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Friday, October 22, 2010

L'ultimo artificio degli idolatri della Costituzione

Di fronte a una legge costituzionale come il nuovo Lodo Alfano non c'è Consulta che tenga. Per questo ai repubblicones, ai guardiani e vari idolatri della Costituzione non resta che una possibilità: che intervenga in qualche modo il presidente Napolitano (ma non so se possa o meno rinviarla alle Camere), ritardandone e complicandone l'approvazione. Si appronta comunque un argomento per pressare ed allarmare il Colle, solo che stavolta il filo da tessere è davvero corto. La tesi è la seguente: poiché non si applica ai ministri, introducendo il Lodo Alfano il premier non è più "primus inter pares", ma "super pares", e attraverso questa innovazione si avvia di fatto «la trasformazione dell'Italia da "Repubblica parlamentare" a "Repubblica presidenziale"», equiparata più o meno ad una tirannia.

La questione era stata sollevata domenica scorsa sul Sole 24 Ore, ripresa in settimana da Giuseppe D'Avanzo e Carlo Galli, e oggi da Massimo Giannini, su la Repubblica. Sarebbe in corso uno «strisciante sovvertimento del nostro ordine costituzionale», è la pulce che si cerca di mettere all'orecchio del capo dello Stato. Il Lodo Alfano, sostiene infatti l'editorialista, «rischia di stravolgere la forma di governo parlamentare, sancita dagli articoli 55-69», di «alterare le prerogative del presidente della Repubblica, fissate dagli articoli 87-91» e di «squilibrare i poteri del governo, disciplinati dagli articoli 92-96». Le nuove norme, denuncia Giannini, «avviano la trasformazione dell'Italia da "Repubblica parlamentare" a "Repubblica presidenziale", attraverso la tappa impropria e intermedia del "premierato elettivo"». Come? Nella seconda versione del lodo, osserva Giannini, «l'esclusione dei ministri dalla copertura processuale, decisa dalla maggioranza il 29 settembre scorso, formalizza e costituzionalizza la "preminenza" del presidente del Consiglio, che lo rende "sovraordinato" rispetto ai suoi ministri (perché eletto dal popolo) e meritevole delle stesse "guarentigie" assegnate al Capo dello Stato». Il premier, dunque, «viene elevato di rango rispetto ai ministri del suo governo (nei cui confronti è "primus" non più "inter", ma "super pares") ed equiparato a tutti gli effetti al presidente della Repubblica», introducendo così a suo avviso «una forma spuria di "dualismo istituzionale" che non ha raffronti in nessun'altra democrazia occidentale, e che altera l'intero meccanismo di formazione e di bilanciamento dei poteri». L'editorialista di Repubblica paventa «l'avvento di un "premierato elettivo"», «l'anticamera - teme - di un presidenzialismo anomalo, in cui convivono e fatalmente confliggono un presidente del Consiglio consacrato dal popolo e un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento. E in cui fatalmente, presto o tardi, il primo sostituirà il secondo. O renderà comunque necessario un definitivo e a quel punto forzoso "consolidamento" dei due poteri in uno solo».

Una tesi ardita, anzi campata in aria, perché ci vuole ben altro - purtroppo - per arrivare al presidenzialismo. E' del tutto evidente infatti che di per sé il Lodo Alfano non «stravolge» affatto la forma di governo (articoli 55-69), non si vede come possa «alterare» le prerogative del presidente della Repubblica (articoli 87-91) o aumentare i poteri del governo (articoli 92-96). A ben vedere il Lodo Alfano non introduce una forma di premierato, semmai si può dire che indirettamente conferma un trend in corso da anni, almeno dall'inizio della Seconda Repubblica: il rafforzamento della figura del premier, che già oggi (e non c'è certo bisogno del lodo per accorgersene) non è più "primus inter pares" ma "super pares" rispetto ai suoi ministri. Non siamo però ancora al premierato (bisognerebbe attribuire al premier la facoltà di sciogliere le Camere) e ammesso e non concesso che di premierato si possa parlare, siamo ancor più distanti dal presidenzialismo (bisognerebbe abolire il meccanismo della fiducia parlamentare). Certo, una riforma nell'uno (premierato) o nell'altro senso (presidenzialismo) rimane un esito possibile, ma il Lodo Alfano non lo rende certo inevitabile. E' comico, poi, che proprio chi ha quasi preteso l'esclusione dei ministri dal lodo, adesso si accorga del possibile rafforzamento della figura del premier e quindi la deplori.

Ma nell'articolo la mistificazione agisce in modo più nascosto. Laddove si usano i verbi «stravolgere», «alterare», «squilibrare», si parla di «strisciante sovvertimento» e di «delitto perfetto», e nessuno a fermare il «colpevole», e laddove si fa ricorso esplicito al «complesso del tiranno», si lascia intendere che quella del lodo costituzionale sia un'operazione antidemocratica nel metodo e illegittima, addirittura inconfessabile, nell'obiettivo ultimo: il presidenzialismo. Al contrario, la via è ultra democratica (quella prevista dall'articolo 138 della Costituzione), mentre l'approvazione del lodo non spalancherebbe affatto le porte al presidenzialismo, che comunque è una forma di governo perfettamente democratica. Alla base di queste reazioni scandalizzate c'è in realtà una vera e propria idolatria della Costituzione, che rifiuta di riconoscere ai cittadini italiani - quelli vivi oggi - gli stessi poteri di quelli di sessant'anni fa, quindi anche la possibilità di cambiarla, e - perché no? - stravolgerla la Carta, purché democraticamente.

2 comments:

Anonymous said...

Bravissimo!
E come diceva quel grand'uomo (Voltaire?)... ''Ogni generazione ha il diritto e il DOVERE di avere una costituzione adatta ai tempi nei quali vive''.

Anonymous said...

e infatti la nostra costituzione è adattissima ai tempi che viviamo e tra le più copiate al mondo. dice bene Giannini. ma non dice che il lodo alfano di per se è comunque incostituzionale. e che, no, non abbiamo alcun diritto di stravolgere la costituzione. fateve una ragione. JL