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Thursday, January 29, 2004

Wednesday, January 28, 2004

2 a 0 per Blair, palla al centro. Non avevamo dubbi
Bbc castigata dal rapporto della Commissione Hutton.
«Lord Hutton has criticised the BBC as he cleared the government of embellishing its Iraq weapons dossier in his long-awaited report on the death of Dr David Kelly. The claim in BBC reports that the government "sexed up" its dossier on Iraq's weapons was "unfounded"».
Il testo del rapporto
1983. Stretta di mano tra Rumsfeld e Saddam
Declassified Secrets from the U.S.-Iraq Relationship

I vicoli stretti della Guerra Fredda, la necessità di contenere la rivoluzione islamica khomeinista, le risorse strategiche. Poi il vento girò improvvisamente. So già che purtroppo sarà "oggetto contundente" per gli antiamericani (poverini), ma si può, e si deve, farne buon uso.
Blair l'ha spuntata ancora. Questo è vero coraggio da leader
Franco Venturini sul Corriere della Sera: «Blair non ha esitato a mettersi in gioco e ha mostrato nei fatti che la visione politica, giusta o sbagliata che sia, conta per lui più della poltrona di Downing Street. Può darsi, come qualcuno di certo osserverà, che tra i grandi Paesi soltanto la Gran Bretagna possa permettersi simili lussi di democrazia applicata. Ma la lezione non è per questo minore, e non riguarda soltanto la progettualità carente di molte sinistre europee».

La proposta di Blair per l'Università: «Aumentare le tasse universitarie fino a 3 mila sterline (oltre 4300 euro), con l'intesa che i laureati pagheranno questa somma a rate soltanto quando disporranno di un determinato reddito da lavoro. In pratica, la tassa diventerà per ogni studente un debito d'onore. Ai meno abbienti o meno fortunati il debito potrà essere condonato, e gli studenti poveri avranno sin dall'inizio borse di studio statali».
Speciale Università su RadioRadicale.it

E oggi il giudizio della Commissione Hutton sul suicidio di David Kelly e sulla minaccia delle armi di distruzione di massa di Saddam. Il premier se la caverà anche stavolta, e la Bbc si è già pentita.
Coraggio baby-leader!
Paolo Franchi sul Corriere della Sera: «C'è qualcosa di vagamente surreale nella contrapposizione tra chi, nel centrosinistra e dintorni, vuol dire tutto il male possibile di Silvio Berlusconi, punto e basta, e chi, invece, reputa opportuno avanzare delle proposte, e indicare un programma. Certo, massimalisti infastiditi all'idea stessa di governare e riformisti più o meno dichiarati, più o meno inclini al compromesso, ci sono sempre stati; e i primi hanno quasi sempre prevalso, nel popolo (e tra gli intellettuali) della sinistra più ancora che nei suoi gruppi dirigenti. Ma forse mai negli ultimi decenni lo scontro si era presentato in forme così primordiali. Sicuramente mai, nella vecchia sinistra, a un direttore dell'Unità era saltato in mente di teorizzare che l'opposizione perde il suo tempo, o peggio, incalzando in Parlamento il governo in carica. (...) Le responsabilità più significative per questa situazione forse non la portano tanto i massimalisti, i leader veri o presunti dei non meglio identificati "ceti medi riflessivi", i teorici della via giudiziaria al cambiamento e compagnia cantante, quanto piuttosto i riformisti (...), convinti che a dare battaglia aperta per le proprie convinzioni, e peggio a cercar di tradurle in iniziativa politica conseguente, al governo come all'opposizione, ci si rimetta sempre; inclini a prendere tempo, a rinviare, ad esercitarsi nella difficile arte della mediazione anche quando la mediazione è palesemente impossibile, piuttosto che a giocare d'anticipo. A questo cliché ha provato a sottrarsi Rutelli», ma ha ricevuto in risposta legnate.

Ora Fassino decida (e ci dica) con chi sta: il Riformista o l'Unità
Em.Ma. «E' in corso una durissima polemica tra il Riformista e il direttore dell'Unità a proposito delle posizioni di Rutelli sui contenuti della riforma pensionistica, e, sul piano politico, sulla necessità di «incalzare» il governo proprio sul tema delle riforme. Le uscite di Rutelli sono state bollate dall'Unità come cedimento al governo la prima, e come improponibile la seconda, perché l'Italia non è un paese normale. Per Colombo, l'unico obiettivo è cacciare Berlusconi e quindi occorre solo una forte dose di antiberlusconismo. Il Riformista ha notato che tale posizione rende inutile la presenza dei gruppi parlamentari e si identifica con quella dei girotondi, anziché con quella di una forza politica. La replica di Colombo è sprezzante: il "riformismo del silenzio" contrapposto alle grida di allarme dell'Unità. A nostro avviso, non è in discussione se cacciare o no Berlusconi, ma come raggiungere tale risultato: impegnandosi a risolvere i problemi del paese o denunciando l'anormalità? A questo punto però ci interesserebbe sapere qual è l'opinione di Fassino, non tanto sul metodo poco collegiale usato da Rutelli, ma sulla sostanza. Eludere il tema non è più possibile».
Ancora Kerry, Dean ancora battuto
Per John F. un solido 39%, contro il 26% di Dean. Pari al 12% Edwards e Clark. Il cane rabbioso Dean in catene. Gli elettori hanno la testa, Soros ha i soldi

Tuesday, January 27, 2004

Building Democracy in Iraq
Un'analisi della Heritage Foundation sul nation building iracheno. «Costruire la democrazia in Iraq è un affare complicato. Una transizione democratica troppo rapida potrebbe portare forze antidemocratiche al potere e destabilizzare il paese. Procedere troppo lentamente potrebbe provocare ulteriore ira da parte della maggioranza sciita irachena e del suo leader, l'ayatollah Ali Sistani. Per Nile Gardiner e James Phillips la democrazia dovrebbe essere incrementata per fasi: elezioni locali e municipali, elezioni provinciali, e solo alla fine elezioni nazionali. Nel frattempo gli Stati Uniti dovrebbero gradualmente trasferire potere ad un'amministrazione irachena ad interim. Le Nazioni Unite hanno un ruolo in questo processo, ma questo ruolo è limitato. Darle poteri decisionali più ampi potrebbe nuocere al processo».
  • A Limited Role for the United Nations in Post-War Iraq, di Nile Gardiner and James Phillips

  • To Build a Stable Iraq, Empower Iraqis, Not the U.N., di James Phillips

  • Saddam Hussein's Trial, di Paul Rosenzweig

  • Bolster Freedom, Not Dependence, in Iraq, di James Phillips and Marc A. Miles, Ph.D.
  • Desideri
    L'Europa vuole la crescita economica mantenendo l'attuale welfare. Sarà possibile? Dice la sua Irwin M. Stelzer, in Europe's Wishful Thinking su Weekly Standard.
    Miti occidentali
    Sei "equivoci" sull'Iran e il suo presidente Khatami che in mano alla stampa internazionale diventano disinformazione. Meditate anche qui.
    Meditate gente, meditate
    «L'antisemitismo di oggi è legato a un giudizio sulla situazione mediorientale e sullo Stato di Israele. Celebrare gli ebrei morti senza considerare gli ebrei vivi è un male che si sta aggravando. Si santifica la storia passata del popolo ebraico e si condanna quella presente dello Stato di Israele».
    «Queste manifestazioni per il Giorno della Memoria spesso contengono elementi di condanna per la politica di Israele. E gli stessi ragazzini che hanno fatto ricerche sull'Olocausto si alzano in piedi col dito puntato contro l'ebreo divenuto persecutore dopo essere stato perseguitato».
    Rutelli prova a ragionare, gli altri non ci stanno
    «Di pensioni o di misure a tutela del credito, che sono i temi recentemente affrontati da Rutelli, non si può parlare, perché in questo modo l'opposizione parlamentare perde il carattere di cassa di risonanza dei girotondini o della sinistra sindacale in cui, secondo l'Unità, deve esaurirsi. Insomma, non basta essere antiberlusconiani, si deve essere solo quello. Rutelli, che aveva sostenuto il contrario, cioè che "l'antiberlusconismo non basta", viene richiamato bruscamente all'ordine». Anche il Riformista lo nota.
    L'euro?
    Errori. Di Prodi, della Bce, di Berlusconi, ma si dica con serietà: «Ogni unione monetaria comporta rincari per chi aveva i prezzi più bassi».

    Monday, January 26, 2004

    [Credono di fare del bene, e di essere scaltri, ma sono goffi e decidono senza scrupoli sulla testa degli indifesi. Grandi burattinai senza fili, piccole sclerosi aziendali, imploderanno tutti in un peto, in un pluck. E a qualcuno spetterà ricominciare da zero, solo quando troverà tempo per vedere al di fuori di sé.]

    "UN Should Change - or U.S. Should Quit"
    «In a little more than a decade, our world has been transformed, first by the fall of the Soviet Union and then the events of 9/11. Everything has changed--except for the UN. It remains an invention of a vanished era, designed to solve vanished problems. It must evolve or it will slide from irrelevance to oblivion. If the UN is not part of the anti-terror fight, the United States should not be part of the UN». Leggi tutto
    David Frum e Richard Perle
    Un presidente slabbrato. Slabbrato in faccia, per via del lifting. Slabbrato il partito, festeggia (a ragione) i dieci anni, dieci anni di promesse mancate. Slabbrate le sue parole, le più esaltate nei comizi, che però non si traformano mai in fatti. Tutti odiano Berlusconi per quello che è, e per quello che dice di voler fare. Chi lo vota si aspetta che faccia quello che dice, anche le riforme più estreme che invoca, e crede negli attacchi più duri che lancia. Ma poi l'elefante partorisce un topolino, cadrà nell'abisso che c'è tra le aspettative create e le poche cose realizzate. E' la più eclatante dimostrazione che "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare".

