Il nuovo ruolo strategico dell'Africa nella politica estera degli Stati Uniti e «nella definizione degli interessi nazionali vitali americani». E' il tema di un rapporto del Csis, Centro per gli studi strategici e internazionali a Washington di stampo progressista. Qualcosa in più dei soliti aiuti umanitari e della lotta all'Aids. Il petrolio dei produttori Nigeria, Angola e degli emergenti Guinea Equatoriale, Sao Tomè e Principe, Chad. Secondo le stime del Csis, l'Africa centrale e occidentale potrebbe fornire, nei prossimi 10 anni, il 20 per cento dell'import di petrolio statunitense. Ma il «boom energetico dell'Africa potrebbe tradursi in prosperità o in un disastro» sociale ed economico, «a seconda di come saranno gestiti i ricavi». Orizzonti di benessere o di guerre fratricide. C'è l'ombra della corruzione, ma anche la lunga mano del terrorismo che conta sui 300 milioni di musulmani africano: Sudan, Somalia e Nigeria, paesi a rischio dove si dovrebbero concentrare gli sforzi di stabilizzazione degli Stati Uniti.
Il segretario di Stato americano Colin Powell, intervenendo a una conferenza sul rapporto del Csis: «La normalizzazione non può esserci, non possiamo muoverci in una direzione positiva, fino a quando conflitti terribili come quello del Darfur in Sudan non saranno risolti». Inoltre, il nuovo ruolo che l'Africa deve assumere nel commercio internazionale, pesando di più nei negoziati in seno all'Organizzazione mondiale per il commercio (Omc).
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