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Wednesday, August 02, 2006

La guerra contro fascismo e teocrazia è anche nostra

Israele sta perdendo questa guerra? E' l'inquietante interrogativo al quale Bret Stephens, ieri sul Wall Street Journal, dava risposta affermativa, portando argomenti più che fondati: «In generale, le guerre si possono perdere militarmente e politicamente. Israele sta perdendo in entrambi i modi». Anche se non è detta l'ultima parola.

Un primo successo militare e politico ottenuto da Hezbollah dall'inizio della crisi è senz'altro la strage di Cana. Ralph Peters, sul New York Post, è molto critico nei confronti di Gerusalemme.
«Il raid sul villaggio libanese di Cana è stato una tragedia per Israele. Una debacle pubblicitaria, la morte di 57 civili ha compattato i nemici di Israele, complicato l'appoggio americano - e potrebbe condurre a un cessate-il-fuoco che premia Hezbollah».
Il Governo Olmert «ha scelto la guerra, ma non vuole pagare il prezzo della guerra...»
«Tutti gli sforzi per rendere la guerra facile, economica e incruenta, falliscono... Nonostante un fallimento dietro l'altro, il mito della guerra tecnologica asettica, di vittorie immacolate attraverso la superiorità aerea, persiste. L'industria bellica la sostiene per il suo profitto, ed è seduttiva per i politici: una vittoria veloce senza vittime. Il problema è che non funziona mai. Mai».
Tutti i commentatori però, per quanto vengano criticate le scelte strategiche e militari di Israele, hanno chiara la posta in gioco. Se le stretegie di Siria, Iran e Hezbollah sono così ovvie e manifeste a tutti, perché i nostri leader non decidono di combatterle? Se lo chiede Robert Tracinski.

Con la dichiarazione congiunta di ieri l'Unione europea ha sposato la posizione francese per un cessate-il-fuoco «immediato».

Non è pensabile che i paesi europei con in testa la Francia non si rendano conto che un cessate-il-fuoco prematuro, cioè prima che siano inflitti a Hezbollah danno significativi, consentirebbe a Hezbollah di proclamarsi vincitore su Israele e di emergere come potenza regionale e forza dominante di un futuro governo libanese. Si può ritenere «sproporzionata» la reazione di Israele e piena di errori la conduzione della guerra, ma non si può ignorare che a questo punto a Hezbollah basta sopravvivere come milizia armata per uscire vittorioso. Gli effetti sarebbero disastrosi.

Sarebbe problematico per Israele anche rispetto agli altri vicini, una volta che avesse perso la propria invincibilità, che l'ha mantenuto relativamente al sicuro per decadi in mezzo a vicini così pericolosi. Teheran e Damasco concluderebbero che impiegare terroristi «per procura» funziona. L'Iran potrebbe andare avanti con il suo programma nucleare, sapendo che Europa e Stati Uniti possono essere facilmente intimiditi. L'immatura democrazia libanese sarebbe un'altra vittima. E l'intera visione mediorientale del presidente Bush subirebbe un brutto colpo, se questa guerra finisse con Hezbollah ancora una forza militare credibile.

Dobbiamo quindi ritenere che la Francia e gli altri paesi europei non temono questi effetti negativi, o che sotto sotto li auspicano?

Ben chiara la natura del conflitto, da sempre, ce l'ha Charles Krauthammer, che su Time avverte: «Davvero, il Medio Oriente è anche la nostra crisi. La guerra ora è parte del conflitto globale tra Stati Uniti e Islam radicale».
«Qualcosa di radicalmente nuovo sta emergendo in Medio Oriente: la secolare disputa arabo-israeliana si è trasformata da una guerra nazionalista a una guerra religiosa. Di conseguenza, le guerre arabo-israeliane stanno confluendo nel conflitto globale tra l'Islam radicale e l'Occidente... Nel primo periodo della disputa arabo-israeliana Israele era in guerra con il panarabismo, l'idea di un'imprescindibile unità araba attraverso gli stati e il rigetto di qualsiasi stato non arabo nella loro regione. Quando il panarabismo è declinato, il panislamismo è sorto al suo posto... La motivazione di Hezbollah non ha nulla a che fare con il nazionalismo arabo. Israele si è ritirato da ogni metro quadrato di territorio libanese sei anni fa... Ma come Hamas e l'Iran, Hezbollah vede la distruzione di Israele come un obbligo religioso.
(...)
In sostituzione delle religioni occidentali del fascismo e del comunismo, è sorto l'Islam radicale, figlio bastardo di una vera e grande religione. Guidato da due Vaticani rivali, uno a Teheran e l'altro nascosto sottoterra al confine tra Pakistan e Afghanistan, ha sollevato il vessillo di una religione militante che non avrà pace finché, come ha promesso al-Zawahiri, l'Islam non avrà riconquistato ogni singolo pezzo di territorio islamico, "dalla Spagna all'Iraq"».
Quella «strana mistura di fascismo e teocrazia, di populismo e revanchismo, che blocca la promozione della cultura islamica alla modernità», l'ha ben definita Malvino in suo post.

2 comments:

Marco said...

ohibò, appena abbozzo una larva d'idea me la trovo squadernata e anche meglio documentata qui.

che dire della francia e dell'europa più e meglio di quanto ho già letto, approvato e sottoscritto?

Punzi, perchè non fai una bella intervista a Rufi? l'ho detta grossa? pazienza, dev'essere il caldo.

Alexis said...

Dire che Israele sta perdendo sul piano militare mi sembra un affermazione un pò ardita...fonti concordi illustrano un Hizbollah estrememente scossa e alla ricerca disperata di una tregua, tant'è vero che gli amichetti (Francia Russia) dei suoi sponsor( Iran e Siria) si agitano sempre più: le performance missilistiche si sono rivelate estremamente deludenti, come osservano anche alcuni blog libanesi, e il raid nella Bekaa senza perdite, benché non coronato dala cattura del capo dell'uffico politico dei barbuti (ma solo perché non era più ricoverato in quell'ospedale), dice qualcosa di molto diverso. L'IDF sostiene che il collasso degli Hizballh sarebbe prossimo.Invece sul piano mediatico il discorso è diverso, e assolutamente scontato, purtroppo...