    Friday, January 23, 2004

    E se la mia religione impone la testa rasata?
    La legge voluta da Chirac per proibire di indossare segni religiosi "ostentati", come il velo o le croci, si risolve nell'«affermazione assai discutibile della laicità come principio da imporre ai cittadini invece che come dovere di non interferenza dello Stato nelle questioni di culto». Fa presente Nicoletta Tiliacos sul Foglio che bisognerà creare «miriadi di sotto-commissioni Stasi, incaricate di valutare, volta per volta, scuola per scuola, se la bandana inalberata dalla ragazzina in classe sia semplicemente e innocuamente modaiola o funga da subdolo surrogato del velo proibito. Oppure, se quella sul volto del liceale sia una "normale" barba e non un segno che illecitamente segnali il credo islamico del possessore». E se mio padre appartiene ad una setta e mi manda in giro calvo? La commissione m'imporra la parrucca? In sostanza, «chi deciderà se si tratta di segno "ostensibile" di religiosità o di "visibile" civetteria? Questo è il problema». Un consiglio Chirac lo potrebbe trovare leggendo "Storia dell'Unione sovietica".
    Confesso che non me lo sono letto tutto. Cosa? Il discorso sullo stato dell'Unione del presidente Bush. Per fortuna è stato più attento 1972, che infatti segnala un passaggio importante, naturalmente oscurato dai media perché non in linea con la comoda immagine del Bush guerrafondaio irresponsabile.
    «As long as the Middle East remains a place of tyranny and despair and anger, it will continue to produce men and movements that threaten the safety of America and our friends. So America is pursuing a forward strategy of freedom in the greater Middle East. We will challenge the enemies of reform, confront the allies of terror, and expect a higher standard from our friend. To cut through the barriers of hateful propaganda, the Voice of America and other broadcast services are expanding their programming in Arabic and Persian - and soon, a new television service will begin providing reliable news and information across the region. I will send you a proposal to double the budget of the National Endowment for Democracy, and to focus its new work on the development of free elections, and free markets, free press, and free labor unions in the Middle East. And above all, we will finish the historic work of democracy in Afghanistan and Iraq, so those nations can light the way for others, and help transform a troubled part of the world».

    Certo, sono solo parole e le cautele sono d'obbligo, ma seguire quali strategie questa amministrazione affianca a quella militare in Medio Oriente non credo che sia tempo sprecato per chi crede nella possibilità di dispiegare le armi nonviolente dell'"attrazione" democratica. C'è spazio per spingere l'America ad investire sulle bombe d'informazione, sul sostegno ai gruppi arabi riformisti e democratici, sulla promozione dell'immagine della democrazia, sulla "guerra delle idee". Non sembra esistere lo stesso spazio in Europa, che appare più vicina, ma più distante dal Medio Oriente.

    Sugli altri argomenti utili anche:
  • L'economia "compassionate" di Bush: «Crescita, welfare e tassa negativa nel discorso sullo stato dell'Unione».

  • Tutte le (molte) critiche al presidente

  • Il Foglio
    Nevica a Roma!!!
    Ecco il "gran filosofo" Vattimo che si dà al varietà
    Cosa pensa dell'"infibulazione soft" (qui i fatti): «Si tratterebbe di ridurre la faccenda a una piccola puntura di spillo con anestesia che salverebbe il senso rituale della cerimonia. (...) Vietare allora anche l'uso, ancora in vigore in Italia, di bucare i lobi dell'orecchio, delle bambine e non dei maschietti, per prepararli agli orecchini? E poi: se l'inviolabilità del corpo è un principio assoluto, ovviamente si dovrebbe vietare, anche agli adulti «consenzienti», ogni forma di piercing e di manipolazione estetica (il povero Cavaliere sarebbe processabile anche per questo?) del proprio corpo. Per non parlare della circoncisione, che solo con molta buona volontà si può giustificare come motivata da cogenti ragioni di igiene. Quanto al significato "maschilista" del rito, possiamo essere d'accordo, ma osserviamo solo che a portare la bambina dall'infibulatore sono le madri, le quali tengono a garantire che la figlia sia pienamente accettata nelle loro comunità. E' una barbarie? Io credo di sì, ma non mi sento di condannarla se ridotta a una funzione simbolica. Se no persino la messa, dove si mangia e beve il corpo e il sangue di Cristo, andrebbe stigmatizzata come cannibalismo».
    Ma sì, continuiamo a dar credito a questi nostri intellettualoni! E complimenti a La Stampa che ospita queste opinioni sì ricche d'argomenti. Bisognerebbe rispolverare un po' di sani vaffa...

    Thursday, January 22, 2004

    Don Chisciotte contro i mulini a vento
    Contro un pratica barbara e disumana
    Una puntura sul clitoride invece della mutilazione. Questa la proposta di un ospedale toscano per venire incontro alle "tradizioni" degli immigrati islamici (qui i fatti). Bell'idea, così magari vi sentirete più politically correct, più tolleranti e società multirazziale, più fighi di sinistra o, visto da destra, contrari all'integrazione che minaccia l'identità dei popoli. Non vi sentiate però alleggeriti la coscienza del peso di aver deciso di imporre una sofferenza e un'umiliazione ad una persona umana indifesa, violando il suo diritto umano all'integrità fisica. Tra il moralismo e il vostro relativismo culturale, può esistere una politica "morale" che rispetta le diversità senza permettere le cose più ignobili: non mi vergogno di voler impedire, anche al di fuori del mio Paese, che culture diverse dalle mie applichino pratiche barbare, primitive e disumane. Senza compromessi ipocriti. Noi qui siamo quelli che il clitoride si bacia, non si punge. Siamo anche contro la circoncisione.
    Al mungicipio di Roma
    E' deciso, Veltroni dà il via alla sua ultima genialata, e stavolta non è una nuova black night, ferma le auto con targa pari mercoledì 28 gennaio. Spero che almeno si degni di pubblicare delle mappe delle zone off limits, ma più probabilmente proverà a giocare sulla confusione per rimpinguare con le multe le casse del mungicipio. Ma di questa fregatura avevo già parlato. Tra me e il sindaco da oggi è guerra e lui è uno sporcaccione, come direbbe la sora Lella. Da quando è in carica non ha mai pulito piazza dei Cinquecento. Se uscite dalla stazione della metro Termini, turatevi il naso, il puzzo delle cacche di uccelli e piccioni vi potrebbe uccidere, vi entra in gola, è disgustoso ed è lì da anni. Oltretutto è anche un problema di igiene pubblica perché è si possono sottovalutare i bisognini dei passeri, ma gli escrementi portano malattie pericolose per l'uomo. Caro sindaco, è vero, Roma è vicina al Terzo mondo, ma non solo per la tolleranza che le è cara.
    Vince Kerry. E Bush cambia il discorso
    Così la vede Gianni Riotta sul Corriere della Sera: «Bush contro Bush, i democratici contro i democratici, dunque. Chi si farà meno male, vincerà».
    «La strategia di Bush è nitida: far pesare le vittorie contro l'Internazionale del caos più dei posti di lavoro che la ripresa economica non crea a sufficienza e dell'insicurezza che rode lavoratori e ceto medio. Anche i democratici hanno se stessi per nemico. Howard Dean, che troppi frettolosi davano per vincitore, affida adesso la sua sopravvivenza al voto di martedì in New Hampshire. Dean considera i leader di Washington "scarafaggi", ha insultato il presidente del suo partito McAuliffe e giurato di portare "la rabbia" al potere».
    «L'ala raziocinante del partito, il progressista kennediano John Kerry, e il clintoniano del Sud, John Edwards, s'è vendicata battendo Dean in Iowa. La guerra civile continua, ha urlato scomposto Dean, e i comici se ne fanno beffe»
    «Bush e Rove hanno preso atto che il Paese è diviso a metà. Il discorso di martedì è piaciuto a tanti americani quanti se ne sono detti delusi. Inutile allora inseguire la rabbia di Dean, meglio ricordare il pericolo Al Qaeda». E' «catenaccio» dunque.
    Mieli, Rutelli e la sinistra sedicente riformista
    «Se l'Ulivo avrà una qualche chance di vittoria elettorale, ciò lo si dovrà quasi esclusivamente al fatto che qualcuno dei leader di questo campo avrà saputo sottrarsi al pur divertente dibattito sul triciclo e sarà andato a contendere al centrodestra i voti moderati. Dovessi dire che tutte queste idee di Rutelli mi convincono, mentirei. Ma nondimeno queste iniziative rutelliane sono a mio avviso la cosa più interessante prodotta dal centrosinistra negli ultimi tre anni. Più interessante e più utile.»

    «Con la proposta di un secondo livello contrattuale, cioè di un contratto aziendale e locale che, a differenza di quello nazionale, tenga conto del fatto che il costo della vita cambia da regione a regione, Francesco Rutelli si è tirato addosso nuove polemiche da parte di qualche settore della Cgil. D'altronde non è una novità, da qualche tempo almeno; e non investe solo i rapporti tra il leader della Margherita e Guglielmo Epifani. Nel 2002 Rutelli ha difeso il leader Cisl Savino Pezzotta dagli attacchi della Cgil cofferatiana ai tempi delle polemiche sull'articolo 18.

