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Tuesday, October 12, 2010

Una maggioranza di seconde scelte

Condivisibile l'auspicio espresso da Angelo Panebianco, oggi sul Corriere della Sera, per cui se davvero, nelle prossime settimane, la maggioranza dovesse dimostrare una compattezza tale da far sperare che arrivi a fine legislatura, le forze politiche dovrebbero mutare il proprio approccio al tema della legge elettorale abbandonando i propri egoismi e assumendone uno più responsabile. I presupposti per poter arrivare ad una riforma condivisa, ricorda giustamente Panebianco, sono due: «Non può essere fatta "contro" qualcuno»; «non può essere costruita in modo tale da avvantaggiare manifestamente qualcuno».

Tuttavia, se dovesse verificarsi lo scenario - tuttora improbabile - di un prosieguo della legislatura, a mio avviso è più probabile che il tema della legge elettorale esca di nuovo dall'agenda politica. Semplicemente perché le opposizioni non avrebbero più interesse a brandirlo contro l'ipotesi di un voto troppo anticipato. Perché, diciamocelo francamente, in questi mesi è stato sollevato unicamente come argomento per aggregare, in caso di crisi, il fronte antiberlusconiano in un governo tecnico. E nel merito tutte le forze di opposizione, più i finiani, nella legge elettorale non vedono altro che un espediente per "far fuori" Berlusconi. Per questi motivi, se la maggioranza dovesse riacquistare solidità, qualsiasi modifica - comunque improbabile - all'attuale legge sarebbe approvata per iniziativa di Pdl e Lega (e alla Camera dovrebbe passare con qualche soccorso esterno).

Detto questo, Panebianco suggerisce di «togliere subito dal tavolo l'ipotesi del cosiddetto sistema "tedesco"», che in Itallia «avrebbe l'effetto di dare ai centristi la quasi certezza, comunque vadano le elezioni, di stare comunque al governo, vuoi con la sinistra vuoi con la destra. Più che un sistema "alla tedesca" sarebbe un sistema "alla Casini"». Indirizzandosi verso «una qualche forma di maggioritario con collegi uninominali», il politologo evoca un possibile punto di incontro per mettere d'accordo «sostenitori del turno unico e sostenitori del doppio turno». Si tratta di un sistema maggioritario con collegi uninominali e a turno unico (come in Gran Bretagna), ma «con la facoltà per l'elettore di dare non uno ma due voti (una prima e una seconda scelta)», e in cui, dunque, «vince il seggio il candidato che ottiene più voti sommando prime e seconde scelte».

Tale sistema avrebbe tutti i vantaggi descritti da Panebianco e sicuramente sarebbe migliore della legge attuale. Tuttavia, presenterebbe un problema a ben guardare simile a quello dei sistemi a doppio turno. Si potrebbe dare il caso di un candidato che fra tutti ottenga più prime scelte, ma che venga superato da qualcuno che abbia raccolto più seconde scelte di lui. Sarebbe giusto, sarebbe democratico? Immaginate, per assurdo, un candidato che ottenesse 499 prime scelte su mille (il 49,9% dei voti, in poche parole) ma 0 seconde scelte. Ebbene, verrebbe superato da un candidato che ottenesse solo 200 prime scelte su mille ma 300 seconde scelte. Oppure pensate, per essere più realistici, ad un candidato cui andassero 340 prime scelte e 110 seconde scelte su mille (un candidato del Pdl alleato alla Lega), venendo superato da un candidato (per esempio del Pd) che conquistasse solo 280 prime scelte su mille ma ben 180 seconde.

In modo simile, con il doppio turno, per effetto della "stanchezza" degli elettori, al secondo turno potrebbe vincere il seggio un candidato arrivato secondo al primo con meno voti di quanti ne abbia conquistati il primo piazzato al turno precedente. Supponiamo, infatti, che al primo turno uno abbia conquistato 450 voti su mille votanti e l'altro 350 voti. Al secondo turno, se i votanti calassero a 800, sarebbero sufficienti 401 voti per vincere.

Dunque, per correggere il sistema proposto da Panebianco, che rischia di generare una maggioranza di seconde scelte, bisognerebbe o dimezzare il valore numerico dei voti conquistati come seconda scelta o importare il sistema australiano così com'è.

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