Mai era accaduto nella storia della Repubblica che un presidente della Camera chiedesse le dimissioni di un presidente del Consiglio; mai che dei ministri rimettessero il loro mandato nelle mani di un presidente della Camera e non del presidente del Consiglio (politicamente) e della Repubblica (formalmente). Dello strappo di Fini a Perugia insisto nel sottolineare innanzitutto lo strappo istituzionale e costituzionale, che solo l'ossessione antiberlusconiana impedisce al presidente Napolitano, ai commentatori e ai costituzionalisti di vedere e denunciare come tale. La crisi è alle porte e una semplice e inquietante domanda è sempre più incalzante: in quale veste, da presidente della Camera o da leader di partito, Fini salirà sul Colle per le consultazioni di rito? Le sue valutazioni sulla crisi e sull'ipotesi di scioglimento delle Camere non saranno forse influenzate (per usare un eufemismo) dal tornaconto della sua nuova formazione politica? E' istituzionalmente corretto, dunque, che salga da Napolitano da presidente della Camera e non, piuttosto, "solo" da capogruppo?
Come si vede, i nodi dell'incompatibilità del ruolo politico di Fini con la carica che ricopre - che da sempre ho considerato rispetto alla casa di Montecarlo un motivo più serio per cui chiederne le dimissioni - vengono prepotentemente al pettine e disconoscerli significa essere in malafede. E ha così a cuore Fini la centralità del Parlamento, che di fatto chiede l'apertura di una crisi "al buio": pretende che Berlusconi si dimetta perché lo ha chiesto lui da un comizio, quando decoro istituzionale e decenza politica vorrebbero che si "parlamentarizzasse" la crisi assumendosi ciascuno la responsabilità di un voto nelle aule parlamentari. Ma certo, comprendiamo l'imbarazzo di Fini nel votare formalmente la sfiducia al governo insieme alla sinistra.
Nel merito, quella di Fini è semplicemente una proposta indecente: il più prosaico dei rimpasti di governo, che guarda caso implicherebbe più poltrone per Fli. Cosa è cambiato dal 29 settembre, quando la fiducia al governo fu rinnovata in Parlamento anche da Fli? Nulla, se non che Berlusconi nel frattempo ha accettato l'idea di un nuovo patto di legislatura e riconosciuto Fli come terza forza del centrodestra. Ma non basta più, adesso ci vuole il rimpasto, ovviamente senza alcuna garanzia che ottenute le poltrone cessi il logoramento. Una richiesta che smaschera una volta per tutte il desiderio inconfessabile di Fini: ripristinare, allargando anche all'Udc, i rapporti di forza della legislatura 2001-2006 (peccato che quelli erano legittimati dalle urne) e "ingabbiare" il ministro dell'Economia Tremonti, perché in politica - si sa - conti se puoi spendere. E in questi mesi Fini non è riuscito a far percepire nient'altro che la voglia di contare di più e la sua personale acrimonia nei confronti di Berlusconi. Se non gli riesce, ha fatto capire di non avere alcuno scrupolo rispetto all'ipotesi di un bel governo "tecnico" con la sinistra per cambiare la legge elettorale (che oggi lo scandalizza tanto ma che lui e Casini imposero al Cav. nel 2005 come condizione per rimanere alleati).
7 comments:
jim, ma se è vero (e immagino sia essenzialmente vero) quello che scrivi riguardo il fatto che la nuova legge elettorale sia stata "richiesta" e "imposta" da Fini e Casini... PERCHE' oggi che entrambi la ritengono sbagliata e/o superata non sono Berlusconi e Bossi a fare la mossa di cambiarla prima di venire disarcionati?
beh bisogna dire che Pigi Battista veramente qualche piccola "anomalia la nota :-)
Molto tardiva e accessoria rispetto al suo ragionamento. Ecco alcuni passaggi:
"Bisogna dire con chiarezza che non è affatto normale che un presidente della Camera dia il benservito ufficiale al presidente del Consiglio. Ma perché a questo punto non si aggiunga anomalia ad anomalia, Fini deve prendere un impegno: da presidente della Camera, faccia in modo che non ci sia una crisi extraparlamentare, ciò che stonerebbe in modo troppo stridente con il ruolo istituzionale che ricopre. Fini ha tutto il diritto di indicare a Futuro e libertà la via della sfiducia al governo, ma non al di fuori del Parlamento, fuori e contro le procedure che ogni crisi di governo esige".
(...)
"Ora, a rottura consumata, Fini dovrà dimostrare di essere conseguente con queste premesse. Non prestarsi a maggioranze abborracciate e precarie che, fatte salve le prerogative del Quirinale, suonino come un oltraggio alla volontà popolare espressa nel 2008. Non cedere alla tentazione di governi dai nomi più fantasiosi («tecnici», «istituzionali», «di larghe intese») che assomiglierebbero a un ribaltone e che tra l'altro regalerebbero a Berlusconi la fantastica chance di presentarsi come vittima di una manovra oligarchica e ostile al popolo che ha vinto le elezioni. Se la rottura è una cosa seria, allora Fini deve accettare di misurarsi con nuove elezioni, anche in presenza di una legge elettorale orribile. Dovrà contribuire a tracciare un percorso di uscita da una stagione politica oramai tramontata avendo come stella polare gli interessi dell'Italia, la sua credibilità internazionale, la sua stabilità finanziaria. È una porta strettissima. Ma non ce ne sono altre. È la scelta più seria, ma anche la prova della serietà con cui nasce un nuovo partito. Il resto è scorciatoia, giochino politicista, furbizia effimera. Tocca a Fini, non solo a lui, ma soprattutto a lui, imboccare la strada giusta".
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Chiedo venia per il proverbio-chiosa. Ma le prime otto righe erano attinenti.
Non ce l'avevo con te, Nessie. Ma con il commento che ho rimosso io stesso. Mi spiace che tu abbia frainteso e cancellato il tuo.
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