    Di recente si era già scontrato con la Cgil quando aveva proposto di innalzare di due anni l'età pensionabile: «Lo strappo di Rutelli», ha titolato in prima pagina il Manifesto per poi insistere a pagina tre con «Pensioni, Rutelli spiazza tutti». Cosimo Rossi, sempre sul «quotidiano comunista», ha osservato che l'ex sindaco di Roma «agisce sulla contraddizione irrisolta della sinistra sedicente riformista, sul fatto che D'Alema e i suoi boys sbavano per poter dire (e fare) le stesse cose della Margherita sulla politica sociale, ma non possono, prigionieri come sono del protagonismo e del consenso della Cgil e dei movimenti».

    «In materia di politica internazionale Rutelli si è distinto come il più atlantico dell'intero centrosinistra e si è fatto paladino della permanenza dei nostri pacifici militari in Iraq».

    «Un anno fa quando Berlusconi chiamò un applauso unitario per gli alpini in Afghanistan, Rutelli fu tra i pochi nel suo schieramento a dar prova di fairplay e a battere le mani».

    «Pur essendo poi di provenienza radicale (per un anno fu segretario del partito fondato da Marco Pannella) ha da tempo sperimentato una politica di attenzione nei confronti dei cattolici che spesso ha preso di contropiede persino i suoi colleghi ex democristiani e si è inimicato i Ds e la parte laica della Margherita (Enzo Bianco) sostenendo le ragioni del no alla fecondazione assistita».

    «L'ex sindaco di Roma non ha mai avuto buoni rapporti con il ministro dell'Economia e una volta si è così confidato con Alessandra Longo (la Repubblica ): «Il famoso "reciproco riconoscimento" con l'opposizione esclude persino la stretta di mano; l'ho sperimentato io stesso con Giulio Tremonti; dopo averlo attaccato in Parlamento, l'ho incontrato a un ricevimento e al mio saluto si è voltato dall'altra parte». Ma, nei primi giorni dello scandalo Parmalat, ciò non ha impedito a Rutelli di essere tra i primi nel centrosinistra a chiedere che si facesse piena luce sulla faccenda e a non mostrare eccessiva indulgenza nei confronti del governatore della Banca d'Italia».

    «Il Foglio di Giuliano Ferrara - che pure non lo ha mai avuto in simpatia - recentemente lo ha descritto come il leader ulivista «più alieno di altri sia dalle riconoscenze "debitorie" e dagli interessi bancari del Centro Italia che influenzano le posizioni dei Ds, sia dalla "solidarietà operante" che i prodiani doc riservano a banchieri "amici"».
    Che faranno i riformisti di Khatami?
    «Due mandati inconcludenti alle spalle e tutti i sogni di rinnovamento rimasti carta straccia, i rivoltosi attendono uno sguardo benevolo della comunità internazionale e del paese sfiduciato verso il loro tardivo braccio di ferro». Il seguito popolare dei riformisti, che oggi ingaggiano la battaglia per le (loro) candidature, sembra vicino a quota 0. «Corteggiata, blandita, implorata per il bene superiore della nazione, la tanto invocata società civile non risponde. "Il Parlamento non ha potere decisionale. La nostra partecipazione alle elezioni non servirebbe che a rafforzare il potere degli apparati non democratici", ha detto Abdollah Momeni, leader della maggiore associazione studentesca». Si aprono le porte per nuove forme di opposizione?

    Ipotesi di distensione con gli Usa: un bene o un male? C'è poco da dubitare sulla strumentalità delle aperture del regime degli ayatollah: una tregua con gli Usa pur di migliorare l'economia e rimanere in sella. «"Un giorno o l'altro le relazioni tra l'Iran e gli Stati Uniti saranno riallacciate", ha dichiarato a Le Figaro il potente segretario per la sicurezza nazionale Hassan Rowhani, demiurgo dell'accordo sul nucleare. Dalla capitale Mohammed Hossein Adeli, viceministro degli Esteri, rilancia sulle sanzioni e chiede all'Amministrazione Bush ulteriori "passi concreti"». Potrebbe essere l'addio del regime change, o l'inizio della fine degli ayatollah. «Chi avversa il dialogo con la Repubblica islamica si prepara a dire addio al sogno del regime change a stelle e strisce, paventa il rinsaldarsi dell'establishment e il soffocamento delle alternative democratiche. Chi crede alla strategia dell'engagement promette che l'apertura dell'Iran finirà in ultimo per allentare e poi consumare inesorabilmente la presa dei mullah». Leggi tutto

    Proposta. L'astensionismo alle prossime elezioni potrebbe tagliare la testa al toro. L'Ue potrebbe mandare degli osservatori.
    Emma Bonino Alto Commissario Onu per i diritti umani
    Magara... Ne riparla oggi Il Foglio. Sarebbe la candidatura dell'Italia, ma la Farnesina non vuole fare pressioni, perché, dice, sono controproducenti, "Annan deciderà da solo". Mi pare che all'Onu le cose girino esattamente il contrario, chi rompe più i cojoni, l'ha vinta. I sostegni sono autorevoli: Bobbio, Cossiga, Prodi, Fassino, Andreotti, Rutelli. Lei la persona in assoluto più adatta, ma oltre a non vederci chiaro nel comportamento del governo italiano, diffido di Annan, che fino ad oggi non ne ha combinata neanche una giusta, peggio di Rutelli, che almeno ultimamente si sta svegliando dal letargo che lo avvolge dalla nascita. Leggi sul Foglio

    Intanto, la Bonino non si ferma. Ha partecipato al Cairo alla conferenza "Donne e Parlamenti". Un suo resoconto radiofonico su Radio Radicale (tra breve l'audio).
    StaseralaRomabatteràilMilan!
    Ecco fatto, l'ho detta.

    Wednesday, January 21, 2004

    Empasse Iran
    Gli iraniani vogliono un paese moderno e secolare, ma il tentativo riformista sembra essersi esaurito, privo ormai di seguito popolare. La tattica dei guardiani della rivoluzione, che hanno prima bandito dalle elezioni migliaia di candidati riformisti per poi riammetterne 200, sembra aver avuto il successo sperato: la divisione del fronte riformista e la delusione della gente (nessuno si è mosso a Teheran per difendere i candidati di Khatami esclusi). E la premio Nobel Shrin Ebadi ha esplicitamente chiesto le dimissioni del presidente Khatami, osservando che se violenza ci sarà non sarà per colpa del popolo. Con il declino dello sfogo-illusione riformista alla Khatami si aprono le porte a nuove forme di opposizione, forse più radicali, meno probabilmente violente. L'Occidente deve sostenerle senza esitazioni, con denari, parole e posizioni chiare, informazione. Il regime change va indotto, non si può rinviare. Israele e Pakistan dialogano a Roma? Lo dice oggi il Riformista.
    George W. BushMa battere questo presidente non sarà facile
    In Iraq il lavoro non sarà lasciato a metà. Senza Saddam il mondo è più sicuro.
    Dopo la recessione, gli attacchi terroristici, gli scandali della finanza e le incertezze della guerra, grazie al Congresso, che ha agito per stimolare l'economia con la riduzione delle tasse, «l'economia è forte e sta crescendo più forte».
    La 'difesa attiva' del popolo americano è la maggiore responsabilità dell'Amministrazione. «I nostri soldati nel mondo rendono l'America più sicura».
    Snocciola i risultati, un discorso elettorale, perché sa bene di non potersi fidare dei democratici, e tutti i motivi per un secondo mandato. I temi chiave, sicurezza ed economia, sono suoi.
    Il testo integrale
    Il testo in italiano, tradotto per Il Foglio da Aldo Piccato
    Primarie democratiche da guardare con interesse
    Le primarie americane per decidere lo sfidante democratico del presidente Bush si decideranno all'ultimo caucus, la lotta è apertissima. Ma la sconfitta di ieri in Iowa del "girotondino" Dean conferma la scarsa attrattiva di soluzioni demagogiche e populiste a problemi estremamente seri come la sicurezza, per la quale i cittadini americani non sembrano aver voglia di scherzare. La pacatezza e la moderazione di John Kerry (e del giovane Edwards) hanno quindi prevalso sulla faziosità rabbiosa e l'ipocrita appeal pacifista di Howard Dean. Adesso sarà interessante vedere anche le mosse del generale Wesley Clark, che torna in partita, ma dovrà cambiare approccio. E non sempre chi vota si fa convincere dalle macchine elettorali più ricche e potenti (con l'appoggio di Soros, di Gore, di Jimmy Carter, dei sindacati), a patto che per gli altri candidati non siano un alibi per un vuoto di idee. I delegati hanno scoperto il bluff, usato il cervello e non il cuore, perché sanno che così si può sperare di dare filo da torcere a Bush, che avrebbe gioco facile con un avversario al limite dell'antipatriottismo e che infatti dopo ieri deve rivedere i propri piani. «Saggi democratici», dice David Frum su National Review.
    Qualche commento, sul Foglio:
    La calma fredda di Kerry funziona e Clark si ricorderà di essere generale?
    Dean perde le staffe, non basta un girotondo per vincere. «Il dottor Dean e la sua retorica pacifista piacevano, entusiasmavano, come in un girotondo appunto, ma quando il gioco si è fatto serio non hanno convinto, nonostante la poderosa organizzazione» e gli "autorevoli" sostegni.
    La lezione americana. «Gli Stati Uniti non saranno Atene ma la lunga corsa a ostacoli iniziata fra i farmers dello Iowa è quanto si avvicina di più a una scelta consapevole e motivata di quella base che in Europa è un inutile mito. E' l'unico modello conosciuto di politica in diretta che coinvolge milioni di persone». «In fondo gli Stati Uniti non sono altro che un'Europa riuscita».
    il Riformista:
    Perde il girotondino Dean. Anche lo Iowa va al centro
    Rutelli ci prova
    Non sarà facile e se sarà un bluff si vedrà presto. Intanto, dopo essersi smarcato dalla demagogia sugli alpini in Afghanistan e il ritiro delle truppe dall'Iraq, arriva la proposta di Rutelli sulle pensioni («Non possiamo andare senza una proposta al dibattito parlamentare»), e io ci aggiungerei il cambiamento della posizione ufficiale del gruppo alla Camera sulla fecondazione assistita. Vantaggi: privo di scorza ideologica, di base giacobina, e, soprattutto, di poteri forti cui render conto. Difetti: bello e vuoto, spesso bluffa. «In gioco il diritto di veto della Cgil e la leadership riformista a sinistra» e Sul Rifomista di oggi anche una lettera di cicciobello Francesco.

