La Francia e le Nazioni Unite sono il problema. L'accusa a Bush è di aver allontanato alcuni dei tradizionali alleati americani, ma Kerry dice che se sarà necessario saprà convincerli. Anche Bush ne era convinto e ha trascorso più di un anno all'Onu, ma ha fallito. Kerry invece è convinto di riuscirci, anche se i Democratici non forniscono dettagli su come si comporterebbero se incontrassero le opposizioni incontrate da Bush. Se Kerry vincerà le elezioni il 2 novembre, sapremo di chi è la colpa: se della «vecchia Europa», o di un arrogante cowboy in sella al cavallo più veloce del west.

«Strong at home, respected in the world»

«Sappiamo che promuovere la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto è vitale per la nostra sicurezza di lungo periodo. Gli americani saranno più sicuri in un mondo di democrazie. Lavoreremo con le persone e le organizzazioni non governative che in giro per il mondo si battono per la libertà. Ristabiliremo la credibilità e l'impegno dell'America come forza per la democrazia e per i diritti umani, a partire dall'Iraq».
Neocons? No, Kerry. Dopo la fase "kissingeriana" (stabilità prima di democrazia), sembra assumere come priorità anche l'esportazione della democrazia. L'idea di «difendere e promuovere la libertà in giro per il mondo» è alla origine stessa della nascita dell'America, «un'America rispettata e non solo temuta».
Dunque, gli obiettivi «di sempre: proteggere il nostro popolo e il nostro modo di vivere, aiutare a costruire un mondo più sicuro, più pacifico, più prospero, più democratico». Come? «Per prima cosa c'è da vincere la guerra al terrorismo, poi fermare la diffusione delle armi nucleari, biologiche e chimiche e, terzo, promuovere la democrazia e la libertà in giro per il mondo, cominciando da un Iraq pacifico e stabile».

I quattro pilastri della politica estera di Kerry: una nuova era di alleanze internazionali per il mondo post 11 settembre; modernizzare l'esercito, aggiungendo 40 mila uomini e raddoppiando il numero delle Forze speciali; utilizzare al meglio «la diplomazia, i servizi segreti, il potere economico e l'attrazione che esercitano i valori e le idee americane» e, infine, fare in modo che l'America non dipenda più dal petrolio mediorientale.

Fonte Il Foglio

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