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Thursday, March 09, 2006

Agenda Giavazzi vittima predestinata della vittoria dell'Unione

Francesco GiavazziSe riteniamo valida l'analisi ricolfiana delle «due sinistre», la Rosa nel Pugno ha di fronte a sé un compito davvero arduo. Fare in modo che, in caso di vittoria dell'Unione, la «prima vittima» non sia, come ha predetto Ricolfi, la cosiddetta "agenda Giavazzi". Singolare ma quanto mai opportuna coincidenza ha voluto che dopo lo scambio di battute con Inoz accadesse qualcosa che smentisce ulteriormente chi sostiene di non sentire più i radicali parlare d'economia o non vedere nella loro iniziativa più nulla di liberale. La Rosa nel Pugno è l'unico partito che ha una sola parola, e chiara, sulla cosiddetta "agenda Giavazzi". E quella parola è un "sì".

Oggi su il Riformista interviene Capezzone, incalzando Prodi. Più Giavazzi, più Biagi, più Boeri, più Ichino, meno Rizzo e Diliberto. Il leader dell'Unione deve superare due limiti: le vaghezze e le ambiguità dell'"elenco del telefono" che l'Unione si è scelta come programma; la tentazione di «giocare a "chi offre di più" che, a partire dalla famigerata vicenda dei "bonus", si è pericolosamente innescata con il centrodestra».

Sempre oggi, a Radio Radicale si è svolta una tavola rotonda sul tema delle liberalizzioni e sui programmi economici delle due coalizioni, a cui hanno preso parte, tra gli altri, Giavazzi, Treu, e Capezzone. Un dibattito che se ce ne fossero in tv, al posto dei rissosi e demagogici confronti cui siamo costretti ad assistere, saremmo già in un altro paese.

Giavazzi ha posto l'accento sulla mancanza totale di risorse da parte dello Stato, con la crescita zero, il rapporto deficit/pil tra il 4 e il 5 per cento, l'avanzo primario esauritosi. Data la situazione, le prime cose da fare per ridare slancio all'economia sono una serie di riforme di regole, quindi a costo zero: l'abolizione degli ordini professionali, per un facile accesso dei giovani laureati alle professioni, l'abolizione del valore legale del titolo di studio, per introdurre elementi di concorrenza tra le università, la liberalizzazione del gas e dei servizi, e guardare al modello danese per il mercato del lavoro, cioè libertà di licenziamento a cospetto di un sussidio di disoccupazione di ampie garanzie.

Occorre spiegare bene cosa si ha in mente con questo sussidio di disoccupazione. Nulla di assistenzialista, ma una riforma certamente liberale rispetto all'attuale sistema statalista e squilibrato. Per chi volesse una spiegazione più tecnica, rinviamo a Tito Boeri, ma Capezzone, su il Riformista, è stato chiaro: bisogna «abbandonare» il «meccanismo della cassa integrazione (concepito per sostenere settori non più trainanti)» per il "welfare to work" blairiano, che «risulta non solo più adeguato ai tempi, più liberale, ma anche più "equo", perché tutela davvero chi oggi si trova "scoperto". Insomma, anziché sostenere imprese o settori decotti, pensiamo ad un sussidio (con somme che non incentivino a "galleggiare" tra tutela pubblica e lavoro nero) e, insieme, ad un'offerta di formazione per il tempo necessario al reinserimento». Non solo, ma nel metterlo in pratica bisogna tenere presente che «Blair ha potuto contenere le spese per disoccupazione, proprio perché ha saputo via via ridurre il numero di quanti usufruiscono di questi strumenti, e, soprattutto, il tempo per cui ne usufruiscono».

Per quanto riguarda lo stato disastroso dell'università italiana, Giavazzi ha sottolineato la necessità di «modulare i finanziamenti statali» agli atenei in funzione degli esiti della valutazione della didattica e della ricerca, da compiersi sulla base di parametri internazionali. E' necessario inoltre cambiare i meccanismi di reclutamento e promozione dei docenti, anziché dargli più soldi, visto che per studente sono pagati più dei loro colleghi inglesi. L'editorialista del Corriere ha poi difeso il meccanismo delle lauree triennali: così è nei paesi più avanzati, dove a 21 anni «si va a lavorare» e chi continua a studiare è una minoranza.