    Tuesday, January 20, 2004

    John Kerry+++Sorpresa! democratica. Una campagna vera, tutto può accadere. John Kerry, un candidato decente, si aggiudica le primarie democratiche in Iowa, battuto Howard Dean (evviva!), solo terzo, si ritira il piatto Gephardt.
    Kerry 38%
    Edwards 32%
    Dean 18%
    Gephardt 11%
    Meno Spinelli. Barbara Spinelli, come gran parte del giornalismo italiano, si è bevuta il cervello. Christian Rocca l'ha colta con le mani nel vasetto di marmellata. Meno spinelli, cara Barbara.
    Stasera il discorso di Bush sullo stato dell'Unione
    Non a caso anticipato, in piena campagna per le primarie democratiche. Illustrerà la fase due del programma dell'amministrazione. Iraq, esportazione della democrazia, guerra al terrorismo, ma soprattutto la grande crescita economica e un piano per arricchire la nuova classe media.
    Il Foglio
    La sinistra "travagliata"/1
    La questione è il coraggio dei leader
    Ferruccio De Bortoli risponde sul Riformista alla lettera-appello di Cafagna, Pansa, Pasquino. Salvati. «C'è un pubblico moderato, moderno ed europeo, non visceralmente antiberlusconiano, e non romanticamente giacobino, che vorrebbe semplicemente conoscere idee, programmi e candidati di un'opposizione seria e responsabile. (...) Per valutare con il criterio razionale e il metro dell'interese comune, costi e benefici di una politica riformista». Invece, i leader del centrosinistra temono il marchio e il giudizio girotondino e massimalista sulla purezza del loro opporsi, come se semplicemnte «opporsi sia più nobile che amministrare». «La società civile non è solo un girotondo». All'ultima riunione girotonda abbiamo visto un Fassino avvilito e bastonato in cerca di indulgenza da un noto regista della benemerita società civile: non affiderei ad un uomo così il governo del mio Paese, almeno Berlusconi ha le palle. E le elezioni si vincono con-vincendo i moderati, la maggioranza silenziosa, questo lo sanno anche i bambini. emblematico, per De Bortoli, il "caso Parmalat": la sinistra ha difesto Fazio (anche Tanzi all'inizio) e non i risparmiatori derubati, alle tasche vuote ci ha pensato Tremonti. Diciamolo con franchezza, nel merito e nei metodi, i girotondini sono elitari e beceri populisti, espressione di un moralismo ossessivo che ricorda la destra cristiana americana. Coraggio leader! Rutelli ci prova qui e qui, anche qui.
    La sinistra "travagliata"/2
    Che teneri i Balilla
    Abbiamo tutti sorriso con tenerezza di fronte ai servizi dei telegiornali che riportavano la notizia delle manifestazioni dei giorni scorsi contro la Moratti. Non entro nel merito, non tutti i torti hanno in questo caso i manifestanti, ma trovo sconcertante la strumentalizzazione e l'uso dei minori che si è fatto portando in piazza centinaia di piccoli alunni delle elementari. E rabbrividisco se penso che, come accadeva settanta anni fa, sono stati indottrinati e convocati dai loro insegnanti, che alla stregua di commissari politici, hanno ridato così vita ad adunate di regime, ai sabati fascisti, con tanti piccoli, teneri balilla. Anche questo è il frutto di questa sinistra "travagliata" e populista. Di questa classe di insegnanti dobbiamo solo spaventarci. Senza alcun approfondimento impartisce il suo politically correct ai propri alunni, sia contro la Moratti, sia per la pace ("quale non ha importanza, cio che conta è che ci lascino in pace"). E' un'ondata peggiore della precedente: ai sessantottini si sono aggiunti i settantasettini. I frutti di allora sono tutti qui. E qualcuno la chiama pure la mejo gioventù!
    La Capitale
    La politica delle feste, delle serate culturali, delle manifestazioni estive sta mostrando la corda, caro Veltroni. I due vecchi problemi di Roma rimangono tutti, se possibile peggiorano. Su traffico e trasporti, risultati 0. Ma lei ha la soluzione in tasca, vero? Già, che bella pensata, la circolazione a targhe alterne, che genio. Solo ad un politico di professione, che spende tutti i giorni della propria vita lavorativa a tentare di risolvere i problemi della collettività può venire in mente una così originale ed equa soluzione. Mi chiedo, ma è pagato per questo, signor sindaco? Che stupidini a non pensarci prima, ad affannarci sui mezzi pubblici, sui parcheggi, sui vigili in strada, sui lavori pubblici, sulla segnaletica. Che bisogno c'era quando la soluzione è a portata di mano? Troppo traffico? Non prendete l'auto. Mal di denti? Non mangiate. Me lo sentivo che c'era la fregatura, che dopo le buone cose fin qui fatte avrebbe mostrato tutta la sua demagogia.
    Chi è causa del suo mal pianga se stesso
    Altro che riforme, Governo vicino alla rottura.

    Monday, January 19, 2004

    Friday, January 16, 2004

    Il modello iraniano
    Su cosa si regge e come va abbattuto. Dal Foglio: «E' un modello che tempera il più duro totalitarismo con il decantamento delle contraddizioni politiche tramite una sorvegliata rappresentazione della volontà popolare. E' un modello che ha funzionato perché dal 1997 in poi, con la vittoria di Khatami, la crisi politica della Repubblica islamica ha trovato una valvola di sfogo in un riformismo impotente. In questo contesto, ovviamente, non si è mai realizzata alcuna riforma, ogni volta cassata vuoi da Khamenei, vuoi dal Consiglio dei guardiani. E' un'esperienza inedita di "riformismo" octroyé, controllato dal regime, funzionale soltanto a preservare lo Stato totalitario. In Occidente non si è compresa dinamica e troppo spesso si è accreditato Khatami quale detentore di un potere reale (Bush ha cessato di crederlo e gli studenti iraniani con lui). Oggi viene impedita la candidatura di 83 deputati riformisti e di migliaia (3-4 mila) di altri candidati: «Il segnale è dato: lo Stato totalitario giudica ormai raggiunto il limite di tolleranza verso le spinte riformiste». Si comincia a fare sul serio. Leggi tutto
    La società civile? Non è solo un girotondo
    Lettera al Riformista
    Powell triste. Getta la spugna?
    Tempi duri per la colomba-realista, è probabile che in un secondo mandato un rimpasto lo lascerebbe fuori. Sia chiaro, preferiamo Colin Powell a James Baker.
    Ferrara invita il "Cav." ad «una certa congruenza tra parole e fatti».
    L'Istat? Indietro, come tutto il Paese
    Riascolta Tremonti (da RadioRadicale.it) alle Commissioni Finanze e Attività produttive di Camera e Senato. «Bankitalia ha sottovalutato il caso Parmalat». Sul tavolo le lettere, il carteggio ministero dell'Economia-Banca d'Italia, che inchiodano Fazio. Soluzioni: authority che operino per funzioni ed in primo luogo un'autorità unica che abbia la competenza sul risparmio. Dibattito in Parlamento e apertura all'opposizione: Fassino, Letta e Amato alla finestra. Visto dal Foglio, visto dal Riformista
    La Telekom Serbia alla fase 2
    Ora che si passa ad indagare sulle responsabilità politiche (saranno sentiti Prodi, Dini, Fassino, Micheli e Trantino ha dichiarato chiusa la "fase Marini") e che la Commissione potrebbe diventare una cosa seria, ovviamente tutti scappano, centrosinistra in testa, e si mira ad affossare. Il tutto avrebbe avuto più credibilità se si fosse partiti subito da qui.

