Si sarà accorto il ministro degli Esteri D'Alema che l'agenzia di stampa ufficiale del regime siriano ha distorto un passaggio della sua intervista a La Stampa, dello scorso 3 agosto? Sul suo sito, citando proprio quell'intervista, l'agenzia Sana riporta tra virgolette: «Italy will support Syria's stance in defending its interests and reaching a solution to the occupied Golan issue».
Ora: molto è discutibile dell'intervista, e certo non si può dire che l'atteggiamento di D'Alema fosse ostile alla Siria, ma il "will support" manca del tutto. Queste le parole del vicepremier:
«E' evidente che da parte di Damasco si rivendica il diritto a partecipare ad un processo di pace in Libano che comporti anche la ricerca di soluzioni per il Golan. La Siria teme invece di essere marginalizzata da un nuovo processo che allontani la prospettiva del recupero dei territori occupati da Israele nel 1967».Quindi, un passaggio descrittivo della posizione e degli interessi della Siria nella crisi libanese, che certamente rivela una disposizione non ostile di D'Alema verso Damasco, viene tradotto come aperto appoggio.
Solo uno strapuntino dell'informazione di regime. Gli dài una mano e quelli si prendono il braccio. Per questo un ministro degli Esteri dovrebbe starci attento.
Una lettura interessante delle posizioni di D'Alema la offriva, ieri su Il Foglio, Carlo Panella. D'Alema, come Nixon e Eisenhower nel '56, «non comprende Israele e si rifiuta di dare retta a un leader socialista che invece ha capito tutto». Allora non si fidarono di Guy Mollet, oggi non si fida di Shimon Peres.
Sulla crisi di Suez Washington rifiutò l'analisi francese e «da quel momento fraintese quanto accadeva in Medio Oriente e sbagliò in buona parte tattiche e strategie». Mollet, infatti, sosteneva che sul Canale di Suez «non si giocava solo uno scontro col nazionalismo di Nasser, ma un inedito e drammatico "conflitto di sistema" tra il blocco delle democrazie e un nuovo totalitarismo. "Leggete La filosofia della Rivoluzione di Nasser – disse Mollet a Dillon – e vi accorgerete che è peggio del Mein Kampf"».
Gli Usa non gli diedero retta e continuarono a considerare le pretese egiziane sul Canale - in violazione palese della convenzione di Costantinopoli che garantiva il libero accesso universale agli stretti - una normale contesa tra nazioni, ignorando invece il suo connotato ideologico. Addirittura, dopo la sconfitta della guerra anglo-franco-israeliana, Nixon festeggiava la «nuova» posizione americana, finalmente capace di arginare le intenzioni neo-colonialiste degli europei.
L'effetto di quella vittoria egiziana, secondo Panella, «fu il radicamento del jihadismo prima nella versione militaresca di Nasser, Saddam, Assad e Arafat e poi in quella fondamentalista di Khomeini e dei salafiti wahabiti». Come allora Nixon, D'Alema «sbaglia analisi perché non fa sua quella del laburista Peres (identica a quella di Mollet)».
«La mia impressione è che Siria e Iran cercano un riconoscimento del loro ruolo e status. E' evidente che da parte di Damasco si rivendica il diritto a partecipare ad un processo di pace in Libano che comporti anche la ricerca di soluzioni per il Golan. La Siria teme invece di essere marginalizzata da un nuovo processo che allontani la prospettiva del recupero dei territori occupati da Israele nel 1967. Ciò che abbiamo detto ai siriani è che se avranno un ruolo positivo, se contribuiranno ad isolare l'estremismo, anziché incoraggiarlo, ciò gli consentirà di difendere anche i loro interessi».Ritenere che il «processo di stabilizzazione» non solo possa, ma debba «coinvolgere Siria e Iran» è un grave errore d'analisi. I due paesi non si muovono solo in un'ottica di potenza regionale. Essi stessi, a gran voce, ripetono che il loro obiettivo è un conflitto ideologico il cui primo passo è distruggere Israele. Panella ricorda a D'Alema «che "umma" non si traduce con "nazione", ma con "comunità islamica" e che Siria e Iran combattono per una sharìa, come aveva intuito Mollet, che regola una società totalitaria, con punti di contatto col nazismo: Führerprinzip, diritti dimezzati della donna, dittatura della fede unica e stato etico, incubo dell'apostasia, il tutto cementato dall'odio per gli ebrei».
Massimo D'Alema (La Stampa, 3 agosto)
«Il mondo - conclude Panella - ha di fronte, di nuovo, il problema del "1933"», un movimento «utopista totalitario, antisemita e feroce, che gode di un consenso di massa radicato». Dopo la nazionalizzazione della masse europee, la quarta ideologia del '900: «l'islamizzazione della masse arabe», come avevamo scritto fin l'anno scorso.
2 comments:
Il problema del presuntuosissimo Baffino è quello di voler "cambiare" il Paese, la sua politica estera, ecc... senza aver mai prima cambiato se stessi. E' cosa che in mille forme diverse vediamo e constatiamo amaramente ogni giorno di più che prosegue l'opera di questa accozzaglia di amministratori e burocrati statalisti. E' solo la riproposizione della vecchia politica del tax and spend con qualche pallido imbellettamento e la conservazione dei privilegi del proprio bacino di voti.
Ed io... che ho pure votato la Rosa!!! Non sai quanto me ne penta!
Tony Blair, al contrario, prima cambiò il Labour, poi il Regno Unito. Da noi... con questa gente che cosa potrà mai succedere di non già Visco?
p.s.: fermo restando che pure di là... epperò è questo che gli Italiani votano... evidentemente credono convenga loro. Adesso pedalino!
Altro che paese anglosassone!!!!
Il problema di Panella, cui ho sentito ripetere oggi a Omnibus l'analogia attuale col 1933, è che fa di tutta l'erba un fascio.
Parlare di jihadismo riferito al regime degli Assad padre e figlio è una grossa svista che può essere giustificata solo pensando al desiderio di semplificare i concetti da lui esposti. Per rendere più fruibili o più fascinosi, non so.
Gli USA sostenevano Bin Laden e i suoi talibani in funzione antisovietica. Non ci vuole grande scienza per capire che la Siria ha sostenuto e continuare a sostenere l'Hizbollah in funzione anti-israeliana. E si tratta di una guerra/conflitto/contesa fra due stati sovrani che D'Alema, gliene rendo merito, ha ben compreso e che verte sul destino delle alture del Golan. Non sull'esistenza di Israele: la classe dirigente di Damasco dimostrò in più occasioni di essere sufficientemente realista e pragmatica da comprendere quali fossero i propri limiti e interessi, recentemente anche col ritiro delle truppe dal Libano. Ma basterebbe ricordare l'intervento in Libano nel 1976 CONTRO l'Olp e le milizie della sinistra libanese e musulmane, in aiuto dei cristiani.
Quando si guarda a queste situazioni bisognerebbe saper discernere sostanza e realtà dalla propaganda. E non farla, a nostra volta.
Esistono studiosi che hanno dedicato anni a quei paesi e alla loro storia,cultura e politica, per cui quando si scrive qualcosa magari si potrebbero consultare i loro scritti senza limitarsi sempre al solito Huntington.
Umma non si traduce con nazione, per cui si usa invece il termine Watani. Umma è concetto affine a quello di Dar-al-Islam, cioè di casa o comunità dei fedeli. Qualcosa che assomiglia a quello di Res Publica Christiana.
Cagnaccio
Post a Comment