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Tuesday, March 07, 2006

Il Papa incontri pure chi vuole

Però poi non si lamentino, i nostri politici, se i sospetti vengono. E mi raccomando, con quelle inquadrature, i primi piani. Annunciate chiarendo che "a una settimana dal voto..." Inquadrate bene il momento dell'inchino, del baciamano, l'anellone d'oro, il sorriso "posseduto" di Ratzinger, il devoto annuire del capo alle parole del Pontefice che parla di difesa della famiglia, di primato dell'embrione e di Europa cristiana. Peccato che questo incontro, invece, non s'ha da fare. Perché una gita in Vaticano non incide sul voto se non, forse, danneggiando i gitanti - non so se Casini e Mastella, di certo Berlusconi - e l'immagine del Papa.

«Non è possibile - osserva l'attento Gian Enrico Rusconi su La Stampa - che una diplomazia così attenta agli effetti mediatici non abbia valutato le conseguenze di far circolare in Italia e in Europa» le immagini dell'incontro. E infatti «la prudenza ha imposto una marcia indietro».

Dai palazzi apostolici sarebbe partita una telefonata verso Palazzo Chigi: «Sa com'è, capisca la delicatezza della situaz...» Il premier ha prontamente colto la palla al balzo per tirarsi d'impaccio e puntare l'indice verso le isterie della sinistra. Sbraitare, in questo caso, è infatti la peggior soluzione. Possibile che non venga dell'ironia? Lo scivolone diplomatico del Vaticano, nel non porsi il problema dell'udienza di tre leader politici a pochi giorni dal voto, è talmente maldestro da non crederci. Tanto erano sul nulla, come diceva qualche porporato, le polemiche che ha scatenato, che ci hanno ripensato. E' da decenni che un Papa non dà udienza a politici, neanche democristiani, durante la campagna elettorale. E sebbene insieme ad altri 200 "fortunati", l'evento avrebbe avuto grande risalto mediatico, procurando un danno d'immagine sia al gregge che al pastore.

«Smettiamola - ha commentato Giorello - con quest'idea che basta andare in Vaticano per conquistarsi il voto dei credenti. Il fatto che la fede si sia ridotta a un brandello di comunicazione politica è un'offesa per chi crede e anche per il pontefice». E' qui dove il laico si fa difensore del suo essere credente. L'abolizione del Concordato è «un punto fermo che dobbiamo tenere presente per l'immediato futuro. In democrazia, i concordati non servono a nessuno e umiliano tutti, anche i credenti. Perché non sanciscono solo l'ingerenza della Chiesa nello Stato ma anche quella dello Stato nella Chiesa».

E i clericali la smettano, osserva Rusconi, di «lamentarsi che la Chiesa in Italia non può esprimersi come vuole. Da tempo lo sta facendo direttamente e per interposta persona», amplificata da tutte le edizioni dei Tg, le trasmissioni d'approfondimento, e le fiction. La strategia delle gerarchie ecclesiastiche, che non si preoccupa per nulla dell'eventuale effetto politico dirompente sugli schieramenti politici, anzi lo alimenta - facendo credere di controllare chissà quanti voti e ottenendo in cambio soldi e l'approvazioone di leggi etiche - si fa però pericolosamente vicina a strumentalizzare a sua volta il Soglio di Pietro. Il mondo cattolico potrebbe spaccarsi ancor di più, lo «scisma sommerso» ampliarsi ed emergere. I primi segni degli effetti della politicizzazione già s'intravedono. D'altra parte, è una facile profezia, avendola anticipata Tocqueville secoli fa: quando i curatori dell'anima si uniscono agli affari mondani ne seguono le incerte sorti e finiscono per perdere autorevolezza agli occhi dei fedeli. Quando nella Chiesa s'identifica un nemico politico, è là che nasce l'anticlericalismo. Fanno tutto da sé i clericali, a noi non resta che curare il "primo piano" e ironizzare.

«Io sono l'unico politico che ha davvero un rapporto personale con il Papa». Con questo vanto usciva Marcello Pera dalla sua udienza personale con l'amico Ratzinger, ma non deve aver fatto una bella impressione in Vaticano con quel suo libretto contenente una specie di lista "nera", di intellettuali "laicisti", di compagni di scuola che hanno fatto i "cattivi", da cui il Papa dovrebbe guardarsi. Passi per Scalfari, Giorello e Zagrebelsky, ma il povero Teodori, anche lui, l'americanissimo, tra i responsabili della «crisi morale e spirituale» dell'Occidente?

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