    Thursday, January 15, 2004

    Left Obsessions
    Le forti motivazioni morali che da sempre sono alla base dell'impegno politico di tutti noi, per molti, di questi tempi, diventano sempre più ossessioni che invadono il campo della psichiatria.
    Ossessionata da Berlusconi, la sinistra italiana è ormai incartata su se stessa. Se ne rende conto il senatore Franco Debenedetti, che commenta al Foglio la bocciatura del Lodo Maccanico: «E' l'ennesima sconfitta del partito degli avvocati di Berlusconi, ed è un peccato perché io l'avevo scritto che il problema dell'improcedibilità temporanea per le alte cariche istituzionali c'era, e meritava una soluzione condivisa che non incorresse in scomuniche. Dal no della Corte viene un vantaggio innegabile per l'opposizione, ma c'è anche il rischio che per noi della sinistra riformista tutto diventi più difficile, con la ripresa del girotondismo e dell'antiberlusconismo risolto in chiave giudiziaria, una ripresa dello scontro politico tra i due poli in grande stile compromette nuove regole essenziali che sembravano a portata di mano: quelle sul controllo dei mercati e quelle di riforma costituzionale e della giustizia». Per la sinistra è «un rischio molto forte. Che si rilanci il girotondismo giudiziario proprio quando aveva perso fascino e presa. E che ciò avvenga proprio nei mesi decisivi per porre le basi di un partito riformista, il rischio è di restare invece con una babele di sigline e siglette». «La questione è se riprenderà piede la tentazione di impostare tutto il resto della legislatura martellando Berlusconi sui processi che gli si riaprono. Un doppio pericolo, anche. Primo perché quand'anche si rivelasse vincente nelle urne – e in passato non lo è stato – l'antiberlusconismo giudiziario il giorno dopo aver vinto le elezioni lascerebbe intonso il capitolo di che cosa fare al governo, un problema il cui mancato chiarimento già portò alla caduta di Romano Prodi. Secondo, ci manca solo che a un governo che ha impegnato parte rilevante della legislatura a varare leggi ad hoc ne segua uno di segno diverso che spendesse eguali energie nello smontarle una ad una. Dell'Italia, ce ne vogliamo occupare?».
    Ossessionati da Bush, come George Soros, il cui unico scopo di vita è non vederlo rieletto e
    ossessionati dai neocons, la cui influenza all'interno dell'amministrazione Bush è stata sovrastimata, per non citare tutti i luoghi comuni, sfatati esaurientemente da Max Boot, su Foreign Policy: Leggi tutto.
    Palermo - I settori politici («Gli accusatori di Andreotti e Dell'Utri, in difficoltà per lo scandalo Ciuro, non fanno nomi - ma il nome è: Violante») che hanno legittimato la "primavera" di processi politici palermitani partiti dall'era Caselli si sono ritirati, lasciando con il culo scoperto i pochi fedelissimi procuratori siciliani anti-Grasso. Questa l'esternazione del pm Ingroia a Primo Piano. Sul Foglio di oggi: «L'Unità ha pubblicato una lunghissima lettera – quasi una controsentenza – inviata da Caselli e dai suoi tre ex sostituti al presidente della Repubblica e al Csm perché facciano sapere al Parlamento, alla Cassazione e a tutto il vasto mondo che "il processo Andreotti andava comunque fatto". Tanto è vero, vi si legge, che la Corte d'appello di Palermo, presieduta da Salvatore Scaduti, ha prescritto – ritenendole quindi provate – le mafioserie commesse dal solforoso senatore a vita negli anni della mafia ruggente, quella di Stefano Bontade e Tano Badalamenti, di Salvo Lima e dei cugini Nino e Ignazio Salvo. Ma c'è un ma. Che tiene insieme sia il messaggio di Ingroia che la lettera di Caselli. Il senatore Andreotti, dopo essersi liberato dei 24 anni di carcere piovutogli addosso per Pecorelli, ha presentato alla Suprema corte un secondo ricorso con il quale chiede l'annullamento anche di quella parte della sentenza Scaduti che lascia una "mascariata" sulla sua lunga carriera di uomo politico. Cosa succederebbe se la Cassazione – che già ha smentito tredici volte, che scalogna, le dichiarazioni di Tommaso Buscetta, pietra angolare di tutte le accuse di Caselli – spazzasse via anche quest'ultima nube? Apriti cielo. Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, potrebbe aprire la cartellina, ancora custodita in cassaforte, nella quale un diligente ufficio di ragioneria ha assommato, voce dopo voce, i costi del processo del secolo. Una cifra da capogiro: 87 (dicesi ottantasette) miliardi di vecchie lire: tanto per gli avvocati dei pentiti, tanto per le trasferte dei magistrati, e coì via elencando. Niente di scandaloso: la giustizia ha costi che non si discutono, anche quando assolve. Ma il processo Andreotti – e Ingroia indirettamente lo ammette – non era un processo e basta. Era il processo che avrebbe dovuto dare la spallata politica. Era un processo che "la magistratura non poteva tenere sulle sue spalle da sola"».
    Chirac giacobino, non laico
    Il Papa contro la legge antivelo di Jacques Chirac. «Insieme a un riconoscimento del valore della laicità dello Stato, come "distinzione tra la comunità politica e le religioni", contesta invece il "laicismo", che punta a confinare la fede nella sfera privata, negando cittadinanza alla "dimensione sociale della religione"». Anthony Giddens, neolaburista, che non ha niente a che vedere con gli ambienti cattolici, «considera la proibizione dei simboli religiosi, a cominciare dal velo islamico, controproducente. Le ragazze delle famiglie musulmane potrebbero essere a quel punto tolte dalla scuola pubblica e mandate nelle scuole coraniche, perdendo una prospettiva di libertà. Così si rafforzeranno le tendenze fondamentaliste». Ragionamento diverso, pragmatico, ma arriva alla stessa conclusione del Papa: «"l'interdizione sistematica riecheggia quello stesso fondamentalismo che si vuole combattere"; per il pontefice romano il laicismo chiracchiano "mette in pericolo il rispetto effettivo della libertà di religione". Ambedue, in sostanza, considerano la laicità un dovere dello Stato, non una condizione da imporre ai cittadini. Si vede che esprimono tradizioni che non sono state colonizzate dal giacobinismo». Leggi tutto
    Il Foglio

    Wednesday, January 14, 2004

    Lodàti
    Lodo a te, Corte Costituzionale. La notizia del giorno sui blog
    Da sempre attenta alle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi, anche la blogosfera commenta la notizia della bocciatura del Lodo Schifani. I pareri sono diversi così come il grado di approfondimento delle notizie: dalla semplice euforia alle tabelle che confrontano il sistema di garanzie vigente in Italia con quelli vigenti in Europa e negli Usa. Qualche esempio in questo servizio di RadioRadicale.it

    Da sottoscrivere
    Il "regime", l'"autocrazia" di Berlusconi «ha basi meno solide di quel che appaia a prima vista. Dopo dieci anni di impegno in politica, due elezioni vinte, sette anni di opposizione, al mediocrate restano, più o meno (e vediamo adesso per quanto tempo), i suoi soldi e le sue aziende, che non è poco, ma nient'altro. I poteri neutri, nonostante gli sforzi di galantuomini come Tonino Maccanico, ideatore del lodo che ha preso nome dal senatore Schifani, non hanno alcuna intenzione di concedere un centimetro di terreno all'ipotesi di una regolare alternanza alla guida del governo, magari determinata dal voto popolare. (...) D'altra parte non è facile districarsi nel coacervo dei poteri consociativi italiani, che si sono sempre accaniti con particolare golosità, com'è ovvio, sui referendum e sui risultati sgraditi delle elezioni. Anche i soldi, quelli veri, quelli tutelati e garantiti dal partito bancario che orienta il sistema economico e consolida eventuali debiti, girano più intorno alla confraternita di centro sinistra che dalle parti di Berlusconi, inteso come leader e non come imprenditore. I giornali, vogliamo parlarne? E le tv, a parte derrate di ruffiani cronici già pronti alla riconversione, sono talmente impermeabili alla voce del padrone mediatico che lo stesso sogna di rimettere in vigore gli spot. Insomma, a Berlusconi dopo un decennio resta soltanto il potere derivante dal voto popolare. Ecco perché, da uomo pratico, ha rimilitarizzato il suo sorriso, si è messo in forma in villeggiatura e si prepara ad affrontare una lunghissima campagna elettorale contro i poteri forti che prendono a schiaffi lui e tutti i riformisti miserelli che si mettono tra di lui e i girotondi, in maschera o in toga. Così si governa l'Italia. Complimenti».Leggi tutto
    Iraq. Dibattito tra i liberal interventisti
    Raccontato dal Foglio.
    Ne è valsa la pena? Alla luce del mancato ritrovamento di armi di sterminio, le ragioni dell'intervento sono ancora valide? Se lo chiedono intellettuali della sinistra americana favorevoli all'intervento: Bill Keller, il direttore del New York Times, che li aveva definiti «quelli del club non-posso-credere-di-essere-diventato-un-falco», Christopher Hitchens, Thomas Friedman, Kenneth Pollack, Fred Kaplan, George Packer.
    Il mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa - «Il vergognoso comportamento nel 2002-2003 dei membri del Consiglio di sicurezza Onu (in particolare della Francia e della Germania) è stata la prova finale che il containment non sarebbe durato a lungo: Saddam avrebbe ricostituito i suoi programmi di distruzione di massa, anche se in un futuro più lontano di quando pensassimo». Ma «la vera arma di distruzione di massa è la dittatura»
    Le ragioni del conflitto - «Il motivo dichiarato, il motivo morale, il motivo giusto e il motivo reale».
    Bush e la contraddizione neocon-realisti all'interno dell'amministrazione - Paul Berman, autore di "Terrore e Libertà", spiega come Bush stia perdendo «la guerra di idee, la più importante». Il terrorismo fondamentalista è l'ultimo lascito dei totalitarismi del Novecento, «ciò non vuol dire che il presidente sia una creatura delle compagnie petrolifere, come direbbe la sinistra alla Noam Chomsky». Tuttavia, «a parte qualche ottimo discorso, Bush non ha mai fatto in modo che qualcuno prendesse sul serio le sue parole sul futuro democratico e liberale di quelle società. Un po' perché i suoi nemici non vogliono prendere in considerazione l'ipotesi che possa aver detto cose intelligenti o stimolanti ma, d'altra parte, lui stesso fa poco per dare consistenza a quei discorsi. Mi chiedo, per esempio, per quale motivo non sia ancora riuscito a far nascere una televisione di prima qualità in lingua araba?». Già, le armi nonviolente di attrazione di massa.
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    Tuesday, January 13, 2004

