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Tuesday, March 07, 2006

Ripensare il Soft Power e, comunque, esercitarlo

Eccellente editoriale di Christian Rocca su Il Foglio di oggi, sulla sinistra americana che al contrario di quella italiana si pone il problema della diffusione della democrazia, si interroga sui mezzi migliori, certo, ma non contesta l'obiettivo di fondo. Il processo democratico avviato in medio oriente da Bush e Blair non è che l'esecuzione di «una dottrina di politica estera che ha radici nella cultura della sinistra democratica e liberale, da Wilson a Roosevelt, da Truman a Kennedy, da Blair a Clinton. E se la sinistra italiana non lo capisce, o non lo sa, è perché ha una tradizione antifascista ma non antitotalitaria».

I liberal americani invece si sono interrogati con pragmatismo «sulle grandi difficoltà della strategia di promozione della democrazia, giungendo però alla conclusione che la direzione resta giusta, nonostante le continue stragi in Iraq, il ruolo dei Fratelli musulmani e l'ascesa di Hamas al governo. Domenica è stato il Washington Post a spiegare che le critiche a questa politica non stanno in piedi e, soprattutto, non offrono un'alternativa credibile».

Lo stesso quotidiano della capitale ha accolta entusiasticamente la richiesta di Condoleezza Rice al Congresso di aumentare i fondi per l'opposizione iraniana, «cioè di utilizzare quel soft power tanto invocato per criticare le soluzioni militari, poi sempre ignorato quando viene esercitato». Su Foreign Policy, il guru del soft power, Joseph S. Nye, «ha spiegato che alcuni obiettivi possono essere raggiunti soltanto con l'uso della forza militare», mentre Christopher Hitchens, su Slate, «si è fatto beffe di chi si illude che le dittature possano essere abbattute soltanto col "potere morbido". Serve, ovviamente. Ma servono di più un esercito efficiente e una leadership dotata di una politica antitotalitaria».

1 comment:

Anonymous said...

Forse non ho capito bene io, ma in realtà leggendo l'articolo di Hitchens non vedo molte "beffe", anzi... Il che è strano considerando che Hitch si opponeva all'esilio di Saddam perché gli sapeva del principio kissingeriano "maggiore il crimine, maggiore l'impunità".

Insomma, non che non sia d'accordo con l'articolo (e soprattutto con la bellissima vignetta), ma mi chiedo se nel frattempo lui abbia cambiato idea, oppure se vede qualche differenza qualitativa (e non solo quantitativa, cioé in termini di crimini commessi) tra i due regimi.

Parlando poi del presidente iraniano, mi chiedo quanta risonanza possano avere per i popoli del MO argomenti come la negazione dell'olocausto o "israele seconda verginità dell'Europa". Sembrano più gli argomenti di un oratore neonazista nostrano. Certo che se è il suo modo per iniziare un dialogo con l'occidente è un po' strano...

Ciao e complimenti per il blog, è la mia seconda lettura mattutina (dopo Camillo)! Alex.