A proposito delle politiche dell'"altra sinistra", cioè della Casa delle Libertà, già Ricolfi ha ricordato quelle fatte. Oltre lo «sfregio» della Banca del Sud e le nuove promesse (bonus bebè, carta oro, pensioni minime a 800 euro), Giavazzi mette in guardia dalla nuova proposta statalista di Tremonti: concentrare le partecipazioni dello Stato in una Cassa Depositi e Prestiti, una nuova Iri (ma «senza le capacità manageriali» di quella vecchia) per ridurre, ma solo formalmente, il debito pubblico. Una «strada pericolosa» che va in senso esattamente opposto alle privatizzazioni.

Tornando alla sinistra "ufficiale", se Prodi incassa il sostegno di Confindustria, della Cgil, del Corriere, vuol dire che i poteri forti, che in Italia hanno sempre rappresentato un blocco conservatore, o quel blocco che gattoparderscamente ha mirato a cambiare qualcosa affinché nulla in realtà cambiasse, confidano che l'ex presidente dell'Iri sappia accontentarli. Emblematico che la più ricorrente nelle 281 pagine sia la parola "tuttavia". Che Montezemolo ed Epifani si ritrovino nel programma di Prodi puzza di bruciato a miglia di distanza. E a rimanere incenerita potrebbe essere l'"agenda Giavazzi". Appare difficile infatti realizzare riforme radicali senza intaccare a fondo interessi e privilegi costituiti, scontrandosi anche duramente con chi li rappresenta, e questa sotterranea intesa di non-belligeranza delle corporazioni con Prodi induce al pessimismo.

Capezzone ha quindi avanzato forte preoccupazione, addirittura «terrore», per l'approccio «riformista pallido» che vede nell'Unione. Il timore è che si riveli «alleato di chi non vuole cambiare nulla», preparandosi così a gestire l'esistente. Per esempio, «come superiamo la legge Biagi?» Per completarla o per cancellarla? Occorre fare chiarezza prima, non rinviare scontri necessari, perché prima o poi i nodi verranno al pettine. Soprattutto nell'interesse di chi sta fuori, quindi degli esclusi e dei deboli, il paese ha bisogno di uno «shock», di «idee forti, perché il malato è grave e le aspirine non bastano».

Nell'unico territorio politico in cui Pannella ha saputo creare per l'iniziativa radicale uno spazio praticabile, la cui ampiezza e prospettive saranno anche gli elettori a determinare, la sfida che la Rosa nel Pugno si troverà di fronte per l'alternativa liberale, una volta realizzata l'alternanza, è di prima grandezza.

5 comments:

Rabbi' said...

Se contiamo sinistra radicale e correntone DS siamo gia a piu di un terzo dei futuri deputati unionisti. Credo che Giavazzi, Boeri e Ichino saranno rapidamente messi da parte. La cosa aberrante e' che dall'altra parte stanno messi peggio. Un governo di destra, questo?!?! Che quasi chiedeva scusa per il tentativo di riforma dell'articolo 18?

Anonymous said...

...meno male che lo hai capito... GM

Anonymous said...

sarebbe un vero peccato...io credo che la fase più importante di una legislatura è sempre l'inizio, la prima metà. Lì vanno veramente fatte le riforme, senza fare sconti a nessuno, sfruttando il fatto che le elezioni sono lontane. Questo in una situazione normale, non in quella del centrosinistra italiano, in cui purtroppo la sinistra radicale è in grado di far cadere il governo. Dall'altra parte stanno messi anche peggio, con 5 anni di inerzia, tutte le misure qui descritte per il futuro e in più il ruolo importante della destra statalista capeggiata da alemanno...va trovata una legge elettorale che permetta di tagliare le ali delle coalizioni...

Unknown said...

Jim, il tentativo pannelliano di civilizzare l'Unione e' davvero ammirevole.
Tuttavia rimango modestamente del mio parere: la CdL e' piena di statalisti, ma perlomeno e' diventato di cattivo gusto esserlo esplicitamente; nel centrodestra lo statalismo e' uso e convenienza. Nel centrosinistra mi sembra sia parte integrante e cardine imprescindibile della maggioranza delle sue anime.

PS : grazie della visita, da me ho risposto un po' piu' in dettaglio. E... no grazie, preferirei non scommettere. I nostri politici sono al di sotto di goni sospetto :)

Anonymous said...

http://agendagiavazzi.blogspot.com