    Bufalate made in U.S.
    L'ex ministro del Tesoro Usa Paul O'Neill torna al centro dell'attenzione dei media con un libro di retroscena scomodi per l'amministrazione Bush (soprattutto riguardo l'Iraq). Ma è un ritorno, perché, come ricorda la Cnn, lo era già durante il suo mandato per le sue storiche gaffe. Le sue pseudo-rivelazioni sull'Iraq sono risibili. C'è chi le ritiene la prova della deriva militarista americana (riascolta).
    Non c'è di che rallegrarsi. E così il lodo Schifani (che in realtà è il lodo Maccanico-Ciampi, bocciati anch'essi) è illegittimo, viola la Costituzione. Facile violare l'articolo 3 (uguaglianza dei cittadini), ridicolo riscontrare la violazione dell'articolo 24 (diritto alla difesa) - sarebbe leso il diritto alla difesa degli imputati eccellenti ai quali la norma sospende i processi a carico per la durata del mandato. Ma ben gli sta al Berlusca, se l'è voluta. Era comprensibile, ed è stata anche in parte utile, la norma ad personam per difendersi dall'attacco giustizialista e proteggere la propria azione di governo, democraticamente scelta dai cittadini, ma quella di leggine di comodo non poteva essere l'unica strategia: sono rimaste nel cassetto le riforme della giustizia per i cittadini. E l'immunità andava reintrodotta nella Costituzione. Oggi, dunque, la beffa, che rischia davvero, per la prima volta in questa legislatura, di provocare un nuovo ribaltone. Sembra un'occasione troppo ghiotta per la Lega per sganciarsi, o comunque per far casini, cosa che è già da giorni nell'aria (Bossi ha denunciato il "tradimento" del governo sulla devolution). Berlusconi potrebbe anche reggere allo spintone della Corte, ma poi arriverà quello degli elettori. Il cav. ha pensato a se stesso, difficile che i cittadini non se ne siano accorti, e oggi viene punito, lo sarà un domani, ma non c'è di che rallegrarsi. Ci attendono la rivincita del giustizialismo giacobino e girotondino, della magistratura militante, e una nuova stagione di conflittualità tra poteri dello Stato, di veleni tra le fazioni (consapevolmente cercata dalla Corte scalfariana), che servono solo a stroncare la già moribonda trasformazione in senso democratico e riformista della sinistra italiana e a ritardare la transizione del sistema politico. E ad essere in crisi sono anche gli organi costituzionali di garanzia, la cui indipendenza non è davvero più sostenibile da alcuno.
    Who's Putin
    1972
    Una rassegna stampa sulla conferenza di Sana'a. Ne ha scritto anche Magdi Allam sul Corriere della Sera.

    Spostiamoci in Iran, dove Khatami minaccia dimissioni in massa degli esponenti riformisti se il Consiglio dei guardiani, l'organo conservatore che ha bocciato i candidati riformisti alle elezioni politiche del 20 febbraio, non revocherà la propria decisione. Sembra acuirsi la crisi politica in Iran, uno scontro che sembra interno al regime piuttosto che premonitore di volontà di riforme. I riformisti di Khatami stanno cercando, da alcune settimane, di accreditarsi, all'estero come presso la propria opinione pubblica, come la "faccia pulita" del regime, speriamo solo che non sia mera lotta per il potere. La presidenza Khatami ha infatti finora deluso le aspettative sia dei propri elettori sia di quanti in Occidente speravano nel cambiamento. Soros e il premio nobel Ebadi continuano a puntare su di lui, piccoli gesti di disgelo tra il governo iraniano e l'amministrazione Usa, ma in molti sono convinti che il regime degli ayatollah non sia emendabile e che concedere fiducia e forza a Khatami sia controproducente.

    Monday, January 12, 2004

    Sana'a: due silenzi imperdonabili?
    Alla conferenza di Sana'a, organizzata dal governo yemenita e da Non c'è pace senza giustizia si sono recati settecento delegati, a fronte dei duecentocinquanta previsti alla vigilia, provenienti da tutti i maggiori paesi arabi e islamici della regione e da decine di ong occidentali e arabe. Temi: democrazia, diritti umani, Corte penale internazionale (Leggi gli aggiornamenti su RadioRadicale.it). Non ho seguito i lavori, ma pare che al centro sia stata la questione dell'"esportazione della democrazia" nel mondo arabo. Il presidente della Repubblica dello Yemen Ali Abdulleh Saleh, aprendo la conferenza, ha spiegato che lo Yemen è ancora lontano dall'obiettivo della piena democrazia e che tuttavia può essere d'esempio, perché sia chiaro che «nessuna soluzione che viene dall'esterno può considerarsi opportuna». Palese il riferimento alla soluzione statunitense per l'Iraq (non a caso la delegazione del Governo provvisorio iracheno è stata accolta con un po' di freddezza) e rappresenta un punto di vista comune a molti riformisti nel mondo arabo.

    Presente al meeting anche Saad Eddin Ibrahim, dissidente egiziano: «E' inutile negarlo - ha osservato anch'egli - gli arabi musulmani hanno una pessima considerazione degli Stati Uniti. Quindi l'Unione Europea è il partner più adatto per avviare un percorso democratico che parta dall'Occidente, ma proponga un approccio diverso da quello americano»: abbandonare l'approccio militare adottato dagli Usa, perché le minacce non servono ed è più utile il dialogo. L'Unione europea inoltre, potrebbe tendere una mano alla società civile araba che rappresenta la linfa vitale della democrazia» e «contribuire allo sviluppo dei media arabi in modo che questi diventino più oggettivi e professionali. Gli europei, insomma, ci aiutino a creare un'informazione libera e indipendente». Analogo discorso per il sistema giuridico. Un appello rivolto anche ai «partiti politici europei, perché aiutino i partiti arabi nello sviluppo della loro forma organizzazitiva e nella mobilitazione». Tutto bello e giusto, ma dov'è questa "buona" Europa? Esiste davvero da qualche parte? Che attenzione ha riservato a questo appuntamento? E ad altri simili? Primo silenzio.

    Inevitabile che si parlasse anche di Palestina: «Fermare le violazioni contro i fratelli palestinesi», è stato l'auspicio rivolto sia dal presidente della Repubblica Saleh, sia dal segretario della Lega araba, Amr Moussa. «Israele si ostina a dare una risposta negativa alla giusta richiesta di uno Stato palestinese indipendente con capitale Gerusalemme». ??? Moussa non sembra certo aggiornato, non che me l'aspettassi, su chi si ostina a non compiere i passi indicati dalla road map. Israele, insiste, «commette violazioni quotidiane dei diritti dei palestinesi», ad esempio, «il muro che sta costruendo è una violazione del diritto penale internazionale sulla quale si potrebbe richiamare l'attenzione della Corte penale internazionale». Ed ecco che delle due, l'una: o si ha un'idea distorta della giovane Corte o si materializzano le perplessità Usa nei suoi cofronti.

    Aspettiamo la dichiarazione conclusiva di domani, che dovrebbe sancire «un obbligo politico, non certo legale» di governi e società civile insieme, a sottolineare la necessità di realizzare quel complesso sistema di principi, leggi e comportamenti che «porteranno un futuro migliore ed una cooperazione internazionale per un maggior dialogo tra le civiltà». Significherà democrazia nel mondo arabo? Probabilmente non ancora. A prescindere dai suoi risultati concreti l'appuntamento yemenita rappresenta un precedente di capitale importanza per quanti credono possibili riforme democratiche in Medio Oriente con metodi diversi dall'uso della forza militare occidentale. Tuttavia, ad una prima e superficiale occhiata, ci si può rammaricare di un secondo silenzio, dopo quello prodotto dalle istituzioni europee: possibile che sia totalmente mancata, negli interventi di oggi, una buona dose di autocritica da parte degli stessi paesi arabi? Anche le ong sembrano cadere in questo equivoco. Quasi che i destini dei popoli arabi si giochino nelle capitali occidentali (i "cattivi" di Washington e i "buoni" di Bruxelles) e non siano invece nelle mani dei governi autocratici della regione. Ci si attende questo o quell'approccio, ma sempre un «percorso che parta dall'Occidente»: "l'America è cattiva, dicunt, e deve cambiare atteggiamento, l'Europa invece è più buona, ma deve impegnarsi". E gli arabi? Non vedono ancora la necessità di cambiare loro stessi e i Paesi in cui vivono? Mi aspetto questo da Sana'a: una presa di coscienza maggiore.
    In attesa di sapere come i media hanno coperto quello che rimane un evento eccezionale nel panorama politico mediorientale, possiamo solo sperare di non dover, domani, parlare di un terzo silenzio.

