Veltroni ipotizza la castrazione chimica dei pedofili, ma intanto la sperimenta sui radicali. Teorizza infatti la loro normalizzazione e neutralizzazione. Non si può interpretare altrimenti quanto ha spiegato oggi pomeriggio: l'ingresso di 9 esponenti radicali nelle liste del Pd farà sì che questi siano «coinvolti nella cultura del confronto propria del Pd». «Abbiamo compiuto un'importante operazione di coinvolgimento nel nostro progetto di una forza che, se fosse andata da sola, sarebbe stata puramente identitaria e, allora sì, anche laicista». Al Partito Radicale, ha aggiunto, «abbiamo chiesto di accettare la cultura del dialogo». Se ne deduce che adesso, una volta entrati nelle liste del Pd e solo per questo fatto, i radicali non siano più «laicisti» ma veri laici? O forse che prima di entrarvi la «cultura del dialogo» fosse estranea ai radicali?
Da una parte Veltroni fa bene a rivendicare un'operazione coerente con l'opzione del bipartitismo, che per sua stessa natura esclude o marginalizza una politica vissuta in modo «puramente identitario». E dall'altra i radicali hanno fatto bene ad accettare un accordo che va proprio nel senso da loro stessi per lungo tempo auspicato, anche se non se ne sono quasi accorti perché ultimamente abbarbicati ai loro simboli come un "cespuglio" qualsiasi. Tuttavia, attribuendo a questo accordo anche il merito di aver evitato la presenza autonoma di una lista radicale, «allora sì, anche laicista», Veltroni rivela un intento di neutralizzazione dei radicali, che va ben oltre l'obiettivo condivisibile di una politica non identitaria. Vuol dire teorizzare che i radicali nel Pd non siano (o non debbano essere) più gli stessi di prima, cioè i laicisti di sempre, nella sostanza, solo perché nella forma hanno rinunciato a presentarsi in modo identitario.
Veltroni inoltre si lascia andare a espressioni bizzarre e vuote, come «laicità eticamente esigente» (?). Ma che vuol dire? Una laicità che «sostituisca la cultura dell'"aut-aut" con quella dell'"et-et"». Per l'appunto, la cultura del «ma anche». Ma «unire» un Paese non vuol dire tenere insieme, abbracciare tutte le opzioni possibili. Vuol dire sapere «unire» convincendo la maggioranza del Paese della bontà di una direzione, di una visione, di un progetto il cui profilo sia tracciato da scelte, decisioni riconoscibili.
Intanto, Emma Bonino ha subito messo in chiaro, in modo abbastanza sprezzante, che la candidatura di Silvio Viale non viene affatto presa in considerazione: «Non è mai stato nei nostri orientamenti». Dunque, nessun veto da parte di Veltroni, del Pd o dei teodem, nei confronti del "dottor RU486". Il veto viene esercitato direttamente in prima istanza, dai vertici radicali.
E dopo l'incontro di ieri con i vertici del Pd per definire i dettagli dell'accordo Emma Bonino ha precisato, riguardo l'impegno dei radicali per il programma, che «le questioni economiche sono quelle che interessano ai cittadini». Giusto: individuare priorità non significa accantonare alcunché, ma far politica. Peccato che quanti rinfacciano a noi di aver individuato nell'emergenza economica la priorità dei cittadini siano così distratti da non accorgersi che anche Bonino e Pannella se ne sono alla fine convinti.
1 comment:
Ciao,
volevo segnalarti www.blog4pdl.it. Che ne pensi. Ciao.
Deco
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