    Friday, January 09, 2004

    Sana'a Inter-Governmental Regional Conference on Democracy, Human Rights and the role of the International Criminal Court
    Special page and Live Web Broadcast in arabic and in english by RadioRadicale.it
    Weblog: Notes from the Sana'a Inter-Governmental Regional Conference

    Great expectations on the core event of this initial 2004 for the Middle Est that brings the arab world to pay attention to democracy, human rights and ICC. Governmental delegations from several arab and european countries, ong and civil society will arrive in Yemen where the media are just ready to cover this «new wave» of political innovations.
  • From January the 10th to the 12th;

  • by ong No Peace without justice together with the yemenit Government and the European Commission;
  • Delegations leaded by foreign ministers and ministers of justice from important countries like Iraq, Algeria, Giordania, Marocco, Pakistan, Arabia Saudita, Sudan, and many others;

  • the ong representants will not give birth to a parallel conference, as it's usual during this kind of events, but intervene as much as the delegations of the other countries;

  • Important participations like the Nobel price for peace Shirin Ebadi;

  • Al Jazeera will broadcast the opening ceremony live, Cnn, Bbc, Al-Aribya together with 60 journalists worldwide are about to cover the event as well;
  • Da il Riformista Em.Ma: «Chi stampa i certificati di società civile?»
    «Abbiamo appreso che la convention, organizzata da girotondi e movimenti, si aprirà con la parola d'ordine "facciamoci del bene", in contrapposizione ad una pratica ulivista riassunta nel "facciamoci del male". A lanciare il nuovo slogan è Nanni Moretti che, a Piazza Navona, puntando il dito su Rutelli, D'Alema e Fassino, gridò alla folla «con questi si perde». Buon segno. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo la lista per le europee: si aspetta un'interpretazione autentica delle indicazioni di Prodi date con l'intervista a Repubblica. Lista di tutti quelli che si riconoscono nell'Ulivo? I verdi e i comunisti di Cossutta hanno però ribadito il loro no. Di Pietro dichiara di scendere in campo da solo. Nella lista, la "società civile" la rappresenteranno Flores, Moretti e Pancho? Di Pietro, il quale è deputato europeo ed è stato ministro e senatore del collegio rosso del Mugello, è capo di un partitino, ma rappresenta la "società civile". Fassino, Rutelli e Boselli no. E non abbiamo capito in quale momento Occhetto sia transitato dalla società politica (è stato segretario del Pci e del Pds) a quella civile. E soprattutto: chi distribuisce a tutti i certificati? Fuori il nome».
    Fate il vostro gioco
    Lascia sempre più sgomenti il caso Parmalat. Una grossa voragine si sta per aprire nei caveau delle banche. Fazio che sembra addirittura godere è inquietante (esiste un dogma di infallibilità di Bankitalia?). Inquietante la sinistra che non è dalla parte dei risparmiatori, ma che difende apertamente Fazio, si astiene dai giudizi su Tanzi e soci (chissà perché! - non solo politica, ma questione soprattutto di soldi e poteri economici). Qualcosa sotto c'è. C'è il credito che in Italia è indirizzato non dalla ricerca del profitto, ma secondo l'appartenenza a "famiglie" e cordate politiche (tra il camorristico e il piduistico), chissà quanto trasversali, mutevoli e sotterranee, tavoli di potere dai quali si manovrano a piacere i giornalisti della grande stampa. A seconda degli interessi, a seconda delle stagioni. Fate il vostro gioco.
    Modello americano/1
    «Come sbugiardare i corbellatori sociali, vasta e animosa categoria di divulgatori politici. Per loro la crescita americana è truccata e in realtà a star meglio è solo una minoranza di ricconi. In Europa sono socialisti, cattolici antimercato e "destrisociali", a braccetto con ulivisti immoderati in salsa varia. Perché la nostra economia è più efficiente e la nostra società più equa, di quella americana si intende. Una presunta superiorità del modello sociale europeo, si impernia sul trito luogo comune della società americana troppo diseguale». Ma cosa sono davvero i "poveri" americani? A provare a dare una risposta è uno studio della Heritage Foundation: ben 35 milioni nella fascia di reddito più bassa. Vediamo però come se la passano: «Il 46 per cento di essi è proprietario della casa in cui vive, il 73 per cento ha un'automobile, il 31 per cento ne ha 2, il 76 per cento dispone di un impianto di aria condizionata (30 anni fa era il 36 per cento in tutti gli Usa), il 99 per cento ha almeno un frigorifero, il 65 per cento la lavatrice e il 74 per cento almeno un microonde, il 97 per cento una tv a colori, il 56 ne ha "almeno 2" e il 63 ha la tv via cavo o satellitare, il 78 per cento videoregistratore e Dvd e il 25 per cento ne ha "almeno due e un impianto a grande schermo". L'abitazione ha in media 3 camere da letto e garage oltre che bagno, non risale a prima del 1967 e vale in media 86 mila dollari. Solo il 6 per cento dei 35 milioni di "poveri" vive in sovraffollamento abitativo, il 67 per cento dispone nella propria abitazione di due vani in media per componente del nucleo familiare. I 42 metri quadrati abitativi disponibili "per povero americano" (la media nazionale è più del doppio) superano i 39 in media disponibili per le "classi medie" britannica, francese e tedesca». I problemi esistono, sono nell'indebitamento familiare e la politica "compassionate" di Bush serve. Leggi tutto
    Modello americano/2
    La politica di Bush dicevamo. Debito pubblico al 4 per cento del pil, la ricchezza americana usata in massima parte per coprire le spese sociali, «le spese militari hanno inciso per il 45 per cento».
  • «Ad oltre dieci milioni di immigrati illegali nuovi e ampi diritti, oltre agli stessi benefici di legge di cui godono gli impiegati legali americani, inclusi il minimo garantito e il giusto processo»;

  • Cresce il numero delle green card, «l'ambitissima carta verde che dà diritto a vivere e lavorare negli Stati Uniti»;

  • «Quattrocento miliardi di dollari, in dieci anni, per medicine gratuite agli anziani»;

  • «Gli investimenti sulla scuola, aumentati del 78 per cento»;

  • Leggi tutto
    Questo si può, solo se si produce ricchezza invece di schiamazzare ai girotondi e raccontare barzellette per non pensare alle riforme.
    Modello italiano
    I salari in Italia sono bassi. I danni delle politiche del passato (il modello assistenzial-corporativo) e la necessità di rinnovare la politica dei redditi. Ma servono liberalizzazioni, riforme (delle pensioni) e contratti decentrati. I sindacati tornino a fare il loro mestiere o si facciano da parte. Leggi tutto
    Il modello euro-italian-ulivista
    Il capogruppo tedesco del Ppe al Parlamento europeo Hans-Gert Poettering ha convocato una conferenza stampa in cui ha duramente condannato l'uscita di Romano Prodi contro il semestre di presidenza italiana dell'Ue, definita «inaccettabile», e ha minacciato conseguenze che potrebbero avere esiti imprevedibili. «Se Prodi non farà retromarcia, questa situazione potrebbe portare a un'escalation», ha ammonito, alludendo neanche troppo velatamente alla possibilità che il Parlamento europeo infligga alla Commissione Prodi la stessa sorte che toccò a quella guidata da Jacques Santer: l'obbligo alle dimissioni. «Non esiste che il presidente della Commissione intervenga così massicciamente nella politica italiana: è un abuso della sua posizione», ha aggiunto. «Prodi si sta comportando così per ragioni interne, forse per le sue ambizioni politiche. Se si vuole candidare – ha continuato – si deve dimettere, ma ritengo che sarebbe irresponsabile. Prodi dovrebbe ritenere esplicito non finire il mandato prima di novembre 2004. Ci aspettano discussioni cruciali, dobbiamo essere certi che l'azione della Commissione sia efficace». Il 14 gennaio Prodi sarà chiamato a spiegarsi in aula.
    Rai: palinsesti liberi e non censure
    «Come disse Giuliano Amato, la sinistra considera la Rai "cosa sua", e tratta la questione di questo combriccolare cortile di casa con evidente supponenza, da molti anni e sotto tutti i regimi». E' bene «evitare provvedimenti censori a danno di Deaglio, che deve però accettare le conseguenze della sua libertà e dell'impiego fazioso che ne fa (cioè le critiche)». «La destra televisiva, berlusconiana, mediocratica soffre di un paradossale complesso di inferiorità nell'informazione, e combatte un avversario, la sinistra esperta del vecchio partito Rai», bravissima a trovare facce che bucano i teleschermi. La tentaazione al controllo non è la strada giusta. Leggi tutto

    Thursday, January 08, 2004

    Altro contributo alla Community of Democracies
    Di Max M. Kampelman, nella pagina degli editoriali del Wall Street Journal. La carta costitutiva delle Nazioni Unite pone al centro della missione e dell'azione dell'organizzazione assicurare democrazia e diritti umani ai popoli, come base per raggiungere gli obiettivi della pace e della sicurezza. Le Nazioni Unite hanno fallito in questo loro ruolo primario, occorre una riforma. I Radicali di Emma Bonino e Marco Pannella sono in buona compagnia nel promuovere la creazione di una Comunità delle democrazie che agisca all'interno e per mandato dell'Onu per assolvere a questi compiti. Opinionisti leftist o neocons, think tank, dal Council on Foreign Relations alla Freedom House, autorevoli settori dell'amministrazione Usa, di estrazione democratica o repubblicana, si pronunciano spesso, con sempre maggiore convinzione, per dare forza a questo progetto. Una Comunità delle democrazie potrebbe avere quattro compiti: a) promuovere la democrazia e i diritti umani laddove sono conculcati da dittature; b) consolidare le istituzioni democratiche nelle giovani democrazie; c) monitorare lo stato della democrazia e dei diritti nelle democrazie avanzate; d) studiare modelli di sviluppo democratico ed elaborare nuovi strumenti di democrazia e partecipazione. Gli strumenti? Quelli nonviolenti delle armi di attrazione di massa.
    Ai miei amici "riformisti", con imbarazzo per loro
    «Questo partito riformista deve essere proprio indigesto, se in tanti, con tanto
    zelo, si industriano a trovare un modo fantasioso e originale per impedirlo». Leggi tutto
    La credibilità come forza di governo richiede il coraggio delle leadership. I
    segnali continuano a farmi disperare, nonostante sentiamo il bisogno di alternative.
    Amici, come fate a convincermi che l'Ulivo è una cosa seria?
    Solo uno dei nuovi fronti di speranza del 2004
    La distensione tra India e Pakistan non sembra cosa effimera. La nuova costituzione afghana, le scadenze che si avvicinano in Iraq, in Medio Oriente segnali multipli da Sharon, dall'Egitto, dalla Siria, dall'Iran, dalla Libia. Il 10 gennaio la conferenza su democrazia e diritti umani nello Yemen. E se fosse anche merito dell'effetto domino del cowboy di Washington?

    Wednesday, January 07, 2004

    Anche l'Iraq si muove
    Le nuove scadenze (sei mesi) per il passaggio di poteri agli iracheni. Ricordando che la gatta frettolosa fa i gattini ciechi.
    Nuovo Afghanistan
    Sul quotidiano Il Foglio una serie di analisi sulla nuova carta costituzionale afghana approvata domenica.
    "Com'è nata la Carta con presidente all'americana e quote alla francese"
    Bush si prepara le prossime mosse di politica economica
    Pensando alla rielezione, tanto pragmatismo e una ripresa promettente.

    Sunday, January 04, 2004

    Nasce il nuovo Afghanistan
    Dopo più di vent'anni di guerre, accordo raggiunto nella Loya Jirga sul testo della nuova Costituzione. Lo storico momento giunge dopo faticose trattative tra i delegati delle diverse etnie del Paese, più volte vicini alla rottura. Sarà un sistema presidenziale forte voluto da Hamid Karzai, ma non mancano i compromessi. Donne e uomini uguali davanti alla legge. A giugno le prime elezioni. Prezioso e senza sosta il lavoro di mediazione e di consulenza svolto dai funzionari americani e delle Nazioni Unite, guidati dal rappresentante speciale dell'Onu Lakhdar Brahimi e dall'ambasciatore americano Zalmay Khalilzad. Maggiori dettagli
    RadioRadicale.it

    Saturday, January 03, 2004

    Cosa si muove tra Stati Uniti e Asse del male
    «Una delegazione non ufficiale va in Corea del Nord, un'altra umanitaria in Iran con la senatrice Elizabeth Dole». E' importante mostrare di cosa è fatto l'Occidente, penetrare le cortine di ferro per raggiungere il cuore di popoli isolati. «I conti veri con l'asse del male si faranno dopo le elezioni presidenziali, alla fine dell'anno».
    Il Foglio annuncia l'uscita di due «manuali». I neoconservatori Richard Perle e David Frum - "An End to Evil. What's Next in the War on Terrorism" - tracciano un manifesto di sfide non troppo future, consegnano un «manuale per la vittoria» contro il terrorismo: le critiche al blocco conservatore interno all'ammnistrazione, le radici del terrorismo, il rischio dell'Onu, i finti alleati Arabia Saudita e Francia, cosa fare con i nemici Iran, Siria, Corea del Nord. Invece, per l'ex ambasciatore di Reagan nell'Ungheria comunista Mark Palmer - "Breaking the Real Axis of Evil: How to Oust the World's Last Dictators by 2025" - bisogna far fuori 43 dittatori per far incamminare del mondo verso libertà e democrazia. Non esclude le guerre o l'uso della forza, ma indica le armi nonviolente: «La vera forza da usare è il potere popolare. Ha funzionato sempre, in ogni continente e con ogni cultura». Finanziare gruppi pro democracy, fondare una Comunità delle democrazie e un nuovo sottosegretariato per la democrazia, all'interno del Dipartimento di Stato.
    Dall'arresto del mullah Krekar, una «storia dei talebani curdi anello di congiunzione tra al Qaeda e Saddam».
    L'Europa di Prodi è l'antimodello/2
    Il presidente del Congresso ebraico mondiale Edgar Bronfman e il presidente del Congresso ebraico europeo Cobi Benatoff accusano apertamente la Commissione Europea di antisemitismo, avendo diffuso i risultati di quel «mediocre» sondaggio nel quale Israele viene giudicato dagli europei come il maggior pericolo per la pace del mondo, ma non di una ricerca sul ruolo delle minoranze musulmane in azioni di antisemitismo in Europa. «L' antisemitismo - affermano gli autori dell'articolo che verrà pubblicato lunedì sul quotidiano britannico Financial Times - si può manifestare in due modi: con azioni e inazioni: la Commissione europea è colpevole di ambedue». «Prima la Commissione ha rilasciato i risultati di una ricerca carente e pericolosamente incendiaria che pretende di indicare Israele come il maggior pericolo per la pace nel mondo. Poi ha censurato uno studio commissionato dal suo stesso Centro di Monitoraggio che riferiva della partecipazione di minoranze musulmane in incidenti di crescente antisemitismo europeo. Diciamolo francamente: ambedue le azioni erano politicamente motivate».
    Il Congresso ebraico mondiale ha pubblicato un rapporto sull'antisemitismo nell'Ue (analisi paese per paese) e annunciato il prossimo inizio di una campagna mondiale per assicurare l'approvazione all'Onu di una risoluzione di condanna dell'antisemitismo.
    L'Europa di Prodi è l'antimodello
    Gli Usa corrono, l'Europa è ferma, senza alibi, e Prodi parla di «rivoluzione europea»? Ma se proprio lui è l'alfiere del protezionismo, del tecnocraticismo, del dirigismo, dell'Europa di Vichy. La Sua Europa (non nel senso che la colpa è tutta sua) è un insuccesso, è la storia a dirlo. Verrà qui in campagna elettorale a raccontarci la sua visione di Europa a crescita 0. Già caro Prodi, non c'è solo l'Italia di Berlusconi, tu che hai combinato di meglio?
    India-Pakistan, prove di dialogo
    Il primo ministro indiano Atal Behari Vajpayee è giunto oggi a Islamabad, in Pakistan, per la prima visita negli ultimi cinque anni, in occasione del summit della Saarc (Associazione per la cooperazione regionale nell'Asia del Sud). Le condizioni sembrano favorevoli per la ripresa di un dialogo sulla questione del Kashmir. In un'intervista pubblicata ieri, il primo ministro indiano si è detto fiducioso che la contesa, iniziata nel 1947, possa risolversi quanto prima: «Sono ottimista, ma ci deve essere un cambiamento radicale nelle posizioni del Pakistan», ha detto a India Today.
    Antifascismo. Le "dieci paginette" di Marco Pannella

    Friday, January 02, 2004

    Notizie pacifiste/2
    Dall'Iraq post Saddam non giungono solo cattive notizie, ma i nostri zelanti giornalisti nostrani preferiscono di gran lunga quelle che avvalorano le visioni catastrofiste del «ecco a voi il nuovo Vietnam americano». Questi i risultati di un sondaggio recentemente condotto sulle opinioni degli iracheni.
    Camillo/Healing Iraq
    Notizie pacifiste
    La proposta è stata avanzata dal presidente francese Jacques Chirac all'ultimo Consiglio europeo di Bruxelles (12 dicembre), presieduto dall'Italia: il prossimo Consiglio Affari generali esamini la possibile revoca dell'embargo sulla vendita di armi alla Cina. La richiesta di revoca, appoggiata dal cancelliere tedesco Schroeder e dal presidente della Commissione europea Prodi, è stata però bocciata dal Parlamento europeo (18 dicembre) con una risoluzione votata da Ppe, Pse, Eldr, Verdi e Radicali-Lista Bonino. Contrari i "pacifisti" di Bertinotti e Cossutta, che insieme ai loro colleghi neo-comunisti ritenevano in questo caso opportuno il tanto odiato commercio di armi.
    Ciampi irritante
    Il suo messaggio presidenziale di fine anno esprime il sonno politico e il letargo sociale di questo Paese. Venti minuti per non dire niente, poteva usarne 5 per fare solo degli auguri (e magari graziare Sofri), senza annoiarci con un buon-sensismo sbrodolone, con le ipocrisie istituzionali, sotto le quali nasconde anomalie costituzionali. Un nulla irritante, come quel suo augurio ai giovani, roba da far rabbrividire: «Svegliarsi presto al mattino, per godere del risveglio della natura». Ma si vada a ritirare lui in campagna, RIDICOLO!